"Franchising"
Testi: Matteo 13:44-46
Proviamo oggi a rispondere a queste domande: “Che cosa vuole Dio da noi?”
“Che cosa si aspetta Dio da noi?”
“Che cosa si aspetta che noi facciamo per Lui?
La risposta non è affatto scontata, come potrebbe sembrare a prima vista. Se la stessa fosse chiara a tutti gli uomini, o almeno ai credenti, non si spiegherebbe la profonda crisi vocazionale che stiamo attraversando, non avremmo i tanti dubbi e le incertezze che costellano la condizione umana dei nostri giorni, né tantomeno dovremmo assistere ai drammi che sconvolgono la nostra quotidianità, in una società dove la fede cristiana e l’etica che da essa deriva, è sempre più messa in discussione.
Che cosa vuole Dio da noi? O meglio: Quale deve essere il nostro rapporto con Dio?
Molto spesso Gesù, quando doveva parlare del Regno di Dio, ovvero delle cose che coinvolgono la dimensione celeste, faceva ricorso a parabole per descriverle, e questo perché, quando si parla di cose prettamente terrene, tutti noi siamo capaci di comprenderle per esperienza diretta, avendole ogni giorno sotto i nostri occhi, ma quando si parla di cose riguardanti una realtà misteriosa com’è il Regno di Dio, a cui nessun umano vivente è mai potuto accedere, la sua descrizione risulta molto meno semplice.
Se anche il figlio di Dio, che pure aveva visto questa realtà, doveva far ricorso a parabole per descriverla, tanto più noi, umili umani che parliamo non per visione o esperienza diretta di queste cose, bensì “per fede” e per averne sentito parlare a nostra volta, dobbiamo utilizzare delle immagini che possano rendercele accessibili.
Certamente, parlando del Regno di Dio, Gesù faceva ricorso ad immagini del suo contesto storico, quello di un popolo di pastori, pescatori, contadini, artigiani;
un mondo rurale di duemila anni fa, e le sue immagini del campo, della perla, del seme di senape, erano molto appropriate per rendere l’idea, ma oltre a questo dobbiamo osservare che erano anche molto efficaci, proprio perché coinvolgevano profondamente i suoi ascoltatori.
Oggi a noi, che abbiamo letto e meditato le Scritture, queste immagini, o parabole, appaiono altrettanto chiare nel loro significato, proprio perché le abbiamo apprese, e tuttavia il nostro contesto, molto diverso da quello di Gesù, ce le rende meno efficaci.
Se Gesù fosse qui oggi, nella nostra epoca, molto probabilmente ricorrerebbe ad immagini molto diverse per spiegare le cose celesti e il Regno dei Cieli; immagini più coinvolgenti per la nostra sensibilità ed esperienza.
Così, volendo dare una risposta alla domanda: “Cosa vuole Dio da noi? Quale deve essere il nostro rapporto con Dio? Dobbiamo essere in grado di trovare un’immagine che ci coinvolga e susciti in noi la giusta emozione, perché altrimenti rischiamo di cadere anche noi nell’errore più comune, quello che molti credenti oggi commettono, ciò il ritenere che, poiché la società umana di oggi è molto cambiata rispetto a quella dei tempi di Gesù, Dio si aspetti da noi cose diverse rispetto ad allora, e che quindi le Chiese oggi debbano trovare risposte diverse, adeguate ai presunti tempi mutati.
Dio invece è sempre lo stesso, ieri oggi e sempre e si aspetta dall’umanità sempre le stesse cose (“ogni buona donazione, ed ogni dono perfetto, è da alto, discendendo dal padre dei lumi, nel quale non vi è mutamento, né ombra di cambiamento”, Giacomo 1:17);
quello che dobbiamo cambiare allora, è piuttosto il modo di comunicare il volere di Dio, di descrivere il nostro rapporto con Lui, sapendo utilizzare immagini nuove, nuove parabole, che possano descrivere in modo efficace e coinvolgente il Regno di Dio agli uomini e alle donne del XXI°.
Riflettendo su questo non facile compito, sul giusto modo di rispondere a questa domanda iniziale, ho trovato, o forse è meglio dire che lo Spirito Santo mi ha suggerito quest’immagine.
Il nostro legame con Dio è simile, o paragonabile, ad un contratto di Franchising o “affiliazione commerciale”!
Sapete tutti cos’è il franchising? Nato in America negli anni trenta, in Italia è stato regolato da una legge soltanto nel 2004, e questa legge spiega che il franchising è: “il contratto, fra due soggetti economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte (affiliante) concede la disponibilità all'altra (affiliato), di un insieme di diritti di proprietà relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, diritti d'autore, know how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l'affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi”
Cosa notiamo in questo nuovo tipo di contratto tra due parti, come lo sono tutti i contratti.
La prima cosa è che tra le due parti non c’è assolutamente un rapporto paritetico; da un lato abbiamo una grande società commerciale, a livello nazionale o spesso multinazionale, proprietaria in esclusiva di un marchio o di un brevetto, dotata di grandi risorse economiche, mentre dall’altra abbiamo un piccolo imprenditore, sconosciuto, spesso con mezzi molto limitati.
La seconda cosa che emerge è che il contratto tra i due non è il frutto di una contrattazione da cui poi è seguito un accordo, perché il contratto, preparato dalla grande ditta affiliante è firmato per adesione dal piccolo imprenditore affiliato, senza che questi possa modificarne il contenuto.
L’affiliato, firmando il contratto di franchising, si impegna a vendere esclusivamente i prodotti della grande ditta, in un negozio che avrà il marchio della ditta affiliante;
spesso è la ditta stessa che si occupa di scegliere, arredare e disporre la merce in negozio, per una questione di uniformità di immagine a livello nazionale/internazionale e l’affiliato non può apportarvi modifiche di sua iniziativa.
In pratica l’affiliato deve operare esattamente come vuole la ditta affiliante, assicurandosi di aver fatto tutto il necessario per vendere la merce, secondo un’ottica di profitto, perché altrimenti rischia che la ditta affiliante gli revochi l’affiliazione per non aver mantenuto un certo standard quali/quantitativo.
Vista così la cosa, il contratto di franchising per l’affiliato sembra una sorta di “contratto capestro”, dove a lui toccano i costi e i rischi d’impresa, mentre alla grande ditta solo i guadagni che ne derivano, senza lasciargli la minima libertà di decisione.
Perché mai un affiliato dovrebbe sottoscrivere un simile contratto? Potremmo chiederci allora.
Vedete cari fratelli in Cristo, per un piccolo imprenditore sconosciuto, senza molti mezzi economici e forse anche con una limitata esperienza, aprire in proprio un’attività, con il proprio nome, anche se può essere fonte di giustificato orgoglio, è anche un’impresa ardua e rischiosa;
affidarsi invece ad un brand molto conosciuto, di una società dotata di grandi capitali, che si fa carico di allestire l’attività in tutto e per tutto, lasciando all’imprenditore soltanto l’onere di gestirla secondo un canone prestabilito, rappresenta non di meno un enorme aiuto e anche la fonte di potenziali profitti, derivanti proprio, oltre che dal proprio lavoro, dallo sfruttamento del brand e dell’organizzazione nota e consolidata della ditta affiliante. In pratica l’affiliato non si deve inventare nulla di nuovo, ma semplicemente affidarsi all’esperienza e alla forza commerciale di una ditta consolidata, contro invece il rischio del fai da te.
Quando un uomo apre il proprio cuore a Gesù, cioè a Dio, si mette nelle sue mani e si trova di fronte un’entità talmente più grande di lui, che a volte è assalito da dubbi e preso da timore, perché come dice il salmista: “Che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché tu te ne prenda cura?” poi però, nello stesso salmo è altresì detto: “Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio e l’hai coronato di gloria ed onore” (Sal 8:4-5), Vedete allora che una volta entrati in società con Dio, da piccoli essere mortali, senza speranza e senza futuro, siamo elevati al rango di soci, con il Creatore dell’Universo. Vi pare poco?!
Certo quando accettiamo il Signore come nostro personale Salvatore firmiamo con lui un contratto per adesione; della Bibbia non possiamo cambiare una sola Parola, quella è, e quella rimane, ieri, oggi e sempre, e le interpretazioni, in caso di controversia, sono fatte dallo Spirito Santo e non dall’uomo, però nella Bibbia c’è scritto tutto quanto serve affinché la nostra società col Signore funzioni e dia molto frutto. E’ spiegato per filo e per segno, fin nei minimi dettagli, come dobbiamo organizzare la nostra vita, come ci dobbiamo comportare con Dio e con gli altri, e soprattutto quali sono i nostri compiti, la nostra missione di venditori della Parola di Dio, i metodi da utilizzare, che funzionano, perché sono collaudati da bravi venditori che ci hanno preceduto: dal fondatore della ditta, Dio Padre, al suo rappresentante più grande sulla terra, nonché erede della ditta, Gesù Cristo e al suo direttore marketing, lo Spirito Santo.
Il nostro negozio deve portare per forza le insegne di Cristo, e non certo le nostre; a noi chi ci conosce? Chi sa chi siamo noi? La Chiesa è di Gesù Cristo e basta, i prodotti, ovvero la Parola che predichiamo, è quella del suo Evangelo, il modo in cui lo facciamo deve essere quello esposto nella Bibbia; essere gentili, cortesi e disponibili con la clientela, ovvero amare il nostro prossimo come noi stessi, è fondamentale, perché Dio desidera che tutti diventino suoi clienti, vuole: “…che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (1 Tim 2:4). Lavorare sodo è necessario per il credente, come in ogni altra attività, testimoniare è il compito di ognuno di noi: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura…”, (Mc 16:15).
Il nostro negozio è potenzialmente sempre aperto, aperto a tutti e per tutti, nessuno viene mandato via: “Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Gv 6:37); anche i prezzi della merce sono fissati dalla ditta affiliante, “…è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio” (Ef 2:8), perciò sono molto convenienti.
Che cosa ci impedisce di diventare affiliati con Dio dunque?
L’orgoglio di fondare una nostra ditta personale, (vedasi sheilismo e altre religioni individuali), ci impedisce spesso di entrare in affiliazione con Dio e con Cristo;
più spesso è il desiderio di avere per noi tutto il profitto e non doverlo dividere con Dio;
altre volte è il non volere sottostare al contratto per adesione. Sì, la Bibbia sarà bella, ma questa parte non mi piace, o la cambio o non mi converto, il che è lo stesso, perché nel momento che cambio le condizioni del contratto, Dio rompe il franchising, e questo è anche uno dei motivi perché molte Chiese falliscono nella loro missione e si svuotano, calano drasticamente i fedeli, i clienti si dileguano, non perché il messaggio dell’Evangelo non funziona, non perché non attira più in una società che ha cambiato gusti, ma perché i gestori di quelle Chiese, avendo stravolto il contenuto del contratto, l’hanno loro reso inefficace.
Se io non ripongo la mia piena, totale e incondizionata fiducia in Dio, che dall’alto della sua immortale esperienza conosce meglio di chiunque altro questo e gli altri mondi, io non potrò mai avere successo nella mia attività di fedele, di credente!
A questo punto, è abbastanza chiaro cosa si aspetta Dio da noi?
Avete compreso quale deve essere il nostro rapporto con Dio?
Nel nostro contratto di franchising, nella Bibbia, è spiegato molto bene, fin nei minimi dettagli, basta osservarlo puntualmente così com’è, come ci è stato trasmesso, perché vi posso assicurare una cosa, quando c’è stato bisogno di modificare il contratto in qualche sua parte, Dio Padre ha mandato suo figlio Gesù Cristo a farlo, circa venti secoli fa, e quando c’è stato bisogno di chiarire alcuni punti oscuri nella sua interpretazione, ha mandato dei profeti a chiarirli, quali Lutero e Wesley, tanto per non citarne che due a noi tanto cari;
quindi cari fratelli in Cristo, abbiamo fiducia che Dio è ben vigile e attento a che il nostro contratto di franchising funzioni bene e dia i suoi frutti;
noi ci dobbiamo soltanto preoccupare e impegnare a fare il nostro dovere di buoni affiliati come Lui ci chiede. AMEN