Dio corregge i figli che ama

Testi: 2 Re 8: 7-13   13: 1-7; Luca 13: 1-5

La riflessione che vi propongo oggi potrebbe scandalizzare qualcuno di voi!

Anche se noi siamo abituati ad ascoltare di tutto ai nostri giorni, ci sono ancora dei tabù che non osiamo affrontare in modo diverso dalla maggioranza degli uomini, per timore d'essere giudicati dei provocatori, o peggio ancora, dei sovversivi. Un po' come succedeva nei primi secoli, quando dichiarare pubblicamente la propria fede in Cristo, equivaleva a dichiararsi nemici dell'impero Romano e del suo imperatore, che all'epoca era senz'altro l'uomo più potente della terra.

La scrittura oggi ci parla di Eliseo, il Profeta, prima discepolo e poi successore di Elia.

Come Elia, Eliseo eseguiva intimamente la volontà di Dio senza riguardi per nessuno, neanche per il re d'Israele, che per questo lo temeva, e a volte avrebbe fatto volentieri a meno di lui.

Essere un profeta dell'Altissimo, d'altronde, non è mai stato facile in nessun tempo, e ancor meno quando la missione da svolgere era d'annunciare il castigo imminente con cui Dio stava per colpire il suo popolo ribelle.

Eliseo aveva ricevuto da Dio l'ingrato incarico di andare a Damasco in Siria, il paese nemico giurato degli israeliti, la minaccia costante che pendeva come una spada di Damocle sul Regno d'Israele, sempre pronta a colpirlo e ad annientarlo. Eliseo doveva ungere Azael “re di Siria”.

Oggi potremmo anche chiederci: “Perché un Profeta dell'Altissimo si reca dal peggior nemico del suo popolo per -ungere il suo re-?” “Che ha a che fare un re ed un popolo di pagani con Dio?”

Eliseo però non si pone queste domande, ma si limita ad ubbidire, anche se lo fa con le lacrime agli occhi, perché sa benissimo quali saranno le conseguenze di questo gesto; conosce tutto il male che Azael farà ad Israele, ma nonostante questo non si sottrarre all'ordine ricevuto da Dio.

Non è di sua iniziativa che Eliseo tradisce Israele, il suo stesso popolo, ma è Dio che benedice un re ed un popolo nemico del Popolo Eletto, e se ne serve come suo strumento di punizione e redenzione.

Dio è sdegnato contro il Popolo Santo, “la sua eredità particolare”, che lo tradisce continuamente con altri déi;

è sdegnato contro il re del suo popolo che gli volta le spalle per inseguire la gloria umana;

è sdegnato contro i suoi figli che hanno dimenticato e rinnegato la sua Legge, facendo ciò che è male davanti ai suoi occhi.

L'esercito di Azael prima, e di suo figlio Ben-Adad dopo di lui, con la benedizione di Dio, invadono Israele, danno alle fiamme le sue fortezze, uccidono di spada i giovani israeliti, sventrano le donne e schiacciano i bambini. Di tutta la gente del re d'Israele, ci dice la scrittura, Dio non aveva lasciati che cinquanta cavalieri, dieci carri e diecimila fanti, perché il re di Siria li aveva distrutti e li aveva ridotti come la polvere che si calpesta: una carneficina insomma!

Di fronte a tali avvenimenti come facciamo a non rimanere scandalizzati; può mai avere la benedizione di Dio una tale azione?

Molti di noi oggi direbbero “NO”, ritenendo che non può essere Dio a fare questo, bensì soltanto la malvagità umana.

La Scrittura invece ci dice che non è così; ci dice che il Dio d'Abramo, d'Isacco e d'Israele è un Dio geloso, che non si trattiene dal punire i suoi figli quando questi gli voltano le spalle.

Allo stesso modo però la Bibbia ci dice che Dio è anche un dio amorevole e misericordioso, che non agisce per desiderio di vendetta, ma per indurre al ravvedimento quelli che Lui ama.

Come un padre amorevole punisce i suoi figli, proprio perché ama i suoi figli.

Questo atteggiamento di Dio, infatti, almeno temporaneamente, ottiene l'effetto voluto perché, ci dice sempre la scrittura, il re d'Israele Ioacaz di fronte a questa pesante punizione si pentì ed implorò Dio; allora Dio lo esaudì perché vide l'oppressione del suo popolo sotto il re di Siria, e diede un liberatore agli Israeliti che riuscirono così a sottrarsi dal potere dei Siri.

Questa immagine riassume un po' tutta la storia del rapporto tra il Popolo Eletto e Dio, perché, con piccole varianti, è ciò che si è ripetuto da Mosè fino alla venuta del Messia, fino a Gesù Cristo!

Ecco che mediante Gesù, Dio Padre chiama nuovamente al ravvedimento i suoi figli, e questa volta lo fa annunciando il suo perdono, non soltanto ad Israele, ma al mondo intero;

non più attraverso sacrifici d'espiazione, ma soltanto mediante la fede che la sua Parola operi pienamente nel suo figliolo.

Prima di lui era venuto anche Giovanni Battista, che predicava il ravvedimento sullo stile del Profeta Elia, ma Gesù Cristo è stato il Profeta per eccellenza, colui che ha rivelato ad Israele e al mondo “la piena e perfetta volontà di Dio”; e purtroppo come sappiamo, anche Cristo come Profeta è stato: prima osteggiato, poi rifiutato, ed infine ucciso.

Oggi, dopo venti secoli ed innumerevoli guerre fratricide, molti popoli, a parole, dichiarano di accettare Cristo ed il perdono di Dio, ma nei fatti vediamo che non è così!

Il ravvedimento predicato da Cristo non trova spazio nei cuori di molti uomini; non trova spazio tra le nazioni, né negli intenti di coloro che le guidano, siano essi re, presidenti, o capi politici e militari.

Certo Cristo chiama ciascuno di noi al personale pentimento, ma non per questo può ignorare i popoli che nel mondo dichiarano di volerlo servire, ma nei fatti si sono costruiti altri déi cui rivolgere il proprio cuore e le proprie azioni, così come faceva il popolo d'Israele quando era ribelle.

Ciascuno di noi, fratelli in Cristo, è disposto ad accettare l'amorevole correzione del Padre, anche se a volte può essere severa, perché nel nostro cuore sappiamo d'essere stati dei ribelli e dei peccatori; ma cosa succede quando la ribellione non riguarda un solo individuo ma un intero popolo e i capi che lo guidano?

Ci sono ancora tra le nazioni cd. “cristiane” dei segni di ravvedimento, come mostrò il re d'Israele Ioacaz quando fu toccato dai pesanti colpi di Azael il Siro?

Io oggi, davanti al richiamo di Dio, vedo ben pochi segni di pentimento tra i popoli cd. cristiani.

Oggi molte nazioni che si proclamano cristiane sono orgogliose ed arroganti, e hanno levato la loro voce maledicendo la mano del moderno Azael (Al-Qaeda, Isis,) che li ha colpiti duramente, anziché ravvedersi della loro condotta sconsiderata e chiedere perdono al Signore dei loro peccati, ormai troppo grandi ed evidenti perché Dio Padre possa ignorarli ancora.

Molti popoli dell'Evangelo hanno smesso di amare il loro Signore con tutto il loro cuore, hanno smesso di amare i loro fratelli, si sono inorgogliti a cagione del loro potere economico, della loro superiorità tecnologica, del loro sapere scientifico e della loro potenza militare;

si sono elevati sopra gli altri fratelli arrogandosi il diritto di giudicare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato;

si sono accaparrati la gran parte delle ricchezze naturali della terra privando così gli altri del sostentamento necessario;

hanno disprezzato il creato di Dio abusandone, corrompendolo, e ritenendo di poterlo cambiare a loro piacimento senza riguardi per nessuno;

hanno sostituito la pietà e la misericordia con l'arroganza e la pienezza di sé;

e ora si stanno unendo nuovamente per sfidare Dio con una nuova gigantesca “torre di babele” che chiamano “mondo globalizzato” che dovrà raggiungere e superare il cielo per portare l'uomo là dove un tempo c'era il trono di Dio!

Se le nazioni cristiane proseguiranno su questa strada, non potranno che andare incontro al severo richiamo di Dio. Dio Padre, infatti, continua ad amare profondamente questi suoi figli ribelli, così come un tempo ha amato Israele, e allo stesso modo Lui vuole che loro si pentano e ritornino a lui, mettendo da parte l'orgoglio che li rende ciechi e sordi al richiamo amorevole del nostro Padre Celeste.

Ma chi fra le chiese di Cristo ha avuto il coraggio di proclamare apertamente che i popoli cristiani dell'occidente si sono incamminati su di una strada che li sta portando lontano dalla via del Signore?!

Si, molte chiese hanno denunciato le ingiustizie commesse dai ricchi paesi del nord del mondo, ma nessuna ha osato dire ad alta voce che è stata la mano di Dio ad ungere un nuovo Azael per abbattere le torri, simbolo della superbia dei suoi figli ribelli, o a scatenare guerre che hanno prodotto milioni di profughi, e che altri severi ammonimenti celesti arriveranno ancora nel tempo a venire, fino a quando queste nazioni, con in testa i loro presidenti e i capi dei loro governi, non cambieranno la loro condotta chiedendo perdono a Dio Padre, e ravvedendosi con cuore sincero.

Ora vediamo come i figli di Dio davanti a queste “tragedie” fanno cordoglio per i loro fratelli morti, ma nel loro cuore non c'è un sincero pentimento e perciò non comprendono il richiamo che il loro Padre celeste rivolge loro, bensì nel loro cuore c'è molto rancore e tanta rabbia, perciò meditano vendetta e guerre contro i loro fratelli, ritenendosi colpiti ingiustamente, e per questo legittimati alla vendetta in nome di una giustizia superiore, che però non contempla, né l'amore, né la misericordia, né il perdono; una giustizia tutta umana che è soltanto destinata a spargere altro sangue.

Ma per costoro vale quanto ha detto il nostro Signore Gesù Cristo riferendosi a quelli che sono caduti per volontà di Dio: “...pensate che costoro fossero più peccatori di tutti gli altri perché hanno sofferto queste cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedrete, perirete tutti allo stesso modo... o quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?  No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti come loro”.

Chi ha avuto il coraggio di leggere nelle Chiese questo passo delle scritture dopo l'11 settembre, o dopo gli attacchi dei terroristi contro Libia e Siria?

Temo ben pochi cristiani; siamo tuttora troppo sicuri d'essere noi le vittime innocenti di quei tragici giorni, per ammettere le nostre colpe, se non davanti agli uomini, almeno davanti al nostro Padre Celeste, che vedendo le nostre continue trasgressioni ci ha così chiamati al ravvedimento.

Se Dio Padre non amasse i suoi figli, ci abbandonerebbe sulla strada della ribellione e non si curerebbe di richiamarci, ma poiché egli ci ama di un amore infinito, certo usa tutti i mezzi, anche quelli più severi a volte, affinché noi possiamo aprire gli occhi sui nostri errori e cambiare strada finché siamo ancora in tempo.

Noi dobbiamo esserne consapevoli e avere il coraggio di dirlo apertamente al mondo, anche se questo ci rende impopolari, perché come discepoli di Gesù Cristo non possiamo tirarci indietro davanti alle difficoltà che incontriamo in questo mondo, né tanto meno possiamo fare finta di niente quando siamo chiamati al ravvedimento attraverso tali dure prove.

Continuiamo dunque a confidare fiduciosi nel nostro Signore Gesù Cristo che dev'essere il nostro unico punto di riferimento, soprattutto in quelle situazioni dove il mondo va nella direzione opposta, quella dell'odio e della vendetta, che non è mai la via indicataci dal Signore!

Non so quanti di voi hanno condiviso queste mie considerazioni, forse in pochi; spero tuttavia d'avervi dato oggi qualcosa su cui riflettere.

Che il Signore nostro Gesù Cristo e lo Spirito Santo del Padre ci guidino anche quando siamo costretti a camminare su questi terreni ardui, che per comodità nostra solitamente preferiamo non calcare.

Sia lodato il nome del Signore nostro Gesù Cristo. AMEN