Gesù Cristo re d'Israele
Testi: Matteo 21: 1-16
“Osanna al figlio di David!”; con questa acclamazione il popolo salutava l’ingresso trionfale di Gesù Cristo in Gerusalemme prima della sua passione.
Che cosa ha di veramente speciale questo momento?
Non è certamente la prima volta che Gesù Cristo raduna attorno a sé una folla molto numerosa; basti ricordare, fra i tanti, i miracoli delle moltiplicazioni dei pani e dei pesci dove rispettivamente 4.000 e 5.000 persone erano presenti all’evento.
Questa volta però è diverso, perché l’ingresso a Gerusalemme assume un significato preciso.
Non si tratta più di persone accorse per ascoltare Gesù in una delle sue tante predicazioni, né tanto meno siamo in presenza di “curiosi” che sperano di assistere ad un evento prodigioso in cui magari saranno coinvolti e ne avranno un qualche vantaggio;
qui la folla assume un ruolo attivo, non è più un semplice spettatore distratto mosso dalla curiosità, ma, dopo i tre anni passati da Gesù a predicare in lungo e in largo attraverso Giudea, Galilea e regioni limitrofe, la folla che è presente riconosce e accoglie Gesù quale Messia e Re d’Israele: “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei luoghi altissimi!”
Questo grida la folla entusiasta, e Gesù, che di solito è schivo e riservato nel suo agire, questa volta non si sottrae al clamore della folla che lo osanna, ma acconsente a ricevere gli onori che gli vengono tributati affinché si compiano le scritture che vogliono il Messia accolto in Gerusalemme come il re d’Israele: “Dite alla figlia di Sion: ecco il tuo re viene a te, mansueto…”.
Noi cristiani, tuttavia, siamo portati a guardare a questo fatto come ad un semplice preludio a quella che sarà poi la passione e la risurrezione di Cristo, e forse per questo non dedichiamo il giusto spazio all’avvenimento che, nella nostra tradizione, viene messo decisamente in ombra dagli eventi successivi.
Eppure per il popolo d’Israele questo giorno doveva rappresentare il compimento della promessa di Dio; il Cristo di Dio, il Messiah atteso per tanti secoli, preannunciato dai profeti, era finalmente giunto per salvare il popolo e ristabilire il Regno d’Israele, e una parte d’Israele lo stava accogliendo come tale.
Cosa fa Gesù dopo essere entrato in Gerusalemme?
I vangeli concordano sul fatto che Egli si reca al Tempio, anche se il vangelo di Giovanni differisce circa l’ordine degli avvenimenti, Gesù si reca nel tempio come è naturale che il Messiah faccia, poiché il Tempio non è solo il centro della fede d’Israele e il simbolo stesso del Patto di Dio con il suo popolo, ma, cosa ora più importante, il Tempio è la dimora di Dio sulla terra, e il brano proposto oggi, e su cui voglio invitarvi a meditare, ci dice proprio questo.
Gesù Cristo entra in Gerusalemme come Messiah, è riconosciuto ed osannato dalla folla che lo acclama re, ed Egli accetta tale riconoscimento; dunque entra nel Tempio non come farebbe un qualunque fedele, come aveva fatto in altre occasioni, ma questa volta vi entra come “padrone di casa”!
Egli è il Figlio di Dio e come tale il Tempio è di diritto la sua dimora e non esita a scacciare da casa sua tutti coloro che per troppo tempo avevano abusato della sua dimora stravolgendone la funzione: “E’ scritto: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate un covo di ladri”.
Bene cari fratelli in Cristo proviamo per una volta a fermarci qui, senza saltare subito alla conclusione che tutti noi conosciamo, ovvero la passione e la risurrezione di Gesù, ossia la nostra Pasqua.
Fino a questo momento tutto procede esattamente come era stato preannunciato dai profeti;
la promessa di salvezza annunciata da Dio per il suo popolo Israele si sta compiendo, il Re, l’erede di Davide è tornato e si sta apprestando a ristabilire il Regno d’Israele;
dopo che lo Spirito di Dio aveva abitato in passato nel luogo santo del Tempio, come è scritto nel 1° Re 8:10-11 “Mentre i sacerdoti uscivano dal luogo santo, la nuvola riempì la casa del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per farvi il loro servizio, a causa della nuvola; perché la gloria del Signore riempiva la casa del Signore.” ora il Signore è tornato nella persona di Gesù Cristo figlio di Davide e figlio di Dio!
Secoli e secoli d’attesa per questo evento così importante, così cruciale per il popolo d’Israele ed ecco che ora si sta compiendo tutto nel giro di pochi giorni, forse poche ore.
Parafrasando il titolo di un famoso film, possiamo definire questo momento come “i giorni che cambiarono il mondo”.
E il mondo l’anno cambiato veramente; proviamo infatti ad immaginare cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente da come sappiamo.
Cosa sarebbe successo se gli scribi ed i farisei e gli anziani d’Israele in generale, cioè coloro che gestivano in quei giorni il sia pur limitato potere lasciato dai Romani ad Israele, avessero preso una diversa decisione circa la sorte di Gesù?!
Se invece di arrivare alla conclusione che Caiafa sintetizza nella famigerata frase: “…non riflettete come torni a nostro vantaggio che un uomo solo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione” (Gv 11:50), avessero invece anche loro riconosciuto Gesù come il Messiah e si fossero riuniti attorno a Gesù con tutto il popolo contro gli occupanti Romani?
Cosa sarebbe successo allora?
Evidentemente non lo sapremo mai perché qui siamo solo nel campo delle ipotesi, o se preferiamo della fantapolitica.
Tuttavia, alcune considerazioni le possiamo fare perché fino a quel momento la salvezza era ancora un appannaggio esclusivo del popolo d’Israele;
Gesù era il Re d’Israele ed era pronto a portare a compimento la promessa del Padre, bastava veramente poco affinché tutto si compisse, ma ancora una volta gli interessi egoistici di pochi, come era già accaduto altre volte in passato, finirono per prevalere sugli interessi di un intero popolo che fu ingannato e sviato per mano dei loro capi.
Così davanti ad un popolo che dalla spontaneità del proprio cuore aveva riconosciuto in Gesù il Cristo, e l’aveva accolto con gioia ed allegrezza come il suo Re e Salvatore, un gruppo di persone rese cieche e sorde dalla brama di una illusoria tranquillità che lo status quo sembrava dare, non hanno esitato a barattare la salvezza di un intero popolo con la loro.
Così come Esaù vendette la primogenitura per un piatto di lenticchie (Ge 27:36), anche i capi dei Giudei cedettero la salvezza preparata da Dio per Israele, ai Romani, in cambio della loro miserabile ed effimera salvezza!
E così noi stranieri siamo entrati a far parte del popolo di Dio a spese di coloro che per primi erano stati chiamati a farne parte, come dice l’apostolo Paolo in Rm 11:17 “…alcuni rami sono stati troncati, mentre tu che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa dell’olivo…”
Un Re tradito e venduto dai capi del suo popolo è diventato il Re di un nuovo popolo, ma qui comincia già l’altra storia, la storia che ben conosciamo e che ci vede testimoni e protagonisti tramite la croce di Gesù Cristo, e la Pasqua di Risurrezione.
Permettetemi allora di esprimere un rammarico e un cordoglio per il popolo d’Israele, questi nostri fratelli maggiori che hanno pagato, e stanno ancora pagando, per una colpa che pochi di loro commisero, ma le cui conseguenze sono ricadute su tutti loro per generazioni e generazioni, e di cui noi cristiani abbiamo spesse volte le responsabilità maggiori.
Ogni uomo è libero di giudicare secondo la sua propria coscienza e quindi di ritenere, come molti hanno fatto in passato, che gli Ebrei fossero in qualche modo responsabili della morte di Gesù, ma io preferisco identificare il popolo Ebraico con coloro che accolsero Gesù Cristo stendendo i loro mantelli, tagliando rami di palma e gridando osanna al suo passaggio, riconoscendo in lui il vero Messiah, il figlio di Davide;
e non con quel piccolo gruppo di persone che spinti da interessi di potere lo tradirono e lo vendettero ai Romani, ingannando così il popolo Ebraico.
E’ vero che se le cose fossero andate diversamente, forse noi cristiani oggi non saremmo qui, però credo che noi oggi dobbiamo molto al popolo d’Israele, e anche se la grazia e la salvezza ci vengono da Gesù Cristo per il fatto di avere avuto fede in lui, non dobbiamo dimenticarci di coloro che solo a causa di un tradimento perpetrato a loro danno sono stati, per ora, allontanati dalla salvezza, aprendo così a noi la via della salvezza.
Non sempre chi detiene il potere compie le scelte giuste, a volte sbaglia in malafede compiendo scelte nel suo personale interesse, altre volte commette errori in buona fede credendo di fare la cosa giusta;
non sta a noi di giudicare se i capi d’Israele fossero o meno in malafede quando tradirono Gesù, ma noi oggi comprendiamo che quella fu una scelta contraria ai veri interessi del popolo d’Israele e che quella scelta ha pesato oltremisura sul destino del popolo d’Israele con una catena interminabile di persecuzioni di cui la Shoà della 2GM e i tragici eccidi che avvengono attualmente nel nuovo stato d’Israele, sono solo gli ultimi due anelli.
Per queste ragioni mentre oggi noi cristiani siamo riuniti nelle chiese di tutto il mondo per celebrare la Pasqua di risurrezione del Signore e nei nostri cuori riviviamo il momento in cui Gesù entra in Gerusalemme come un semplice passaggio del suo destino di Salvatore del mondo, ricordiamoci in modo particolare del popolo d’Israele, quello stesso popolo che accoglieva festante Gesù a Gerusalemme, e preghiamo affinché Dio Padre non perduri nella sua ira, ma si ricordi dei suoi figli Israeliti, nostri fratelli maggiori, e li riconduca a sé attraverso Gesù Cristo, il Messia e il Re d’Israele. AMEN