Buon compleanno Gesù!

Testi: Isaia 9:1-6

Come possiamo definire il Natale? Se dovessimo descrivere il Natale a chi non lo conosce e spiegargli cosa sia, per quale motivo noi cristiani lo festeggiamo, quale sia la sua origine, nonché il significato che esso ha per noi, cosa diremmo?

Le definizioni possibili di Natale sono diverse; possiamo iniziare con quella più semplice: il Natale è il compleanno di Gesù. Oggi va di moda festeggiare il compleanno di qualcuno; si fa una bella festa con tanti dolci, allegria, regali, e tutti cantano “tanti auguri a te”. Se ci pensiamo bene il modo di festeggiare il Natale che va per la maggiore oggi è proprio questo: una festa dove tutti sono allegri e pensano a divertirsi, scambiandosi doni e quando possibile, prendendosi una bella vacanza, magari in una rinomata località turistica invernale. Alla fine quello che conta non è più la persona da festeggiare; quello che conta è la festa in sé, ovvero “fare festa”, invitare molti amici, divertirsi e stare insieme in allegria.

Anche il Natale è diventato un semplice pretesto per fare festa e divertirsi dunque; questo almeno nel mondo. Possiamo solo sperare che per i credenti il Natale sia qualcos’altro, oltre a questo!

Tutti i cristiani, almeno in linea di principio, si riconoscono nel Natale di Gesù Cristo, proprio perché per tutti Gesù è il figlio di Dio, che: “…per noi uomini e la nostra salvezza è disceso dal cielo, si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo…” (Confessione di fede Niceno-Costantinopolitana CNC) e per questo (e altri motivi) il Natale è anche diventata (paradossalmente) la festa cristiana per eccellenza. Dico paradossalmente perché in realtà la vera festa cristiana dovrebbe essere un’altra; ma di questo parlerò dopo. Per adesso possiamo dire che il 25 dicembre è la data che convenzionalmente è stata scelta e accettata da tutta la cristianità come quella di nascita del Signore Gesù Cristo, anche se sappiamo che lui non è nato proprio il 25 dicembre, anzi non sappiamo con certezza quando sia nato, ma questo ha poca importanza perché tutti i cristiani proclamano che in realtà Gesù Cristo è  nato ben prima del 25 dicembre dell’anno Uno, perché confessiamo che lui è: “..l’unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli…” (CNC) e quindi il Natale ha (solo) il simbolico significato di ricordarci che in quel momento Dio ha scelto di farsi uomo per salvare l’umanità; il Dio che incontra l’umanità scendendo al suo stesso livello, e per questo in grado di riconciliare l’umanità a sé.

Come cristiani però dobbiamo capire che Gesù Cristo era prima di tutto un ebreo; il Messiah d’Israele è stato mandato da Dio al suo Popolo Eletto, così come ci ricorda il Profeta Isaia nel testo proposto oggi e gli altri Profeti dell’AT. Allora Gesù Cristo va visto in chiave ebraica, prima ancora che cristiana. In chiave ebraica noi lo conosciamo come l’agnello di Dio. L’agnello sacrificale che era offerto a Dio in olocausto, o il capro espiatorio che doveva caricarsi addosso tutti i peccati del popolo; il Gesù fattosi uomo, scende in terra per questo scopo, per riconciliare con Dio il suo popolo ribelle, per offrire la grazia di Dio ad un popolo che era inconsapevole che mai con le proprie forze avrebbe potuto redimersi ed essere accettevole a Dio (l’inefficacia della Legge Mosaica della teologia di Paolo).

Fin qui siamo sempre in ambito ebraico e anche quando Gesù Cristo sale volontariamente sull’olocausto della croce siamo sempre davanti al sacrificio che viene offerto per il riscatto dei peccati del Popolo Santo, che però rifiuta questo sacrificio, perché rigetta Gesù Cristo quale Messiah e salvatore d’Israele.

È a questo punto che si apre una nuova prospettiva, quella cristiana; Gesù Cristo, di fronte al rifiuto d’Israele, dischiude la salvezza a tutti i figli di Dio, a tutti i popoli che, accogliendo Gesù come Salvatore, diventano eredi della promessa fatta anticamente ad Abraamo.

Adesso però è abbastanza chiaro che il cristianesimo non nasce il 25 dicembre dell’anno zero, bensì il giorno di Pasqua del 33 d.C. (o altro anno corrispondente alla vera morte e risurrezione di Gesù). È la Pasqua di risurrezione che segna la nascita del cristianesimo; fino al giorno prima abbiamo l’agnello sacrificale della tradizione ebraica, immolato per l’espiazione, e quindi non c’è alcun cristianesimo. L’agnello nella tradizione ebraica è sacrificato per i peccati del popolo e tutto termina con la sua morte, fino all’anno successivo, quando alla nuova Pasqua sarà immolato un altro agnello, e così fino alla fine dei tempi, secondo la Legge di Mosè. Invece in quella Pasqua succede un fatto nuovo, straordinario, che rompe per sempre con la tradizione ebraica, perché l’agnello di Dio, Gesù Cristo, risuscita e in quel momento nasce il cristianesimo.

Se Gesù di Nazareth non fosse risuscitato, sarebbe stato considerato come uno dei tanti millantatori che hanno percorso la storia, o al massimo uno dei Profeti martiri d’Israele, sulle orme di Giovanni Battista. Ma Gesù invece con la risurrezione segna il passaggio definitivo tra il prima (l’Israele del Vecchio Patto) e il dopo (il Nuovo Israele del Nuovo Patto).

Non c’è dubbio allora che la vera festa cristiana per eccellenza dovrebbe essere la Pasqua, e non il Natale:

che non è (ancora)una festa cristiana;

che non segna la nascita di Cristo, nato prima di tutti i secoli;

che è stata una data convenzionale presa a prestito da una festività pagana (la nascita del dio Apollo);

che nemmeno i Vangeli e i primi cristiani ci indicano e chiedono di festeggiare.

Nonostante tutto questo però, il Natale si è imposto come “la festa Cristiana per eccellenza”, perché, storicamente, meglio della Pasqua si presta ad essere festeggiata e quindi accetta, prima (nell’antichità) in ambito pagano e oggi in ambito “neo-pagano” (mondo laico e secolare).

Con questo non voglio sminuire il valore del Natale per un cristiano, però è evidente come il credente ha posto e può porre la sua speranza soltanto nella risurrezione di Cristo dopo aver affrontato la croce, mentre il Natale rimane soltanto un momento di gioia e allegria che amiamo festeggiare, perché è sicuramente più vicina alla nostra esperienza umana della nascita e della gioia che essa porta con sé in ogni famiglia, quando invece parlare di morte in croce (venerdì santo) non è certo fonte di allegrezza, mentre parlare di “risurrezione” diventa qualcosa di talmente straordinario e fuori dagli schemi che se a fatica, attraverso un atto di profonda fede, i credenti riescono a farla propria, sicuramente i non credenti (il mondo) non riesce a concepire e quindi non possono razionalmente accettarla.

Se provate il giorno di Natale ad andare in giro per la strada e dire alle persone che incontrate: “oggi è nato Gesù Bambino” certo troverete chi vi sorriderà e forse vi accoglierà anche benevolmente (specie se siete vestiti di rosso con la barba bianca), ma se il giorno di Pasqua andate in giro a dire “oggi è risorto il Signore Gesù Cristo”, rischiate di essere presi per pazzi, specialmente se porterete con voi una croce vuota o altro simbolo cristiano; purtroppo il mondo ormai va così!

Allora cari fratelli in Cristo, cosa ne facciamo del Natale? Rinunciamo per questo a festeggiarlo? Evidentemente no! Sarebbe un’assurdità (un po' come fanno i Testimoni di Geova, che però propongono uno pseudo cristianesimo neo-ariano, e per questo non entrano nella vasta comunità cristiana).

Il Natale dunque rimane, con tutte le sue speranze, gioie e contraddizioni che il mondo gli ha aggiunto; noi credenti possiamo e dobbiamo tuttavia condividerne la gioia, perché dopo tutto un bambino c’è nato, come dice il Profeta Isaia, ed esso a Natale è diventato speranza per il mondo, quando a Pasqua questa speranza si è concretata.

Allora possiamo dire ancora una volta, anche quest’anno: “Buon Compleanno Gesù: 2017 di questi giorni!” AMEN