Formalismo: religione v fede

Testi: Matteo 15:1-9

 

Religione e Fede sono sinonimi, e spesso sono usati in modo alternativo, però non sono la stessa cosa; a volta succede che coincidano, ma non è sempre così. La tradizione umana e della Chiesa ha teso ad equiparare le due cose, ma come possiamo vedere dalle parole di Cristo, non è così che funziona!

Semplificando al massimo potremmo dire che Dio ha creato la fede, mentre l’uomo l’ha trasformata in una religione!

La cd “Legge di Mosè” data da Dio a Mosè sul monte Sinai racchiude un complesso di norme e prescrizioni di varia natura (etica, civile, penale, medica, etc.) destinate a regolamentare prima di tutto il rapporto tra Dio e il suo Popolo e poi le relazioni all’interno dello stesso popolo.

I dieci Comandamenti, che poi sono la sintesi di tutta la Legge (Es 20), regolano il culto che l’uomo deve rendere a Dio (i primi cinque), ma anche i comportamenti che gli uomini devono avere fra di loro (i secondi cinque); Gesù Cristo poi sintetizza ulteriormente i 10 Comandamenti in due soli Comandamenti: “Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti” (Mt 22:37-40)

Gesù quindi, nel suo ministero terreno, richiama al messaggio fondamentale che è alla base del rapporto tra Dio e l’uomo, ossia l’amore che lega Dio Padre ai suoi figli; lo fa ben consapevole che l’uomo del suo tempo, e di ogni tempo, è sempre propenso a dimenticare, a trascurare ad ignorare, questo legame di natura spirituale, per sostituirlo invece con uno di natura più materiale, perché più facile da comprendere e quindi praticare.

Se anche con la Legge Mosaica Dio aveva l’obiettivo di istruire il suo popolo e quindi di semplificargli il compito, fornendogli una serie di indicazioni cui attenersi per essere a Lui gradito, il tutto però era propedeutico al rapporto d’amore che doveva esserci tra la creatura umana e il suo creatore, che doveva sempre essere al primo posto, proprio perché l’amore è un sentimento che viene dal cuore e non può essere né regolamentato, né tanto meno imposto, ma deve nascere spontaneo come conseguenza di un legame intenso, vissuto intimamente fino in fondo.

Che Dio ci chieda di amarlo riponendo in Lui la nostra fede, lo possiamo capire quando si presenta a noi non apertamente, bensì attraverso le testimonianze di fede dei credenti che ci hanno preceduto; la fede è: “… certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono”? (Ebrei 11:1). La prova della presenza di Dio dipende dunque dalla fede che noi poniamo in Lui, e soltanto la risposta che otteniamo alle nostre preghiere ci conferma la presenza costante di Dio, che sta accanto a coloro che lo amano, credono in Lui, quindi lo cercano e vivono la loro vita in comunione con Lui. Per questo non c’è Legge che valga; non serve una legge che mi dica come amare qualcuno!

Troppo spesso però l’uomo, creatura carnale, fatica ad amare qualcuno che non vede, di cui non percepisce la presenza, perché si nasconde, o meglio, che si rivela soltanto a certe condizioni. Pensate a quanto sia difficile anche solo stare lontani per un lungo periodo da una persona che amiamo. Dopo un certo tempo tendiamo a dimenticarla e a trovare qualcun altro che possa sostituirla; quante sono le separazioni e i divorzi perché i coniugi stanno troppo tempo lontani l’uno dall’altro magari per ragioni di lavoro?

Ecco allora che anche per la fede serve qualcosa di ben più fisico e sempre presente, che non un Dio Spirito che vive nei cieli e lontano dalla vita quotidiana degli uomini. Così nasce la religione con tutte le sue norme, i suoi riti e la sua fisicità.

Poiché fin dal lontano passato la religione è stata affiancata alla fede per meglio trasmettere la volontà di Dio agli uomini, ecco che molto spesso ha finito per prendere il posto della stessa fede. Gli antichi Israeliti erano senza dubbio un popolo molto legati alle norme della Legge, ancor più di quanto possiamo esserlo noi Cristiani, essendo stati noi affrancati dalla Legge proprio da Cristo, e tuttavia anche noi cristiani delle diverse denominazioni, chi più chi meno, abbiamo tutti ereditato dai nostri antenati di fede ebraici, la tentazione di sostituire la fede con la religione. Riti, precetti, formule, dogmi e gesti di varia natura, nel tempo sono diventati centrali nel culto di quasi tutte le denominazioni cristiane. Ora queste forme esteriore e materiali dovrebbero essere soltanto l’espressione visibile di una profonda fede interiore, e per questo invisibile, ma tutti noi sappiamo che così non è nella maggior parte dei casi.

Così Gesù arriva a dire: “Ipocriti, ben profetizzò Isaia di voi quando disse: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti d'uomini”. (Matteo 15:7-9) Lo dice agli Ebrei, ma in verità parla a tutti noi, perché anche noi cristiani cadiamo spesso e volentieri nel rischio del “formalismo religioso”, ogni volta che mettiamo la religione al posto della fede, e pensiamo per questo di essere a posto con la nostra coscienza, e quindi con Dio, per il solo fatto di aver osservato una serie di riti e formule liturgiche.

Le parole rivolte da Gesù ai Farisei, mettono in risalto quanto il Signore rigetti la forma che sostituisce la sostanza; una condotta improntata ad un vuoto formalismo, anziché su realtà interiori vere e non poggiate sulla propria giustizia. Gesù, che conosceva molto bene i cuori, denunciò la loro ipocrisia, condannandola censurando il loro voler apparire "migliori di altri".

Nella vita spirituale (e non solo) nulla è deleterio come il formalismo; esso, sebbene possa offrire all'esterno un'immagine di rettitudine e integrità, produce nel cuore dell'uomo un distacco da Dio, perché basato sul proprio orgoglio e non sul sincero desiderio di servire Dio con tutto il nostro essere.

Quello che ne risulta agli occhi di Dio è un culto vuoto, vano e ipocrita, lontano da una vera comunione fondata sulla fede e sull'amore per il nostro Salvatore.

Come ho detto però, i Farisei del testo citato sono un modello negativo valido per tutti i tempi: infatti, anche ai nostri giorni i formalisti della fede non mancano di certo all’interno di tutte le confessioni e le chiese cristiane!

Riti, gesti e formule vuote diventano un’abitudine, e anche inconsapevolmente, molti credenti li compiamo credendo così facendo di osservare pienamente la volontà di Dio; purtroppo così non è!

Coloro che hanno sperimentato la grazia per mezzo dell'Evangelo e vivono in essa, non abbisognano di riti e formule vuote per compiacere Dio, perché i veri credenti devono rimanere ancorati alla Parola del Signore e confrontarsi con questa per poter vivere una vita "piena" della potenza di Dio.

La vera adorazione di Dio la possiamo fare solo con un culto a Lui gradito che lo onori, e che è fatto da cuori che lo amano, perché rigenerati dalla Sua Parola. AMEN