Avvertimenti Divini

Testi: Giobbe 33:19-30

 

Avviene talvolta che, in situazioni di estremo pericolo, di sciagura imminente, qualcuno innalzi un cartello con scritto: “pentitevi che la fine è vicina!” Un appello estremo che, proprio per questo, diviene oggetto di derisione da parte dell’opinione corrente, che non vede e non vuol vedere questa fine preannunciata dalle Scritture.

Non sappiamo quando sarà la fine di questo mondo; nessuno lo sa, se non Dio solo, ma questo non dovrebbe essere il nostro maggior cruccio come credenti, bensì dovremmo piuttosto preoccuparci della nostra di fine. Quando sarà la nostra chiamata? Nessuno di noi lo sa con certezza, però è certo che ci sarà, e che con ogni probabilità questa avverrà prima della fine di questo mondo, quindi il nostro “pentimento e conseguente ravvedimento” sono senza subbio più urgenti che non l’attesa della fine del Mondo!

Dio ci chiama al pentimento e al ravvedimento e lo fa più di una volta; il testo di Giobbe parla di due o tre volte, ma noi sappiamo che in Cristo la chiamata al ravvedimento è continua e costante per ogni uomo, poiché l’amore infinito di Dio non viene mai meno fino all’ultimo istante della nostra vita.

Oggi, purtroppo, il richiamo al pentimento, e soprattutto al ravvedimento, non è così popolare nelle Chiese. Molto più facile e gratificante parlare di “dono gratuito della grazia, di salvezza e liberazione, di benedizione” e quant’altro non comporti alcun peso o sacrificio per il credente.

Il messaggio che oggi va per la maggiore nelle Chiese, è quello della salvezza per grazia mediante la fede: “credi e sarai salvato!”

Questo è ben vero, ma cosa significa credere?

Credere è accettare la Parola di Dio!

Credere comporta il pentimento dai passati errori commessi e il conseguente ravvedimento, ossia l’abbandono della vecchia vita secondo la carne, dominata dal peccato, e l’accettazione della nuova vita condotta dallo Spirito; ecco il vero significato di essere “nati di nuovo!”

Chi dice di aver creduto in Cristo ma poi continua a condurre la sua vecchia vita di sempre, certo non è un nato di nuovo e quindi non è un vero credente.

Io posso credere che il dottore mi abbia dato la giusta terapia per guarire dalla mia malattia, ma se poi non seguo la terapia che mi ha prescritto, certo non guarirò, e anche il mio credere nella giustezza della cura non avrà per me nessun giovamento. Questo avviene a quei credenti che con la bocca confessano Cristo, ma con il cuore continuano ad amare il Principe del Mondo e le sue opere.

Dio però conosce la nostra debolezza e non cessa mai di richiamarci al ravvedimento, e molto spesso lo fa con degli “avvertimenti divini”, che non sono certo delle “maledizioni” che Dio ci manda per punirci del nostro peccato, quanto degli ammonimenti che ci devono far comprendere i nostri errori, pentirci, e quindi farci tornare sulla retta via.

Il testo di Giobbe ci dice che l’uomo può essere provato dal dolore fin quasi a vedere la morte, ma questo non perché Dio voglia il suo male o la sua morte, ma affinché il peccatore si penta dei suoi errori. Ecco che attraverso l’intervento di un angelo o di un interprete, dice il testo (che noi possiamo leggere come un inviato di Dio che assista il peccatore nella sua via verso il ravvedimento), Dio ha subito pietà di lui e la sua vita è ristorata: “Allora la sua carne diviene più fresca di quella di un bimbo; egli torna ai giorni della sua giovinezza: implora Dio, e Dio gli è propizio…”.

Gli avvertimenti divini dunque sono per il nostro bene, per la nostra salvezza, e anche se noi uomini del XXI° non siamo più abituati a questo modo di ragionare, la Bibbia continua ad usare questo linguaggio, che può essere paragonato ad una sorta di segnale rosso, che ci avverte del pericolo se noi continuiamo su quella strada

Quindi un linguaggio che può apparire duro per le orecchie degli uomini dei nostri giorni, che però è molto chiaro, affinché tutti, in ogni epoca, lo possano capire, "Onde che essi sono inescusabili" (Romani 1:21) spiega ancora la Scrittura.

Così avviene che in una casa può affacciarsi la malattia, un crac finanziario, un infortunio e, in extremis, addirittura la morte, quali segni di ravvedimento.

Questo "linguaggio" per alcuni è sfortuna, per altri mancanza d'amore di Dio verso di loro; ma per coloro che appartengono al Signore, le sue pecore che per un tempo hanno smarrito la via, tutti questi accadimenti sono altrettanti avvertimenti o richiami, che Dio manda affinché possano ritornare a Lui. Cari fratelli in Cristo, pensate ad esempio alla fine del "Figliol Prodigo" il quale si ritrovò a pasturare i porci nella miseria più nera, fintanto che, rinsavito egli disse: "Io mi leverò e me n'andrò a mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro te" (Luca 15:18-24).

Quello che tutti noi compiamo di fronte a questi richiami di Dio diventa allora un passo verso la verità, verso la vita. Così come il Figliol prodigo della parabola, che abbandonò il terreno dell'errore e prese la decisione di un dietro front, così anche noi, ascoltiamo con orecchie attente e cuore bendisposto il richiamo del Signore e andiamo fiduciosi tra le braccia paterne di Dio per avere la vera vita. AMEN