Fede contro Religione

prima parte

1) La religione: da oppio dei popoli a strumento di coercizione

In tutta la storia umana non c'è nulla che sia stato più strumentalizzato e abusato della religione!

In ogni epoca la religione, nata come ricerca e bisogno dell'uomo di trovare comunione con il suo creatore, è ben presto diventata uno strumento di controllo sociale, politico ed economico dei potenti sulle masse umane, e anche sulle risorse della terra.

Questo vale sia per il cristianesimo, sia per tutte le altre religioni, rivelate o naturali.

Eppure la religione, nata come fede di un uomo nel suo Dio, dovrebbe essere qualcosa di estremamente personale, intimo ed esclusivo.

Pensiamo alla religione ebraica, da cui discendono cristianesimo e islam; tutto nasce da un uomo chiamato Abraamo;

un uomo che ha ricevuto una chiamata individuale da Dio nella sua città d'origine, Ur dei Caldei; Dio ordina ad Abraamo di andare via dal suo paese, proprio perché Dio con lui vuol fare sorgere qualcosa di nuovo, in un luogo nuovo.

Ecco che tutto ha inizio da due esseri: un uomo e il suo dio, non da masse oceaniche di folla; quelle arriveranno soltanto dopo, col popolo d'Israele, con il cristianesimo e con l'islam, però all'inizio il rapporto è di: uno a uno.

Dio con Abraamo non fonda una religione, bensì inizia un cammino di fede!

Sarà Mosè che trasformerà la fede di Abraamo in una religione, molti secoli dopo, quando un intero popolo si riconoscerà nel Patto tra Dio e Israele.

Lo stesso dicasi per Gesù Cristo, il riformatore della religione ebraica: lui arriva per risvegliare la fede di un popolo che l'aveva perduta nel corso dei secoli;

perduta nella rigidità delle tradizioni umane, che l'hanno resa sterile, proprio perché diventata religione.

La storia si ripete fino ai nostri giorni con i tanti riformatori che si sono succeduti nel corso dei secoli; nessuno di loro è stato mandato per “fondare una nuova religione”, ma sempre per “riformare la vecchia”, ossia per risvegliare la fede sopita nei rigidi schemi impostigli dalla tradizione umana.

Che insegnamento possiamo ricavare da tutto questo?

Un insegnamento molto importante, fondamentale: la fede viene da Dio, è un dono di Dio, che Dio fa ad ogni singolo uomo che con tutto il cuore, crede in lui e lo accetta come proprio Dio personale e esclusivo;

la religione invece viene dall'uomo, che cerca di istituzionalizzare la fede, relegandola in strutture e imbrigliandola in norme e precetti al fine renderla universale, ossia accettata (ma leggasi obbligatoria) per tutti.

Da qui si capisce allora come: “fede e religione” siano, non solo due cose molto diverse tra loro, ma che addirittura confliggono profondamente!

Karl Marx diceva che: “la religione è l'oppio dei popoli”, e di fatto aveva ragione!

Sicuramente la religione è uno strumento di coercizione, di assimilazione, di uniformazione e soprattutto di controllo dei popoli;

laddove invece la fede è: libertà di vivere una vita in comunione con il proprio dio e i propri fratelli di fede.

La fede è come una luce interiore, una forza spirituale, un’idea, un sogno, un qualcosa che si può solo vivere e condividere sull'onda delle emozioni e dei sentimenti che essa stessa produce;

l'amore fraterno è ciò che lega i credenti in Cristo, non altro!

Pensare di poter di imporre la fede con la forza è tanto assurdo quanto pensare chiudere la luce in un cassetto o di ingabbiare un sogno dentro degli schemi prefissati.

Eppure questo è proprio ciò che in ogni tempo e in ogni luogo ha sempre cercato di fare la religione.

Laddove la fede è “libertà assoluta”, la religione è “controllo assoluto”.

Gesù venne ad annunciare la salvezza di Dio al suo popolo e poi al mondo, sulla base della promessa fatta da Dio ad Abraamo: “in te saranno benedette tutte le famiglie della terra”. (Ge 12:3)

I religiosi del suo tempo però non solo non hanno accolto Gesù, ma al contrario l'hanno grandemente osteggiato, proprio poiché lui portava libertà, mentre la religione è un insieme di regole, precetti e coercizioni.

Scribi e Farisei erano i rappresentanti della religione e come tali hanno temuto la libertà portata dal rinnovamento della fede di Cristo. I primi convertiti ebrei sono stati anche i primi perseguitati dai religiosi del loro popolo, ma poiché la religione era, ed è, anche controllo sociale e politico, Gesù fu visto come un “sobillatore di popolo”, e con quest'accusa è stato consegnato ai carnefici romani.

I romani però erano pagani, perseguitavano gli ebrei, e tuttavia all'inizio hanno perseguitato anche i cristiani; perché? Non vale forse il detto che il nemico del mio nemico è mio amico?

No, in questo caso non vale, perché il cristianesimo delle origini era una fede nuova, rinata, un nuovo rapporto instaurato tra Dio e gli uomini, per mezzo di Cristo, una fede libera che aveva il grandissimo difetto (come tutte le fedi) di non riconoscere la preminenza dell'autorità umana e terrena, e questo nessun governo (nemmeno uno autenticamente democratico) lo può tollerare. Roma accoglieva nel suo Pantheon tutte le religioni dei popoli assimilati, però non poteva accogliere una fede vera; è per questo che sono avvenute le persecuzioni dei cristiani anche sotto i romani.

Fino a quando il cristianesimo è rimasto una fede soltanto, è stato perseguitato, ma non appena è diventato a sua volta una religione, ecco che addirittura il cristianesimo è diventato “la religione ufficiale dell'Impero Romano” con l'imperatore Costantino, che tra l'altro non era neanche cristiano, bensì Ariano.

Che salto di qualità, non è vero?

In realtà quando il cristianesimo è diventato “religione”, è stato un giorno triste, non un giorno di gioia, poiché una parte consistente dei cristiani sono diventati “uomini religiosi”, ma quanti invece sono rimasti veramente uomini di fede?!

Che a Dio non piacciano i religiosi, ma apprezzi invece gli uomini di fede, è evidente dal suo continuo inviare nuovi profeti, riformatori, evangelizzatori, affinché essi contribuiscano a risvegliare la fede sopita e sepolta sotto la pesante coltre della religiosità!

John Wesley, ad esempio, è stato uno di loro, uno dei tanti; anche lui come sapete non voleva fondare una nuova Chiesa, ma risvegliare la fede in quella vecchia, ma come sempre accade il risveglio della fede, cozza contro la rigidità della tradizione religiosa, e qui ritorniamo al punto di partenza.

Che cosa può fare dunque un credente?

Può rimanere saldamente ancorato alla sua religione, con tutte le sue certezze storiche e le sue istituzioni ecclesiastiche, e accontentarci di questo, pensando che ciò sia sufficiente;

oppure, può cercare di risvegliare la sua fede, riscoprendo il suo primario e privilegiato rapporto con Dio!

Ogni credente, (ma dovremmo dire ogni uomo) che professa una religione, ha questa doppia possibilità.

Vediamo come molti cattolici romani, (dei pochi che ancora si dicono credenti), sono in realtà legati ad una religiosità materiale e formalistica, fatta di calendari liturgici, festività comandate, cerimonie preordinate, riti e tradizioni piene di superstizioni, quasi gesti scaramantici.

È questa la fede che Cristo ci domanda? È questo che troviamo nella Scrittura come desiderio e insegnamento espressoci da Dio?

Oh Dio non ci chiede piuttosto di avere fede in lui, di metterci con tutto il cuore nelle sue mani, fiduciosi che il suo amore non ci farà mai mancare nulla? Non ci chiede forse di amarlo e di amarci a vicenda per adempiere al vero fondamento della fede cristiana?

Cosa può fare dunque un credente?

Due sono le alternative: seguire la via delle donne e degli uomini religiosi, o cercare di percorrere il cammino delle donne e degli uomini liberi che vivono per fede in Cristo!

Dobbiamo riflettere bene su fede e religione, poiché noi, discepoli di Cristo, siamo chiamati ad un'importante scelta nella nostra vita; e la scelta è proprio tra il rimanere semplici donne e uomini religiosi, oppure diventare donne e uomini di fede, e credetemi la differenza è veramente abissale!

Gesù Cristo durante la sua vita terrena è stato un esempio d'amore, pace, misericordia, perdono, comprensione ed accoglienza; lui ha trovato parole di pietà e perdono persino per i suoi carnefici, eppure soltanto nei confronti di una categoria non ha avuto alcuna esitazione nel condannare senza appello il loro operato, e questa categoria erano proprio “i religiosi”!

Scribi e Farisei, sacerdoti, notabili del popolo, erano il suo bersaglio quotidiano, e non perché fossero persone cattive, anzi! Ma perché il loro ruolo li rendeva inadatte al regno di Dio, e peggio ancora erano un danno e un pericolo per il Regno, come afferma Gesù “...guai a voi, scribi e farisei..., perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente, non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare...”.

Ogni peccato umano è perdonato a chi si pente, però il peccato di condurre alla perdizione altri non può essere perdonato da Dio.

Avete mai notato quante parabole ci sono nei Vangeli contro gli amministratori infedeli? Non è un caso che Gesù si adiri tanto contro di loro, poiché sono queste persone che abusano della loro posizione, peccando loro e facendo peccare gli altri, per mezzo della loro religiosità ipocrita. Essi sono privi di fede e usano la religione soltanto per trarne un profitto personale, ossia per esercitare un controllo politico, economico e sociale delle masse a loro sottoposte. Essi hanno lasciato la fede per la religione, e non permettono così agli altri di conoscere la Verità dell'Evangelo che conduce alla vera fede. Essi infatti insegnano tradizioni umane per la loro autoconservazione, e non la Parola di Dio affinché ogni uomo e donna credente trovi la Via che li porta ad una piena e personale comunione con Signore.

Wesley diceva: “La mia parrocchia è il mondo”, e aveva ragione; non vi può essere che una sola grande e immensa parrocchia che comprende tutti i credenti che hanno fede nell'Unico vero Dio, che lo amano con tutto il loro cuore e che amano il loro fratello con lo stesso amore, ovunque esso si trovi e a qualunque denominazione o fede appartenga.

I veri credenti devono perciò avere il coraggio di lasciare che i religiosi, guide cieche di ciechi, servano il loro signore, il principe di questo mondo, senza rimanere confusi dalle parole di queste guide terrene, perché i veri credenti, i figli di Dio, hanno un unico Pastore che è Gesù Cristo, che pur essendo il figlio di Dio, è morto in croce, senza onori e senza aver mai usato un solo grammo del suo potere eterno, pur avendo tutte le legioni angeliche del Padre a sua disposizione (Mt 26:53).

Ecco il perfetto esempio di fede; ecco come devono essere un uomo e una donna di fede quando si presentano davanti ai loro fratelli e alle loro sorelle per annunciare il messaggio dell'Evangelo.

Non dobbiamo mai fidarci di coloro che siedono sugli scranni più elevati, e per questo sono onorati dal mondo e dai loro governanti come: “le massime autorità religiose”;

dobbiamo piuttosto essere orgogliosi di essere dei semplici credenti del nostro Signore Gesù Cristo, perché quella è l'unica cosa che conta agli occhi di Dio: la nostra personale fede nel Signore e l'amore che ci lega a lui e ai nostri fratelli in Cristo. 

seconda parte

2) La fede cristiana: tanti mezzi per un unico fine.

La Bibbia, la guida di ogni credente, “il manuale del cristiano”, contiene tante testimonianze di fede, trasmesse da persone che hanno incontrato Dio per mezzo del suo Santo Spirito, e ne hanno reso testimonianza alle generazioni successive.

Nella Bibbia c'è tutto quanto un credente deve sapere per piacere a Dio, per fare la sua volontà, e quindi per essere salvato!

Nondimeno, la Bibbia ci mostra un unico grande fine da raggiungere, ma tanti mezzi per farlo!

Il fine supremo del credente, l'unico della persona di fede, in estrema sintesi è: “Ritrovare la piena e perfetta comunione con il proprio creatore”.

I mezzi per arrivare a questa meta sono descritti e insegnati nella Bibbia, e sono davvero tanti, perché tante sono le strade che portano il credente a (servire) Dio; nondimeno, il punto finale è uno solo, e il credente attento non deve commettere l'errore di confondere l'unico fine con uno dei tanti mezzi (insegnamenti) che la Bibbia ci dà per raggiungerlo.

A titolo di esempio cito la predicazione di Gesù, che era chiaramente volta a far comprendere e accettare il Regno di Dio agli uomini; per fare questo Gesù si serviva spesso di segni potenti (i cd miracoli), che tuttavia rimanevano dei semplici mezzi, degli strumenti attraverso i quali Gesù dimostrava la sua potenza e la sua legittimità di figlio di Dio. Detto in parole povere, Gesù non faceva miracoli perché i suoi discepoli imparassero a farli a loro volta, o perché così acquistava popolarità e consenso, ma piuttosto perché, attraverso i miracoli, testimoniava che la potenza di Dio era in lui, rafforzando così la sua predicazione dell'Evangelo di salvezza, che è il fine vero per cui lui si è fatto uomo.

Torniamo però al fine unico del credente: “Ritrovare la piena e perfetta comunione con il proprio creatore”; tutti conosciamo la storia di Adamo ed Eva e del peccato originale. Si tratta di un'allegoria, che tuttavia descrive il rapporto di comunione tra Dio, il creatore, e l'uomo, la sua creatura, com'era in origine, prima del peccato originale, ossia prima della ribellione dell'umanità al suo creatore.

Non solo nell'ebraismo/cristianesimo e nell'islam esiste quello che molti considerano “il mito della creazione”; ossia un'entità superiore che è scesa sulla terra per dare vita alla civiltà umana (creare l'uomo, o nelle sue varianti, istruire l'uomo ad uscire dallo stato selvaggio), ma questo mito è presente in tutte le culture e tradizioni umane, in diverse parti della terra. Un altro fattore comune a diverse tradizioni è la ribellione dell'uomo a questa entità superiore, e quindi la rottura della comunione idilliaca che c'era alle origini.

Rimanendo in ambito cristiano, noi possiamo dedurre che ci fu un tempo in cui Dio e l'uomo (Adamo lo dobbiamo leggere al plurale, come la prima società umana, piuttosto che non un singolo individuo) vivevano fianco a fianco, in un luogo ideale (giardino dell'Eden), di cui Dio si prendeva cura, senza che l'uomo avesse alcun bisogno non soddisfatto pienamente, primo fra tutti quello di vivere in eterno, al riparo da malattie, guerre, carestie e quant'altro è poi arrivato nel mondo.

Questo stato di dipendenza, tuttavia, poiché l'uomo dipendeva in tutto e per tutto da Dio, come un neonato dipende dai suoi genitori, ad un certo punto cominciò a stare stretto all'uomo; infatti la Bibbia ci narra che, spinto da un certo serpente, un nemico di Dio, un altro essere, superiore all'uomo e in concorrenza con Dio, l'uomo stesso comincia a chiedersi perché lui debba sottostare alle decisioni di Dio, senza poterle discutere?

La conoscenza del bene e del male, ossia la capacità di giudizio, o l'autodeterminazione, è ciò che un certo punto l'uomo desidera per sé, più di ogni altra cosa al mondo! Il desiderio di autodeterminarsi spinge l'uomo alla ribellione al suo Dio, e questo anche a costo delle gravi conseguenze che poi dovrà patire per questo suo gesto (la morte, le malattie, i dolori e le tante sofferenze e peripezie!).

La ribellione (il peccato di Adamo) spezza la comunione dell'uomo con il suo creatore; Dio lascia andare l'uomo, non lo distrugge, e tuttavia non lo abbandona completamente, ma gli concede un lungo tempo affinché lui comprenda il suo errore, si ravveda e ritorni al suo creatore.

La parabola del figliol prodigo esprime bene questo concetto, che Gesù ha cercato in tutti i modi di trasmettere ai suoi discepoli.

Nella Bibbia, infatti, e in particolar modo nei Vangeli e nel NT, si sottolinea molto il messaggio di salvezza portato da Cristo all'umanità, mediante il suo sacrificio: “Credi e sarai salvato”!

Questo in sintesi, poiché dietro la fede che salva, dietro la grazia di Dio per l'umanità che si ravvede, dietro il grande amore di Dio Padre per tutti i suoi figli ribelli che si pentono, c'è anche dell'altro, che noi solitamente non consideriamo a pieno.

Credere per essere salvati, va bene, è ciò che ci viene insegnato, perché è ciò che più ci interessa nell'immediato. La Bibbia spende poco tempo a descrivere come sarà il Regno dei Cieli, così come in verità non era descritto troppo dettagliatamente il Giardino dell'Eden. Dopo la loro risurrezione, i credenti, vedranno con i loro occhi le meraviglie che Dio ha riservato loro, e fare speculazioni sul come sarà, ora ha poca importanza, tuttavia, è importante che noi comprendiamo bene che, il pensare solo alla nostra salvezza, è soltanto una parte del progetto che Dio ha per noi.

Ritrovare la piena e perfetta comunione con il proprio creatore”, questo fine unico, comprende anche l'aspetto del nostro rapporto con Dio! Abbiamo creduto a Gesù Cristo e quindi siamo stati salvati, ok! Poi però cosa succede?

Ritorniamo ad Adamo e chiediamoci: “Perché Adamo (l'antica umanità), pur avendo già tutto ciò di cui aveva bisogno, per il fatto d'essere già in paradiso (terrestre), ha sentito la necessità di ribellarsi a Dio?”

Certo il serpente (il diavolo) ha giocato un ruolo importante in tutta la vicenda, tuttavia, questo non basta a spiegare il comportamento di Adamo. Se io ho tutto ciò che desidero, ben difficilmente qualcuno potrà tentarmi, al punto di ribellarmi a colui che mi assicura e mi assicurerà in eterno tutto ciò di cui ho bisogno!

Perché dunque Adamo si è ribellato lo stesso? A questa domanda è difficile dare una risposta, se non ricorrendo all'unica spiegazione che la Bibbia ci da: “L'uomo voleva essere come Dio, ossia voleva essere lui dio, e non voleva più dipendere da qualcun'altro sopra di lui!”

Se le cose stanno così, però, cosa ci assicura, o meglio cosa assicura Dio, che una vola risuscitati gli uomini (credenti) e portati nel nuovo paradiso (il Regno dei Cieli), questi non si ribellino un'altra volta? Certo Dio non vorrà imporre con la forza la sua volontà, così come non ha mai voluto imporla finora, ma ha lasciato l'uomo libero (da Adamo ad oggi) di decidere della sua vita terrena; possiamo mai immaginare che una volta nel Regno dei Cieli, Dio imporrà con la forza la sua volontà ai risorti? È evidente che no!

Noi vogliamo la salvezza (ossia la vita eterna), ma Dio vuole la nostra fedeltà: ecco la spiegazione piena e completa del “Ritrovare la piena e perfetta comunione con il proprio creatore”!

Dio e l'umanità redenta, diverranno una cosa sola! Nel Regno dei Cieli, la volontà di Dio e quella dei risorti saranno una, e quest'unione non sarà determinata, né mantenuta, dalla forza (di Dio), né dalla sua autorità, bensì dal vincolo indissolubile dell'amore, che è alla base della salvezza offerta all'umanità. Soltanto l'amore dura in eterno, ci dice l'Apostolo Paolo, e soltanto l'amore è il legame che non può essere spezzato da altri interessi.

Adamo, pur essendo un essere perfetto, non amava Dio; tanto più l'umanità, creata in Adamo, è soggetta a desideri e passioni che vanno oltre il legame tra Dio e l'uomo, così benché essere perfetto, l'uomo adamitico alla prima sollecitazione (tentazione), ha spezzato il legame di dipendenza con il suo dio, l'amore invece è un legame eterno, proprio perché provato sulla pelle dei singoli credenti nel corso della loro vita terrena.

Il legame dell'amore ha però un grande limite: l'amore non si può imporre, non si può, né creare, né mantenere artificialmente; neanche Dio lo può fare, perché quando l'amore è imposto e non è spontaneo, non è più amore, ovviamente!

Allora possiamo comprendere quelle frasi della Bibbia che ci lasciano perplessi, come i “Molti sono i chiamati ma pochi gli eletti”;

possiamo comprendere il lungo tempo prima del ritorno di Cristo, che i primi credenti si aspettavano per l'indomani, e che invece non è ancora arrivato;

possiamo comprendere la difficoltà di trovare persone che abbiamo veramente amato Dio (e il prossimo) in modo inequivocabile, passando attraverso anche dure prove se necessario, ma che per questo abbiano dato prova di amare senza più dubbi, ripensamenti, o quant'altro potrebbe indurli a ribellarsi nuovamente, una volta giunti nel Regno dei Cieli.

Detta un po' brutalmente, ma in modo che sia chiaro ed efficace: Dio, prima di portare qualcuno nel Regno dei Cieli (dopo l'esperienza negativa di Adamo), questa volta vuole essere ben sicuro che il credente, una volta risorto, sia un elemento affidabile, che non si ribellerà ancora, come fece il suo antenato! Per questo motivo Dio ha vagliato miliardi di individui prima di raggiungere il numero stabilito (che solo lui conosce) di persone che dovranno abitare nel Regno dei Cieli, anche perché lui non ha fretta (l'Eterno vive già al di là del tempo!)

Qualcuno di voi ci rimarrà male e metterà in dubbio questa mia interpretazione; tutti quelli che nel cuore covano ancora una certa ribellione sicuramente diranno che le cose non stanno così...

L'uomo Adamitico, uomo già perfetto, è stato ribelle, l'uomo nuovo, rinato in Cristo non può più essere ribelle, perché, così come Gesù Cristo è stato sottomesso a Dio Padre fino alla morte in croce, così chi rinasce in lui, deve essere sottomesso in tutto a Dio, non per forza o interesse, ma per amore; il credente nato di nuovo ha inchiodato il suo vecchio io carnale sulla croce di Cristo, e ora vive in Cristo, felice di essere in Cristo, perché vinto da un amore senza fine per lui, e anche per il suo prossimo, poiché chi giudica se stesso maggiore del suo prossimo, è segno che in realtà non ha ancora rinunciato completamente al suo vecchio io, come ci spiega Gesù: “Chi vuole venire dietro a me, rinuncia a se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.

Prima della propria morte, il credente deve aver compiuto questo passo decisivo, altrimenti non potrà entrare nel Regno dei Cieli!

Il tempo della grazia è qui ed ora, poi (dopo la morte) inizia il giudizio; chi non avrà amato completamente Dio, non entrerà nel Regno dei Cieli, semplicemente perché Dio non impone a nessuno di amarlo, ossia di essere completamente sottomesso a Dio, affinché lo Spirito Santo possa dimorare in lui completamente, ma lascia ognuno libero di fare la sua scelta.

La porta per cui entrare è veramente stretta, non perché Dio sia cattivo e non voglia far entrare i suoi figli, ma soltanto perché lui non può far entrare coloro che non lo accettano interamente, conformandosi completamente a lui, ossia rinunciando ad ogni possibile ribellione futura, sul modello di quella di Adamo.

I mezzi per raggiungere questo fine sono descritti in modo ampio nella Bibbia, e non sto qui ad elencarli; ciò che conta, come ho già detto, è discernere i mezzi dal fine; è importante non confonderli, perché soltanto chi raggiunge il fine, usando il/i mezzi che Dio gli avrà messo a disposizione, riuscirà ad arrivare alla piena comunione con il Creatore, mentre chi si concentra sui mezzi soltanto, ma perde di vista il fine, fatica a raggiungere la piena comunione con il suo Creatore e rischia pure di non riuscirci.

Per gli altri, coloro che non hanno creduto nel messaggio di Gesù Cristo, decidendo di continuare la ribellione di Adamo, Dio deciderà lui cosa fare di loro, non sta certo a noi esprimere un giudizio al suo posto, e tuttavia, saremmo dei cattivi testimoni se non testimoniassimo la verità contenuta nella Bibbia, per quanto dura e impopolare essa sia.

L'uomo ha un cuore ribelle per la sua natura adamitica, e certo questo non gli facilita il compito di salvezza, perché i ribelli non sopportano di dover dipendere da un dio che pensa e decide per loro (uomini adamitici), però tutti coloro che hanno accettato di mettersi nelle mani di Cristo con tutto il loro cuore (uomini nati di nuovo in Cristo), quelli comprendono cosa significhi appartenere a Dio e lasciare che lui agisca in noi attraverso il suo Spirito Santo (Non più io ma Cristo, ha scritto il noto credente cinese Nee Too Chen, autore di alcuni libri di testimonianza).

La fede (quella vera) allora produce l'effetto di annullare l'uomo carnale e far sorgere l'uomo spirituale; la religione purtroppo è la peggior espressione dell'uomo carnale, perché da una parvenza (un inganno) di salvezza, ma essa, con tutte le sue pratiche esteriori, muore con il corpo e condanna l'anima alla morte eterna.

Il consiglio che do, è quello di pregare Dio perché ci faccia comprendere, ma soprattutto, accettare i suoi insegnamenti, come un bambino accetta senza discutere gli insegnamenti dei genitori (il Regno dei Cieli è di chi è come i bambini);

chiedete a Dio di liberarvi da ogni desiderio di ribellione adamitica, che è la porta attraverso la quale entra il peccato in voi, e quindi con lui la morte. Infatti, non vi è che un solo peccato, quello di ribellione a Dio! Tutti gli altri sono la conseguenza di questo primo, unico, grande peccato. La fede in Gesù Cristo ci permettere di afferrare la grazia preveniente di Dio, che in Gesù Cristo ha già cancellato il nostro peccato di ribellione, ci riconcilia con Dio e ci ridona la comunione di Spirito con lui.