Adorazione

Testi: Giovanni 12:1-3

Nel breve testo di Giovanni 12:1-3 sono descritti in modo molto incisivo tre aspetti fondamentali della vita dei credenti.

Le tre figure del testo sono molto vicine fra loro; due sorelle e un fratello di sangue.

Sono persone che hanno condiviso lo stesso tetto e la stessa tavola fin dalla loro giovinezza;

persone che oltre ad essere dei discepoli, erano anche amici intimi di Gesù.

Tutte qualità queste, che li qualificano come veri credenti, eppure tra loro ci sono molte differenze, proprio perché si può essere credenti in diversi modi, pur vivendo la propria fede fianco a fianco.

Esaminiamo allora queste tre figure di credente per comprenderne la portata e il valore che hanno per ciascuno di noi.

Marta rappresenta bene il “servizio diaconale”, l'impegno attivo e materiale nella comunità e nei confronti del mondo (accoglienza, aiuto, condivisione dei beni materiali etc.)

Lazzaro rappresenta tutti coloro che sono seriamente interessati alla Parola di Dio, ad ascoltarla e farla propria, e per questo sono assidui frequentatori del culto, dello studio biblico, partecipano a riunioni e conferenze religiose, arrivano ad iscriversi a corsi biblici a distanza, e quant'altro serve per approfondire la conoscenza storica e culturale dell'Evangelo.

Maria rappresenta invece la vita cristiana di adorazione e preghiera; è il modello per quei credenti che ricercano prima di tutto un vero e profondo rapporto col Signore e una piena comunione con lui.

Ora, cari fratelli in Cristo, tutte queste realtà sono necessarie se vogliamo essere veramente efficaci nella nostra opera di testimonianza cristiana al mondo, e nessuna Chiesa può esimersi dal praticare tutte e tre, così come noi credenti non possiamo ignorare la chiamata del nostro Signore Gesù Cristo ad osservare e mettere in pratica questi tre aspetti della fede cristiana nella nostra opera personale di testimonianza, tuttavia, per avere un'esatta dimensione delle cose, o se vogliamo una prospettiva adeguata che ci permetta di dare loro la giusta priorità, osserviamo bene dov'è posto l'accento nel brano:

a Marta sono dedicate due parole solamente: “Marta serviva”;

a Lazzaro sono dedicate undici parole: “Lazzaro era uno di quelli che erano a tavola con lui”;

mentre a Maria sono dedicate ben trentatré parole: “Allora Maria, presa una libbra d'olio profumato, di nardo puro, di gran valore, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli; e la casa fu piena del profumo dell'olio”.

Non c'è dubbio che l'evidenza data a Maria, sottolinea la caratteristica che è più necessaria alla vita dei credenti: l'adorazione!

Noi sappiamo che il servizio cristiano, la diaconia, sia essa comunitaria o a più ampio raggio, sono molto importanti;

nel Metodismo in particolare rappresentano la concreta manifestazione del nostro impegno di credenti e quindi del nostro amore per il prossimo (santità di vita), però non c'è dubbio che la santità di vita discende dal nostro amore verso il Signore, dalla nostra decisione di vivere una vita santa di comunione col Signore (Santità di cuore).

Non vi può essere una vera santità di vita se prima non vi è un’autentica santità di cuore; in un credente metodista sicuramente, ma non c'è dubbio che questo valga per ogni cristiano, a qualsiasi confessione o denominazione appartenga.

Ecco che anche in questo caso l'adorazione è il presupposto per ottenere la santificazione interiore, che poi si sviluppa in quella esteriore.

Il servizio di Marta, se fosse fine a sé stesso, come avviene quando la diaconia ha soltanto “radici laiche”, cioè è svolta da una qualunque associazione di pubblico soccorso a favore di uno dei tanti bisognosi di questo mondo, benché tale opera sia sicuramente apprezzabile da parte della società civile, non di meno essa è cosa ben diversa da un servizio fatto al Signore.

Guardiamo poi a Lazaro, la sua figura nelle nostre chiese è molto più diffusa di quanto non pensiamo, poiché rappresenta veramente tutti i credenti che, per abitudine o tradizione, vanno in chiesa, ma anche coloro che sono sinceramente interessati alla conoscenza Biblica da un punto di vista puramente intellettuale e che per acquisire questa conoscenza, molto spesso sono anche disposti a fare dei sacrifici e impegnare parte o molto della loro vita in questa ricerca.

Anche da questo punto di vista la nostra tradizione metodista ha da sempre dato grande importanza allo studio della Bibbia, a cominciare dalle Classi di Wesley, e la lotta all'ignoranza è stata ed è ancora una parte importante della missione del cristianesimo metodista, sicuramente più che non in altre denominazione cristiane.

Tuttavia, anche per quest'aspetto della missione è doveroso sottolineare come la conoscenza, ossia il sapere, nel cristianesimo non sia mai fine a sé stesso. Un credente deve avere ben chiaro che la conoscenza della Parola di Dio non è mai il fine ultimo del credere, ma deve rimanere sempre e solo il mezzo per arrivare alla piena comunione con Dio.

Ecco che allora, ancora una volta, la preghiera e l'adorazione sono gli strumenti che ci permettono di passare da una conoscenza teorica e solo intellettuale, cioè un mezzo che utilizza la nostra mente per comprendere la volontà di Dio, ad una conoscenza intima e spirituale, ovvero il fine che ci permette di vivere una piena comunione con il Signore (santificazione wesleyana o perfezione cristiana).

Eccoci allora arrivare alla figura centrale del nostro brano, Maria, colei che è tutta votata all'adorazione. Anche se il brano non lo specifica, possiamo ben immaginare che anche Maria, al pari di Marta, si sia impegnata nel servire in casa e quant'altro. Dal vangelo sappiamo poi che Maria stava ai piedi di Gesù, la posizione tipica dei discepoli, è quindi verosimile che anche lei abbia appreso gli insegnamenti del Signore, così come suo fratello Lazzaro, poi però, dopo aver “servito e imparato”, lei ha scoperto che la parte migliore, la più importante dell'essere credente, era gettarsi ai piedi di Dio e adorarlo senza più riserve.

La piena e perfetta comunione spirituale col Signore è davvero l'obiettivo, il fine ultimo, di ogni credente, e perciò diventa anche la missione vera di ogni cristiano, che deve fare in modo di giungere a questo livello di fede e nello stesso tempo aiutare gli altri, il suo prossimo, i suoi fratelli, a giungervi a loro volta.

Certo sulla scala che porta alla perfezione cristiana wesleyana ci sono molti gradini e il gradino del servizio diaconale e quello dello studio intellettuale sono necessarie tappe di questo cammino, ma mentre questi sono soltanto delle tappe, ossia dei mezzi, la perfetta comunione con Cristo, l'adorazione di Maria ai piedi del Signore, è il vero e unico fine, e tutti noi dobbiamo comprenderlo e porlo come obiettivo della nostra vita di credenti, senza accontentarci di fermarci ai gradini inferiori della scala della santificazione, ma salire fino in cima, con l'aiuto di Dio e dei fratelli che sono già più avanti nel cammino.

Io credo, fratelli, che ognuno di noi sappia su quale gradino della scala si trovi ora; ma in verità non è importante dove siamo, bensì dove vogliamo arrivare, perché se vogliamo veramente salire sulla scala della santificazione, il Signore ci aiuta a farlo, e questo partendo da dove siamo ora. L'importante è che noi lo vogliamo e non ci accontentiamo invece di fermarci, magari al livello di Marta o a quello di Lazzaro, perché riteniamo che per noi siano sufficienti o addirittura migliori.

Chiediamoci allora: il livello dove sono ora è sufficiente per servire il Signore come lui vuole?

Io sono sicuro che il Signore desidera che tutti noi arriviamo al livello più alto della fede, a quello di Maria, e che non ci fermiamo prima; questo brano ce lo dice chiaramente e ci dice anche un'altra cosa, che arrivare al livello di Maria è davvero la cosa più semplice di tutte.

 Pensateci bene, fare diaconia è spesso un impegno gravoso, dove occorrono energie da spendere, sia materiali, sia fisiche, dove è spesso necessario avere esperienza e strutture adatte che non tutti posseggono, insomma servire a volte può essere anche molto difficile e problematico.

Lo stesso dicasi per diventare dei buoni conoscitori della Parola; andare ai culti regolarmente è un impegno e a volte un sacrificio, perché ci impedisce di fare dell'altro. Lo studio è impegno e fatica perché imparare bene la Bibbia, magari nelle lingue originali in cui fu scritta, non è facile, e quindi non tutti possono essere dei professori di teologia, non tutti ne hanno le capacità intellettuali, così come non tutti hanno il tempo da sottrarre al lavoro e alla famiglia per dedicarsi a corsi universitari e seguire seminari etc.

L'adorazione e la preghiera invece sono due attività così semplici che tutti noi possiamo fare, perché non richiedono, né conoscenze o attitudini particolari, né diplomi di laurea o risorse fisiche e materiali per farle bene;

quanto al tempo, la preghiera la possiamo fare sempre e ovunque, in ogni momento libero, senza che Dio ci chieda delle formalità, da soli o insieme ai fratelli e alle sorelle credenti.

Insomma la cosa più semplice da fare è anche la più importante per il Signore!

 Ma allora cosa aspettiamo a farla?

Che cosa ci impedisce di farla, di metterla al primo posto della nostra lista di priorità, della nostra giornata e della nostra vita?

Proviamo per un momento ad immaginarci la scena descritta da Giovanni; cominciamo da Marta, la padrona di casa, la responsabile della cucina. Sa di avere ospiti importanti a pranzo ed è comprensibile che sia molto indaffarata per assicurare a loro tutto il necessario; “per fare bella figura” diremmo noi italiani. Provate ad immaginarla come una cuoca che dirige la cucina e si compiace della buona riuscita della sua opera; lodata dai commensali che ne apprezzano lo zelo e la professionalità.

Proviamo poi ad immaginarci Lazzaro, l'amico di Gesù, il personaggio che è seduto a tavola a fianco del Maestro, ospitato in casa sua, sotto gli sguardi ammirati degli altri commensali che sicuramente stanno pensando: “guardate Lazzaro, che persona importante e stimata che è; Gesù si è seduto al suo fianco in casa sua, certo lui sì che è un vero discepolo che riscuote il favore del Maestro!” Chi non vorrebbe essere al posto di Lazzaro?

Immaginiamoci ora di vedere Maria, una donna che la scrittura giudica essere una peccatrice, che entra nella stanza mentre tutti sono a tavola, si inginocchia ai piedi di Gesù e sotto gli sguardi sdegnati dei presenti, rompe un vaso d'olio profumato e lo versa sui piedi di Gesù, quindi glieli bacia in un atto di umile adorazione.

Chi di noi vorrebbe veramente essere al suo posto?

Chi di noi vorrebbe mai abbassarsi a ungere e baciare i piedi di Gesù?

No, non se ne parla proprio! Perché dovrei umiliarmi ad adorare e pregare come Maria, la peccatrice? Io compio già il mio dovere di buon diacono, frequento i culti e studio la Bibbia, sono onorato e rispettato da tutti, dentro e fuori dalla mia chiesa; perché dovrei abbassarmi a tanto?

Capite allora che adorazione e preghiera sono spesso due gesti troppo umili e umilianti da compiere, quando noi non abbiamo veramente una grande comunione col Signore, perché la nostra e una fede solo materiale o solo intellettuale?

Così avviene che la cosa più semplice da fare, quella che è alla portata di ogni credente, ma soprattutto quella che il Signore Gesù Cristo, l’esempio supremo di umiltà e amore, ci chiede, diventa invece l’aspetto della fede da cui prendiamo le distanze, senza comprendere che così facendo noi stiamo prendendo le distanze dal Signore, ci stiamo allontanando da lui col nostro cuore e ci inaridiamo nel nostro orgoglio.

Allora cari fratelli, il Signore ci invita a porre al centro della nostra vita di credenti proprio l’opera di adorazione, completamento indispensabile delle altre due opere (diaconia e studio), che non vanno certo trascurate, ma che da sole non possono né sostituire, né bastare per rendere un culto accettevole al Signore, che invece ci esorta sempre a ricercare con tutto il cuore la piena e perfetta comunione con il nostro Creatore e Padre Celeste.  AMEN