Dall’Ebraismo al Cristianesimo: il Nuovo Ordine Mondiale dell’anticristo

 

Per capire quale futuro ci aspetta, dobbiamo partire da molto lontano nel tempo, ossia duemila anni fa, quando nella provincia Romana della Giudea nasceva un uomo di nome Gesù di Nazareth.

Qui non è importante credere che lui fosse davvero il “figlio di Dio”, come affermano i suoi seguaci, quanto capire chi fosse veramente questo Gesù uomo. Ebbene, Gesù di Nazareth era un ebreo, nato, vissuto e morto come ebreo, proprio perché ebreo. Il fatto che poi dalla sua predicazione sia nata la più grande religione al mondo (come numero di fedeli), ossia il cristianesimo, ha soltanto contribuito a confondere le acque, proprio perché ci ha fatto dimenticare la sua origine ebraica, mettendo in secondo piano il fatto che, tutto il suo pensiero e la sua predicazione fossero ispirati e rivolti al popolo ebraico, e non ai cd “gentili”, ossia i pagani di allora, come lui stesso ebbe ad affermare: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele” (Mt 15:24).

Come sappiamo dalla storia, però, la sua missione con il popolo ebraico non ebbe successo, perché lui fu barbaramente giustiziato (delitto politico) con la complicità degli occupanti romani, che certo non volevano un altro possibile sobillatore di popolo in una provincia già ribelle di per sé; così i suoi seguaci (per questo in seguito chiamati cristiani) si rivolsero, e rivolsero le loro attenzioni, agli altri popoli dell’impero romano, e fino ad oggi i cristiani interpretano il messaggio di Gesù di Nazareth come rivolto al mondo intero, piuttosto di leggerlo come un messaggio rivolto al popolo ebraico.

Perché è tanto importante questo? Per capirlo dobbiamo vedere cosa conteneva questo messaggio (al di là dei riferimenti prettamente teologici della religione ebraica) e interpretarlo non con riferimento all’intera umanità convertita, ma piuttosto al piccolo nucleo del popolo ebraico.

Gesù di Nazareth, ebreo in tutto e per tutto, conosceva molto bene il suo popolo e quando parlava ad esso sapeva esattamente cosa voleva dire e soprattutto cosa voleva ottenere da loro con la sua predicazione. Nella Bibbia, il testo sacro degli ebrei (Antico Testamento) sono contenuti molti accenni alla storia e alla società ebraica che si è evoluta nel corso dei circa duemila anni (a. C). Gesù di Nazareth si proponeva come il riformatore (salvatore) del suo popolo, in quanto discendente, in linea di sangue, dall’antico re d’Israele, Davide, e quindi rivendicava il suo diritto politico (dinastico) sul governo del popolo e dello stato ebraico, che però nel frattempo era diventato una colonia romana, e l’intellighenzia del popolo stesso conviveva, non senza attriti, con questo potere coloniale.  

Gesù di Nazareth, inoltre, basa la sua rivendicazione sulle antiche profezie contenute nella Bibbia, attribuendosi anche il titolo di “figlio di Dio o Messiah”, il che rafforzava, o avrebbe dovuto rafforzare, le sue pretese al trono d’Israele, anche se di fatto questo esasperava maggiormente l’attrito, sia con il potere religioso ebraico (che ruotava attorno al Tempio, ultimo baluardo dell’ebraicità del tempo), sia con quello politico militare romano, che in un primo momento non prese troppo sul serio queste sue pretese, ma che poi non esitò a giustiziarlo, non appena si rese conto che avrebbe potuto diventare una seria minaccia politica, quando, entrando in Gerusalemme alla maniera degli antichi re d’Israele, si attribuisce la profezia: “Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, montato sopra un puledro d'asina!” (Gv 12:15)

Ora per noi non è qui interessante, né necessario, ripercorrere tutta la predicazione di Gesù di Nazareth nei tre anni della sua militanza politica, quando capire cosa voleva dire con essa al popolo ebraico, ovvero cosa contestata a loro, poiché al di là delle questioni prettamente legate al rinnovamento della religione e del culto ebraico, Gesù di Nazareth batté spesso il chiodo su una questione molto importante, che solo una lettura “in chiave cristiana” della sua predicazione, ha fatto distrarre da quello che era il vero scopo del suo messaggio al popolo ebraico.

In una sua celebre invettiva contro la classe ebraica dominante del paese, Gesù di Nazareth disse: “Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona” (Mt 6:24).

In un altro dei suoi famosi ammonimenti ai ricchi della nazione ebraica aggiunse: “Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano” (Mt 6:19-20).

Ora questi due richiami, apparentemente di ordine etico, alla luce della teologia cristiana sono da sempre stati interpretati come un ammonimento contro l’eccessivo attaccamento alle ricchezze mondane, che per un credente (cristiano) costituiscono un “peccato”, perché di fatto distolgono il cuore dall’amore verso Dio e soprattutto verso il prossimo.

Gesù di Nazareth però parlava al suo popolo, quello ebraico, e in particolare parlava alla classe dominante (Farisei, Scribi, Sadducei, Sacerdoti del Tempio, e tutti quelli che detenevano un evidente potere economico); quando invece la maggior parte del popolo ebraico, dominato dai colonialisti romani, all’epoca non viveva certo in condizioni agiate, al punto d’aver bisogno d’essere “ammonito” da Gesù di Nazareth contro “il pericolo di possedere troppa ricchezza”.

La successiva lettura data dai cristiani (pagani convertiti) di queste affermazioni fu un semplice invito alla morigeratezza, se non anche alla povertà (vedasi ad esempio San Francesco d’Assisi che prese alla lettera queste parole, e altri come lui), per contro, beni e ricchezza, nella teologia (tradizione) ebraica, come descritta nel Vecchio Testamento, non sono per nulla visti come dei “pericoli o delle cose da disprezzare”, bensì come segni della benedizione e del favore di Dio accordati al suo popolo.

Quindi perché Gesù di Nazareth parla così ai capi del suo popolo?

Il richiamo di Gesù di Nazareth è specifico per loro, per la classe dirigente, perché, se è ben vero che nella storia dell’antico Israele beni e ricchezza sono segni della benedizione di Dio (vedasi ad esempio l’episodio di re Salomone, l’antenato di Gesù, dove in 1°Re 3:13 è detto: “…io ti do quello che non mi hai domandato: ricchezze e gloria; tanto che non vi sarà durante tutta la tua vita nessun re che possa esserti paragonato”), è altrettanto vero che nelle prescrizioni della cd Legge Mosaica, c’è il dovere di ogni ebreo di fare parte delle proprie ricchezze con chi possiede meno, e questo anche con una serie di regole legali (vedasi ad esempio il giubileo cinquantennale, Levitico 25:10 “Santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia) che dovevano riequilibrare le disparità economiche all’interno del popolo.

Purtroppo, queste regole sono state molto spesso violate dalla classe dirigente del popolo ebraico delle epoche a. C., e Gesù di Nazareth mette il dito nella piaga, quando, davanti all’evidente violazione della legge etica del suo popolo, accusa la classe dirigente dell’epoca di essere eccessivamente attaccata al denaro e di trascurare di praticare la carità e l’amore verso il prossimo e verso Dio, cioè i doveri verso il popolo da parte dei governanti.

Con queste sue affermazioni Gesù di Nazareth accusa la classe dirigente del suo tempo di non essere più al servizio di Dio (e quindi del popolo), bensì di Mammona. È un’accusa molto grave se rivolta ad un ebreo, da sempre membro del Popolo Eletto da Dio a suo “tesoro particolare”. Non che gli antichi israeliti siano mai rimasti molto fedeli a Dio, secondo quanto riportato nel Vecchio Testamento, ma qui Gesù di Nazareth vuole evidenziare una deriva molto pericolosa, la cui intera portata non sarà chiara ai cristiani convertiti (dal paganesimo) se non molti secoli dopo.

Andiamo però con ordine.

Gesù di Nazareth fallisce miseramente il suo tentativo di “riformare” (convertire) il suo popolo, ossia di riportarlo ai principi etici impartiti loro da Dio tramite la Legge Mosaica, e come conseguenza del suo fallimento, con la complicità dei colonialisti romani, viene giustiziato dal suo stesso popolo, nella speranza, ebraica prima e romana poi, di mettere fine non solo ad un personaggio potenzialmente pericoloso per la stabilità (religiosa, politica e sociale) della regione, ma anche di stroncare sul nascere il sorgere di un nuovo movimento di ribellione.

Le cose, come sappiamo, andranno diversamente, perché lo sparuto gruppo di seguaci di Gesù di Nazareth, nei secoli successivi riesce miracolosamente a crescere di numero fino a fare milioni di proseliti, per arrivare ai numeri attuali.

Prima di tutto però vediamo cosa accade agli ebrei, che non si rassegnarono al dominio romano in casa loro, si ribellarono, e per questo nel 70 d.C. vennero “deportati” nel resto dell’impero in un esilio che durerà quasi diciannove secoli!

Il popolo ebraico però, venne sì disperso tra gli altri popoli dell’Impero Romano, ma non sarà mai assimilato, poiché per tutti i secoli d’esilio, non importa dove, riuscirà a mantenere la sua identità, proprio grazie alla religione, che ne diverrà il simbolo distintivo.

Diciannove secoli di sofferenze, travagli, persecuzioni e ostilità da parte di tutti gli altri popoli, che di volta in volta si convertivano al cristianesimo, vedevano negli ebrei gli antichi responsabili dell’omicidio del loro fondatore, ebreo anche lui, Gesù di Nazareth, ma fatto diventare cristiano a posteriori e quindi, nella visione comune dei cristiani convertiti, non più ebreo, bensì nemico degli ebrei!

Nel corso di questi quasi diciannove secoli d’esilio, di peregrinare in mezzo agli altri popoli, che erano sempre pronti a trovare in loro il facile capro espiatorio quando le cose andavano male e quindi a prendersela con loro (pogrom), gli ebrei non potevano davvero mettere radici profonde in nessun luogo, tanto più che l’unico luogo che veramente sentivano come casa (Sion), era stata nel frattempo occupata da altri popoli, tra i quali gli ultimi arrivati, i musulmani; quindi di tornare a casa, di ricostituire lo stato d’Israele non se ne parlava proprio, anche se ogni ebreo concludeva l’anno con l’augurio: “Il prossimo anno a Gerusalemme”, a testimonianza del loro profondo desiderio di tornare nell’antica patria perduta.

Chi però è costretto a vivere con la valigia fatta sotto il letto, sempre sul chi va là e pronto a fuggire non appena si preannuncia il prossimo pogrom, non può certo mettere radici e soprattutto non può dedicarsi ad attività che comportino stabili strutture in un posto che domani potrebbe dover abbandonare in fretta e furia; così gli ebrei si sono dati da prima al commercio, attività ideale per chi deve “viaggiare per necessità”, e poi con l’avvento del moderno sistema di scambi (bancario) all’attività di banchiere, in questo favoriti dal fatto che mentre per il cristiano prestare denaro ad interesse era vietato dalla sua religione (usura), per la legge ebraica prestare denaro ad interesse (specialmente se fatto nei confronti dei gentili) era del tutto lecito, nonché fonte di un sicuro profitto, poiché il denaro, ancor più delle altre merci, si poteva spostare facilmente da un paese all’altro in caso di pericolo.

Certo non tutti gli ebrei sono diventati ricchi mercanti e banchieri; molti di loro sono rimasti dei poveracci ai margini delle società cristiane, così com’erano dei poveracci in Palestina ai tempi di Gesù, nondimeno ci sono stati alcuni di loro (famiglie ebraiche) che prima con gli scambi commerciali, e poi con quelli bancari, sono diventati notevolmente ricchi, anzi ricchissimi.

Ecco che ritorna Mammona in tutta la sua potenza; il pericolo annunciato da Gesù di Nazareth si concretizza ancora di più in questa (piccola) parte del popolo ebraico che è riuscita ad acquisire una posizione di forza (potere) grazie alle grandi ricchezze accumulate qui sulla terra, e non certo in cielo.

Anche se la tignola e il ladro che ruba sulla terra non sono mai mancati, e per secoli i ricchi mercanti e banchieri ebrei hanno dovuto pagare dei pesanti tributi proprio agli Stati e ai re cristiani per poter esercitare il loro mestiere, senza potersi ribellare, poiché a loro difesa (a parte Dio) non c’era nessuno che potesse intervenire, non avendo più un loro Stato nazionale, e per di più suscitando un diffuso sentimento contrario in larghi strati della popolazione cristiana (antisemitismo), nonché sempre avversati dalle istituzione religiose cristiane (Chiesa Cattolica Romana).

In buona sostanza, avere dei banchieri ebrei che prestavano soldi per finanziare imprese non sempre limpide (guerre e conquiste), faceva comodo a molti governi e governanti, e così Mammona, sia pur potente, doveva ancora sottostare a quello che formalmente era il “controllo di Dio”, ovvero alle autorità sovrane degli stati, che seconda la Bibbia Cristiana (Nuovo Testamento) erano costituite da Dio: “Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono stabilite da Dio” (Ro 13:1).

Con la IIGM però le cose sono cambiate; l’antisemitismo latente, con la Germania di Hitler e il nazismo, ha toccato un apice di brutalità mai raggiunta prima, e i sei milioni di morti ebrei nei campi di sterminio hanno costretto il mondo cristiano a riflettere sulla questione ebraica, sentendo su di sé un forte senso colpa, che in buona parte rimane tuttora. Così dopo quasi diciannove secoli il mondo cristiano ha ritenuto di dover riparare ai crimini contro il popolo ebraico permettendogli di ritornare a Sion e rifondare un nuovo stato d’Israele, oltre ad una decisa condanna dell’antisemitismo in tutte le sue forme.

Se questo è stato un segno di civiltà, nonché di “carità cristiana”, di cui si sentiva il bisogno, tuttavia, ogni scelta comporta anche delle conseguenze.

La prima conseguenza è che ora il popolo ebraico non è più una diaspora perseguitata, perché ha un suo Stato nazionale, al pari degli altri popoli;

al pari e forse più degli altri popoli però, una grande parte (più della metà) degli ebrei ancora oggi non è ritornata a vivere in Israele (nonostante la politica dello stato ebraico tendente ad invogliare gli ebrei ad emigrare nel paese per contrastare l’incremento della popolazione araba nel territorio) bensì continua a vivere negli altri paesi del mondo, e in particola negli Stati Uniti.

C’è una ragione per questo? Ovviamente, ce n’è più d’una.

Oltre al fatto che lo Stato d’Israele da quando è stato fondato nel 1948 è sempre stato in guerra con i paesi musulmani vicini, e quindi vivere con il terrore di essere uccisi da attentati, sia pure sulla terra di Sion, non è più la massima spirazione neppure per un ebreo, c’è sempre il fatto che dopo diciannove secoli di girovagare per il mondo facendo il mercante e il banchiere, e diventando giocoforza un cardine importante dell’economia di questi paesi, molti ebrei hanno preferito rimanere dov’erano nati e vissuti per generazioni.

Inoltre, il venir meno di un diffuso antisemitismo ha permesso a molti ebrei, ormai (formalmente) inseriti nelle società cristiani, di continuare il loro naturale lavoro. Così le grandi famiglie ebraiche che nel corso degli ultimi secoli si sono specializzate nell’ambito della finanza, sono diventate il punto di riferimento in molti paesi, e in particolar modo negli Usa, il paese che nell’ultimo secolo ha dominato la finanza mondiale, oltre che il mondo dal punto di vista politico e militare (specialmente dopo la caduta del comunismo in Unione Sovietica).

Fin qui, tuttavia, nulla di nuovo, né di particolarmente preoccupante; se anche le principali istituzioni finanziarie di molti paesi erano controllate da ebrei, la cosa non destava preoccupazione perché il potere politico (e militare) era saldamente nelle mani dei governi (cristiani) dei paesi occidentali, che da sempre hanno dominato il mondo conosciuto, servendosi e sfruttando l’abilità degli ebrei nel gestire i commerci e le banche nel corso della storia moderna.

Mammona, di cui tanto aveva paura Gesù di Nazareth, poteva anche controllare l’intellighenzia ebraica del suo tempo (e di quelli successivi) ma fintanto che il potere sovrano era nelle mani dei governi legittimi (approvati per antonomasia da Dio) il pericolo era scongiurato.

Così per duemila anni il mondo è andato avanti sotto il controllo dei governi nazionali che, pur lasciandosi spesso trascinare in scontri e guerre fratricide, che ben poco avevano a che vedere con l’amore cristiano, alla fine si ricomponeva sempre tutto col riaffermarsi di un potere superiore stabilito da Dio (il re), oppure più recentemente dal volere del popolo (parlamenti e governi eletti a suffragio universale) che preserva il destino dell’umanità dal cadere nelle mani di Mammona e dei suoi servi.

Questo è ciò che è sempre accaduto fino a ieri, ma recentemente qualcosa di nuovo si è profilato all’orizzonte, qualcosa che desta preoccupazione e i cui primi frutti velenosi cominciano a spuntare in più parti nel mondo, e in particolare qui in Europa.

Dopo la IIGM, infatti, i popoli occidentali hanno cominciato a pensare che si potesse evitare nuove sciagure simili limitando il potere degli stati sovrani, responsabili di aver scatenato almeno le ultime due GM (oltre a quasi tutte le precedenti e i successivi conflitti regionali della storia). L’idea che la guerra potesse essere evitata attraverso l’unione dei popoli in un grande unico popolo e un unico grande Stato, sia pur allettante, è ben poco realistica alla luce di quanto è accaduto fino ad oggi, e tuttavia alcuni paesi, in primis quelli europei, hanno ritenuto possibile formare un’Unione sulla base di una comune storia e tradizione, armonizzando progressivamente le residue differenze che esistevano. Progetto accattivante oltre che ambizioso, alla base del quale però c’è stato un grave errore di valutazione, di cui oggi stiamo cominciando a pagare le tragiche conseguenze.

Il modello da seguire avrebbe dovuto essere quello degli Usa: un presidente, una difesa e una politica estera unica, un parlamento e un governo federale, che però lascia ampia autonomia agli stati nelle materie locali. Questo non è avvenuto in Europa per una serie di motivi.

Il primo è stato il rifiuto da parte dei governi nazionali di rinunciare ad un proprio esercito e ad una rappresentanza diplomatica comune, e quindi in buona sostanza alla sovranità intesa come potere della nazione di decidere per sé nelle materie tipiche dello stato.

Si è invece ritenuto possibile rinunciare ad un elemento a torto ritenuto secondario, come la moneta, la politica monetaria e la finanza, nella convinzione che dopo la liberalizzazione delle merci, anche quelle dei capitali fosse un vantaggio per tutte le nazioni (pur mantenendo un’ampia sovranità politica).

Anche il resto del mondo, paesi emergenti compresi, sono andati in questa direzione, accogliendo con favore una progressiva liberalizzazione del mercato delle merci e della finanza, sia pure per motivi e interessi diversi da quelli sviluppati.

Questo, di fatto, ha comportato che, fermo restando il potere militare e politico nelle mani dei paesi più forti (Usa in testa e Cina in prospettiva), economia e finanza abbiano ormai assunto una dimensione sovrannazionale, ovvero il controllo dell’economia e in particolar modo della finanza è stato tolto agli stati nazionali sovrani per passare nelle mani di…

Già, chi controlla ora la finanza?

Una volta erano gli Usa, ma oggi, paradossalmente, la grande finanza internazionale, pur avendo ancora delle solide basi negli Usa, proprio perché è diventata “sovrannazionale” non è più controllata da nessun paese. Neppure la Cina, con il suo crescente peso politico, militare ed economico è lontanamente in grado di controllare la finanza.

Che dire degli stati europei? Qui siamo di fronte ad un paradosso; l’UE, così com’è strutturata, non solo non controlla la finanza, ma ne è di fatto “controllata”, dalla finanza internazionale! La BCE detta le leggi agli stati che devono conformarsi, ovvero i governi nazionali che hanno adottato l’Euro ormai sono agli ordini di un’istituzione finanziaria non eletta dal popolo che non risponde nemmeno ad uno pseudo parlamento Europeo, ma che anzi impone spesso agli stati membri dei sacrifici contro gli interessi dei rispettivi popoli (vedasi Grecia e Italia con la vicenda del Mes).

La caduta delle barriere doganali e la libera circolazione dei capitali, ha permesso ai grandi gruppi finanziari internazionali di spostare rapidamente e a loro piacimento enormi quantità di investimenti, spesso ben superiori al bilancio di molti singoli stati, usandoli come arma di dominio e ricatto contro quei paesi che si rifiutano di sottostare al loro diktat finanziario.

La grande finanza ha preso il posto del potere sovrano in molti Stati, che hanno ceduto (o dovuto cedere) la propria sovranità monetaria ed economica, ed è arriva al punto di condizionare pesantemente anche le scelte politiche nel paese leader mondiale, gli Stati Uniti, quando, ad esempio, ha fatto di tutto per impedire l’elezione del presidente Trump, che con le sue politiche protezionistiche e sovraniste (dazi e blocco dell’immigrazione) costituiva una minaccia al potere della finanza mondiale. Trump è stato eletto lo stesso, ma ogni giorno è attaccato da tutti quei poteri interni al paese che sono fortemente condizionati dal sistema globale della finanza, che cerca così in tutti i modi di spodestarlo (impeachment). Lo stesso stiamo assistendo in Italia dove ogni forza politica, sociale ed economia che fa riferimento al sistema della finanza globale, ha costantemente attaccato il governo giallo-verde, “sovranista” e chiaramente contrario a questo sistema, fino a farlo cadere e sostituirlo con un governo più compiacente!

Ecco che, forse troppo ingenuamente, o molto più probabilmente furbescamente, chi ha creduto che per far trionfare la pace fosse necessario ridurre le sovranità nazionali per creare (un giorno) una sovranità più grande, cominciando però da una progressiva condivisione dei mezzi economici e finanziari, ha aperto le porte a Mammona e ai suoi seguaci, (i grandi banchieri e le grandi società finanziarie multinazionali) che un passo dopo l’altro stanno sostituendo i rappresentati di Dio e degli uomini sulla terra (i governi nazionali democraticamente eletti) nel governo del mondo, il cui unico scopo è quello di creare il Nuovo Ordine Mondiale che vede un governo della Finanza e dell’economia nelle mani di pochi individui (famiglie) sostituire il governo dei rappresentanti dei popoli democraticamente eletti.

Mammona si è scelto i migliori sulla piazza, ovvero le famiglie della finanza ebraica, che per esperienza, tadizione e capacità non sono secondi a nessuno, e che, se non tenute sotto controllo da forti autorità nazionali (stati sovrani) in attesa di un governo mondiale democraticamente eletto (se mai ci sarà) stanno di fatto assumendo il controllo del governo mondiale, portando avanti non gli interessi dei popoli, bensì quelli dei loro azionisti, ovvero poche migliaia di uomini che controllano la maggioranza delle ricchezze mondiali e che non esiterebbero a passare sulla testa dei miliardi di uomini che oggi vivono sulla terra (Basti ricordare che i 26 personaggi più ricchi del mondo, posseggono la stessa ricchezza che posseggono i 3.800.000.000 di persone più povere del mondo!).

Ecco che il monito di Gesù di Nazareth contro i servi di Mammona è quanto mai attuale, oggi ancora più di venti secoli fa, proprio perché adesso ci sono i mezzi e si sono create le circostanze favorevoli affinché Mammona raggiunga il suo obiettivo di governare il mondo.

Giuseppe Rai