Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo

Testo: Luca 10: 1-12; 17-20

 

Il passo del Vangelo proposto oggi merita qualche riflessione in più di quelle che solitamente gli dedichiamo;

siamo infatti abituati a immaginare Gesù che si muove tra la Giudea e la Galilea con il suo “piccolo seguito”, di dodici Apostoli.

Anche le numerose rappresentazioni cinematografiche sulla vita di Gesù ce lo presentano come un tipo quasi solitario, attorniato dai suoi discepoli, o al più da qualche donna caritatevole che si prendono cura di lui e degli Apostoli stessi.

Il primo aspetto che emerge invece da questo brano della Scrittura è che il gruppo che seguiva Gesù non era affatto piccolo; al contrario, i suoi discepoli erano numerosi già prima della sua crocifissione.

Il secondo aspetto che possiamo notare è che Gesù non era affatto un predicatore solitario come Giovanni Battista che si rifugiava nel deserto, ma bensì un accorto organizzatore e divulgatore;

oggi diremmo che aveva alle spalle una buona organizzazione che gli preparava il terreno e curava la sua immagine pubblica.

Gesù stesso si lamentava che l’organizzazione sia pure in crescita non era abbastanza grande per poter svolgere tutto il lavoro: “la messe è grande ma gli operai sono pochi” diceva.

Il terzo aspetto che ci appare è che già ai tempi di Gesù Cristo in terra, la sua chiesa si stava dando delle regole e un’organizzazione che verranno successivamente solo consolidate, ma non create ex novo dagli Apostoli dopo la morte e risurrezione di Cristo.

Qual è l’importanza di questi particolari che spesso tendiamo a trascurare?

Questo passo della Scrittura oggi ha una grande importanza perché ci rivela alcuni aspetti della figura di Gesù Cristo che la nostra società attuale tende a sottovalutare se non addirittura ad ignorare e a nascondere.

Cristo come noi lo professiamo “Vero Dio e vero uomo”, ci ha predicato il suo Evangelo non come una “astratta filosofia di vita”, fuori dallo spazio e dal tempo, ma come una cosa concreta e reale che si sviluppa nella realtà quotidiana; che deve confrontarsi con essa, scontrandosi non solo con le difficoltà e con le opposizioni del mondo, ma che deve anche fare i conti con la più banale, ma non meno importante, esistenza quotidiana.

Gesù impartisce ai suoi discepoli non solo grandi insegnamenti teologici, ma anche disposizioni pratiche e semplici regole di comportamento, come farebbe ciascun uomo accorto nel condurre la sua casa, o se preferiamo come si comporterebbe un amministratore o un gestore di una impresa.

Non essendo stati testimoni diretti di Gesù come lo furono i primi discepoli, a noi risulta più facile immaginare Cristo come “vero Dio” anche se crediamo che egli fu uomo come lo siamo noi;

per i contemporanei di Gesù egli era una persona ben reale, una persona in carne ed ossa prima ancora di essere il “figlio di Dio”.

A distanza di duemila anni le cose sono cambiate profondamente; se per i primi discepoli contemporanei di Gesù era richiesto un atto di fede che consisteva nel credere che quell’uomo chiamato Gesù di Nazareth era il Cristo di Dio; per le generazioni successive e per noi oggi, il nostro atto di fede è di credere nella potenza salvifica di Cristo senza averlo mai visto ma solo attraverso il contenuto delle Scritture.

Due tipi di fede solo apparentemente diverse, ma che in realtà sono le due facce della stessa medaglia: credere in Cristo come unico mezzo di salvezza; credere nella sua realtà di Dio che si è fatto uomo come noi, che è morto e che è risorto per ritornare al cielo alla destra del Padre nella sua duplice forma umana e divina; credere che egli ritornerà sulla terra per portare a compimento il suo regno iniziato in Palestina duemila anni fa!

Credere a tutto questo, oggi è per molti una cosa difficile da fare, quasi impossibile, tanto è lontana una tale visione, dal comune modo di pensare della nostra società contemporanea.

Anche noi, che diciamo di crederlo e lo confessiamo proprio nel “credo” che noi recitiamo, tendiamo a relegare Cristo sempre più in cielo, a vederlo sempre più come un essere celeste, etereo, lontano.

Noi, che non abbiamo direttamente conosciuto Gesù di Nazareth, facciamo fatica a considerarlo reale nella sua natura umana come uno di noi.

Attenzione cari fratelli in Cristo, perché questo modo di concepirlo nasconde delle insidie; nel mondo di oggi pervaso di materialismo e di edonismo, ciò che non si vede con gli occhi e non si tocca con mano, tende a svanire, a diventare secondario, ininfluente e per questo finisce per essere considerato “non necessario”.

Anche se noi diciamo di avere fede, ed è proprio la fede che ci permette di credere senza avere le prove “fisiche”, corriamo il rischio di essere trascinati in questo mondo che non crede più nella realtà di Cristo.

Tornando al testo di oggi, nella seconda parte, ci è presentato un Gesù Cristo uomo tra gli uomini, attento organizzatore che manda i suoi discepoli tra la gente ad evangelizzare, guarire i malati e a combattere e scacciare satana, il suo nemico di sempre.

Ed è proprio quest’ultimo aspetto che viene sottolineato dai suoi discepoli che ritornano meravigliati e pieni di gioia, non tanto per aver convertito altri discepoli o guarito dei malati, ma proprio per aver “sottoposto i demoni nel nome di Cristo”, e Cristo trova del tutto normale veder “satana cadere dal cielo” sconfitto.

Ci è quindi presentato un Cristo che, diremo “umanamente” organizza la sua opera, e che “divinamente” combatte satana; ma non si tratta di due persone distinte, come purtroppo tendiamo a pensare noi oggi, ma di due aspetti della realtà di Cristo.

Purtroppo la società in cui viviamo oggi, crede sempre meno nella realtà di Cristo e ancor meno crede nella realtà di satana che, se in passato era concepito come un essere reale antagonista di Cristo, oggi è considerato tuttalpiù come una generica qualità del male fatto dall’uomo.

Pensate a questo proposito come vengono considerati gli adepti dei culti satanici: quando la polizia scopre che questi adoratori del diavolo nei loro riti hanno fatto sacrifici coinvolgendo spesse volte anche persone, più o meno consenzienti, in atti a sfondo sessuale, sui giornali e alla televisione si parla di “persone che hanno violentato ed abusato spacciandosi per adepti del demonio”.

Vi chiedo allora, se i falsi adepti del diavolo celebrano messe nere e abusano di donne e bambini, cosa fanno allora i veri adepti di satana?!

La verità è che quando l’uomo cessa di credere nella realtà di Cristo, non crede più in nulla che non sia la sua propria vita, il proprio interesse e il benessere personale.

Noi credenti abbiamo interiorizzato Cristo; crediamo si in lui, ma crediamo sempre di più in un Cristo che si rivolge a noi soltanto, un Cristo sempre più personale;

ora avere un rapporto personale con Cristo è una cosa positiva ovviamente, ciò che non è positivo, è crearsi un proprio Cristo, ad uso e consumo personale, che non è più il Cristo che ci ha rivelato la Scrittura.

Nel nostro cuore arde la luce della fede in Cristo, ma è una luce sempre più schermata che non riesce più ad uscire ed a illuminare il mondo che resta “chiuso fuori”.

Siamo chiusi nel nostro piccolo orticello che coltiviamo con amore, ma non abbiamo più il coraggio di uscire a cogliere la messe che Cristo ha seminato; ci fa paura uscire in mezzo ai lupi.

In attesa del ritorno di Cristo ci siamo rinchiusi nella nostra fede personale e basta!

Questo però non è quello che Cristo si aspetta da noi; pensate se i 70 discepoli mandati da Cristo ad annunziare l’Evangelo, lo avessero tenuto per sé, chiuso nel loro cuore oggi il Mondo non avrebbe conosciuto Cristo.

Quei 70 invece andarono con entusiasmo e tornarono pieni di gioia per aver compiuto la loro missione; tale era l’entusiasmo nei loro cuori che Gesù Cristo dovette richiamarli ricordando loro che il vero motivo di tale allegrezza doveva essere non l’aver compiuto opere mirabili in questo mondo ma, perché “…i vostri nomi sono scritti nei cieli”.

Quante volte noi torniamo a casa pieni di questo entusiasmo per aver operato nel nome del Signore nella nostra giornata?

Ognuno di noi rifletta un attimo su questo; riflettiamo un momento sulla differenza tra: credere in un Cristo interiorizzato che assomiglia sempre di più al Cristo che noi ci stiamo costruendo, fatto a nostra immagine e secondo le nostre esigenze, molto bello da vedere, comodo da usare, ma che assomiglia sempre meno al Cristo della Scrittura;

e credere nel Cristo reale in carne ed ossa che è vissuto e morto in croce per noi, che è risorto sempre per la nostra salvezza e che vive nei secoli accanto al Padre come vero Dio e vero uomo.

Il Cristo che ci è rivelato dalle Sacre Scritture in questo passo del Vangelo ci guida ad operare e vivere ogni giorno nel suo nome in questo mondo affrontando la realtà quotidiana: la messe è grande ora come allora, e i lupi sono la fuori ora come allora, e non per questo possiamo tirarci indietro perché, come Cristo era presente, e reale, allora con i discepoli, lo sarà anche oggi se avremo il coraggio di affrontare questo mondo.

Innalziamo dunque la figura di Gesù Cristo “vero Dio e vero uomo”, il Cristo vivente e salvifico, e opponiamolo a questo mondo che lo vuole rilegare ad una sorta di “fantasma che vive lontano lassù nei cieli”.

Cristo sarà al nostro fianco come un fratello in carne ed ossa nella misura in cui noi avremo fede in lui, e preghiamo dunque come egli ci ha chiesto perché a fronte di una grande messe, il Padre mandi anche oggi sempre nuovi e sempre più numerosi operai. AMEN.