Cristo: unità nella diversità
Testi: Marco 9: 38-41
In un paese come l’Italia, dove esiste una Chiesa cristiana storicamente maggioritaria, è una cosa normale sentire parlare di “chiesa” piuttosto che di “chiese”; e questa definizione al singolare si può dire sia così saldamente entrata a far parte del DNA degli italiani, che il concetto stesso di “unica Chiesa di Cristo” è considerato una cosa ovvia e scontata.
Anche il cammino ecumenico si muove, specie ultimamente, nella direzione di ritornare ad un’unica chiesa di Cristo sulla terra.
Molti cristiani, infatti, ritengono assurdo e sbagliato che dei fratelli credenti, uniti nel nome di Cristo, siano separati a causa di alcune differenze, viste come create dall’uomo e non da Dio.
Per questa ragione si insiste sul fatto che è contro il volere di Dio, che la cristianità si è spaccata in più fazioni (o chiese,) le quali nel corso dei secoli, il più delle volte si sono combattute violentemente, pur servendo lo stesso Signore.
Sempre secondo costoro, la volontà di Dio sarebbe invece quella di avere sulla terra un’unica Chiesa di Cristo, dove regnino uniformità ed armonia tra tutti i membri.
Bene cari fratelli in Cristo, io mi sono posto un paio di domande, e oggi le voglio rivolgere a voi per riflettere insieme sull’argomento.
La prima domanda è questa:
“Siamo veramente sicuri che la divisione della Chiesa di Cristo sulla terra in “tante chiese Cristiane” sia solo opera dell’uomo e non anche il volere di Dio?”
La seconda domanda, conseguente alla prima, è dunque:
“Siamo veramente sicuri che l’obiettivo prioritario che Dio persegue non sia quello di far giungere il suo Evangelo a tutta l’umanità utilizzando diverse chiese, aventi doni diversi, piuttosto che quello di avere un’unica Chiesa sulla terra?”
Il passo della scrittura proposto oggi può darci alcuni interessanti spunti di riflessione in proposito; proviamo ad esaminarlo.
I discepoli di Gesù lo seguono e condividono con lui ogni cosa, intuiscono che Gesù è il Messia annunciato dai profeti, e in cuor loro sanno di essere stati scelti da Gesù per assisterlo nella sua grande missione.
In una tale situazione viene istintivo dividere il mondo in due gruppi: da una parte coloro che sono con Gesù e lo seguono, ossia il loro piccolo gregge;
dall’altra il resto del mondo, ovvero, coloro che non seguono Gesù e ne ostacolano la missione.
Fino a qui siamo in presenza di uno schema semplice ed efficace nello stesso tempo;
poi però accade qualcosa, gli apostoli si accorgono che il loro modo di classificare il mondo non è più così giusto, non ci sono più solo due gruppi, cioè loro con Gesù da una parte, ed i nemici di Gesù dall’altra, ma scoprono che ci sono anche degli altri, che, pur non seguendo Gesù insieme a loro, operano nel nome di Gesù, e quindi non possono essere annoverati nel gruppo dei nemici di Gesù.
Molto umanamente però, invece di vedere in questi uomini degli altri servitori di Gesù, loro alleati nella proclamazione dell’evangelo, in essi vedono degli “antagonisti”, dei “concorrenti”;
loro che credevano di essere i soli apostoli, si sentono in qualche modo “defraudati” del loro piccolo potere, o privilegio, da parte di questi altri, e la loro prima reazione è quella di “vietare” a questi di operare in nome di Cristo perché non sono dei loro!
Raccontano l’accaduto a Gesù, sicuri di sentirsi dire da lui: “Avete fatto bene a vietare loro di predicare nel mio nome, perché essi non sono dei nostri”, invece Gesù li spiazza completamente dicendo loro: “non glielo vietate perché… chi non è contro di noi e per noi”!
Gesù infatti, ha ben chiara quale sia la sua missione nel mondo, e per questo motivo istruisce i suoi discepoli affinché essi portino l’evangelo a tutta l’umanità, perché tutti gli uomini dovranno convertirsi e servire il Signore, e di fronte alla reazione, tutta umana, dei suoi discepoli, dice a loro chiaramente che tra i fratelli che proclamano e servono la causa dell’evangelo non deve esserci competizione, né tanto meno rivalità, inimicizia o odio, perché tutti coloro che lavorano per la diffusine dell’evangelo sono benedetti dal Signore, e devono essere d’aiuto gli uni per gli altri, perché l’evangelo e la sua diffusione sono la cosa più importante, tanto importante da prevalere anche sulla stessa unità formale della chiesa terrena, quando ciò si rende necessario!
Le chiese protestanti sono nate dalla Riforma, e a ben vedere la Riforma altro non è che una divisione o una spaccatura della chiesa di Cristo sulla terra, e quindi secondo il concetto dell’unità della chiesa essa dovrebbe essere una cosa negativa, tanto più che a seguito di essa, come nelle divisioni precedenti e successive, sono state combattute delle guerre ed è stato versato del sangue.
Ma riflettiamo bene: dobbiamo pensare che i padri della Riforma siano andati contro la volontà di Dio quando si staccarono dalla chiesa di Roma?
Certo loro non pensarono questo quando diedero vita alla Riforma, e noi non pensiamo questo ora, ma pensiamo invece che essi seguirono la volontà di Dio, perché così facendo contribuirono alla proclamazione del vero evangelo opponendosi alla sua distorsione da parte della chiesa cattolica romana d’allora.
Fu certamente la volontà di Dio che spinse alla creazione delle chiese evangeliche, perché il Signore le ritenne più adatte a proclamare il suo evangelo al mondo di quanto non lo fosse la chiesa cattolica romana del 16° secolo;
e Dio non solo approvò, ma dispose affinché questo avvenisse, perché per il Signore ai tempi di Lutero e Calvino, così come era già accaduto ai tempi di Gesù, con riferimento al passo della scrittura che abbiamo ascoltato, non era prioritario avere una sola chiesa unita che proclamasse con una sola voce il suo nome sulla terra, bensì era prioritario che il suo evangelo fosse proclamato al mondo nel modo più ampio ed efficace possibile.
Dobbiamo allora pensare che Dio abbia approvato le guerre tra i fratelli in Cristo di chiese diverse che fecero seguito alla Riforma?
Certo che no; come Gesù Cristo sgridò gli apostoli che avevano cercato di “vietare” ad altri di operare nel suo nome, così ogni qualvolta una chiesa cerca di “vietare” ad un’altra di proclamare l’evangelo avocando a sé l’esclusiva, disattende agli ordini di Gesù Cristo!
Cristo infatti non ha concesso a nessuno l’esclusiva di proclamare il suo evangelo, neanche ai dodici apostoli, né tanto meno ad uno di loro in particolare di nome Simon Pietro, perché per la proclamazione dell’Evangelo, Gesù Cristo si serve di tutti gli uomini, uniti in tutte le chiese che fanno capo a Lui, a seconda del momento e dell’opportunità: “Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, li sono io in mezzo a loro.” (Mt. 18,20)
“Non glielo vietate”; non glielo vietate dunque, ci dice il Signore, ossia non ostacolate la diffusione del mio Evangelo, perché se voi dite di essere al servizio dell’Evangelo, non potete odiare, disprezzare ed ostacolare i vostri fratelli che sono anch’essi al servizio dello stesso Evangelo, pur con modalità ed doni diversi dai vostri.
Capite allora che non è l’unità dei Cristiani in un’unica chiesa sulla terra sotto un unico capo, (o papa), che Cristo si aspetta da noi, ma bensì Egli vuole la “collaborazione” tra le varie chiese cristiane che lavorano tutte per Lui assolvendo a compiti diversi secondo i doni e le missioni ricevute da Cristo prima, e dallo Spirito Santo poi.
Unità in Cristo nella diversità! Questo è ciò che Dio si aspetta dalle sue chiese sulla terra.
Dio, e non l’uomo, ha voluto che la sua Chiesa sulla terra non fosse come un unico blocco di granito destinato a stritolare tutto sotto il suo peso, ma bensì come una miriade di granelli di sabbia destinati ad arrivare ovunque per diffondere l’evangelo, in contesti e situazioni diverse, sfruttando ognuna le peculiarità e i doni che Dio ha concesso ad ogni chiesa.
Chi proclama l’evangelo è al servizio di Cristo e lavora per la gloria di Dio e per il suo Regno che viene, e non per affermare il suo proprio potere e i propri interessi personali o di parte, questo non ce lo dovremmo mai dimenticare fratelli!
Purtroppo l’uomo, spinto dal maligno, ha saputo spesso dare il peggio di sé: invidie, sentimenti egoistici, interessi personali e di fazione, desiderio di potere, odio per il diverso e così via.
Oggi dopo secoli di lotte, che hanno fatto seguito alla nascita delle diverse chiese, cominciamo a renderci conto che le diversità non sono negative, bensì sono delle ricchezze che Dio ci ha messo a disposizione, e timidamente cominciamo ad accettarle come tali.
Si fa strada tramite l’ecumenismo il concetto di “unità nella diversità”, e questo è la cosa positiva di cui i cristiani evangelici si compiacciamo di più;
tuttavia non possiamo non essere addolorati per il fatto che ci sono tuttora alcune chiese che ritengono di aver ricevuto l’esclusiva dell’evangelo, e rifiutano il dialogo con le altre, o altre chiese che intendono l’unità come ritorno sotto una (loro) pretesa autorità ricevuta da Cristo.
Come servitori di Cristo e del suo Evangelo siamo però certi di dover continuare a compiere ciò che Cristo stesso ci ha indicato, operando in collaborazione con i nostri fratelli delle altre chiese ovunque laddove sia possibile, e comunque sempre mossi dallo spirito di servizio e dall’amore fraterno che ci lega in quanto fratelli in Cristo, sicuri che tutto passa, gli uomini con le loro futili questioni, il mondo con i suoi problemi e le sue divisioni, ma uno solo è colui che resta per sempre: Cristo Gesù, unico nostro Signore e Salvatore. AMEN
