Cristiani "non praticanti"
Testo: Giacomo 1: 19-24
L’esempio che usa Giacomo per definire un cd “cristiano non praticante”, quello della propria immagine riflessa nello specchio, è senza dubbio molto efficace, infatti, per quanto noi ci osserviamo in uno specchio, non riusciamo a fissare nella mente la nostra immagine in modo duraturo, e questo è anche di chi legge, o ascolta, la Parola di Dio, ma poi non la mette in pratica, ossia non la pone a guida della propria vita.
Oggi di cd “cristiani non praticanti” ce ne sono molti, e il loro numero è in costante aumento perché in una società sempre più edonista e individualista com’è la nostra, è molto comune mettere da parte tutto ciò che ci ricorda un passato fatto di regole e vincoli, a volte secolari, ma proprio per questo considerati ormai superati e anacronistici.
L’istinto di ribellione che è insito nell’uomo peccatore, quando lasciato libero di sfogare le sue passioni, perché non più contenuto dalle regole sociali e civili, e in questo caso religiose, da il peggio di sé, e ci precipita in una sorta di “dissolutezza morale”, giudicata ormai come “libertà”.
La religione, nel nostro caso quella cristiana, nella società del passato ha svolto una funzione di regolamento anche dal punto di vista civile e sociale, così come la Legge Mosaica era destinata a regolare la convivenza civile e sociale nell’antico Israele.
Se questo è stato un bene perché ha impedito che l’uomo si lasciasse andare ad un comportamento sfrenato e distruttivo, nondimeno, avendo la religione cristiana imposto anche una serie di restrizioni di ordine sociale, troppo spesso senza invece preoccuparsi di insegnare quei valori che Cristo aveva voluto, primo fra tutti l’amore verso Dio Padre, è accaduto che con l’avvento di una società laica, gli uomini hanno finito per rigettare non solo gli insegnamenti (precetti) sociali della Chiesa, ma anche quelli etici di Cristo.
Laddove la religione di fatto ha sostituito la fede è venuto a mancare l’essenza stessa dell’insegnamento di Cristo, svilito a semplice dottrina umana. Per questo motivo, venuto meno la funzione “sociale” della Chiesa, ecco che molti credenti si definiscono "cristiano non praticanti", in quanto ritengono forme superate le tradizioni e le cerimonie praticate dalla Chiesa, di cui non ne capiscono più il senso, essendo il più delle volte percepite come ipocrite, perché non praticate per primi dal cd clero.
Tutti questi credenti si sentono ancora cristiani, ma rinunciano a "praticare" proprio perché condizionati da queste contraddizioni della Chiesa, che come spesso si dice: “predica bene ma razzola malte”.
Ora cari fratelli in Cristo, al di là delle colpe della Chiesa, o meglio di coloro che sono stati preposti a guidare la Chiesa nelle sue varie forme e denominazioni, non vi è dubbio che essere cristiani non praticanti è una contraddizione in termini, come dire un ubriaco astemio o un vegetariano carnivoro…
Il cristianesimo invece, se è autentico, deve essere vissuto dovunque e sempre, e tradursi in un comportamento coerente nella propria vita quotidiana, sia in famiglia, sia nel proprio luogo di lavoro e ovunque ci si trova ad interagire col prossimo.
Il vero cristianesimo non è quindi una mera accettazione di regole morali o di insegnamenti, ma una vita completamente nuova vissuta costantemente in intima comunione con il nostro Signore Gesù Cristo.
L'esistenza del cristiano è grandemente influenzata e condizionata dalla sua relazione con Cristo.
Per chi ha incontrato il Signore Gesù e lo ha accettato come suo personale Salvatore e suo Signore, la fede gli dà una motivazione per tutta la vita, gli dà il desiderio di rispondere al suo amore, di vivere per lui e di assomigliargli. È solo dopo avergli confessato i peccati ed aver creduto e ricevuto il perdono di Dio che si è veri cristiani. AMEN