I conflitti nelle chiese
Testi: Atti 6:1-6
Il brano proposto oggi ci parla della primissima comunità cristiana, sorta a Gerusalemme subito dopo la Pentecoste e l’Ascensione di Gesù al cielo. Gli Apostoli, ancora tutti insieme prima della loro partenza per evangelizzare il resto del mondo, si trovano a dover gestire la nascente comunità di fedeli, che come ci testimonia Luca, era già variegata, essendo composta sia da Ebrei convertiti alla Via di Cristo, sia da Gentili, o Greci, che venivano invece dal paganesimo. La loro diversa origine a noi oggi potrebbe sembrare un dettaglio trascurabile, dopo che sono passate molte generazioni di credenti, ma all’epoca era fonte di problemi, e quindi anche di conflitti, poiché ex Ebrei ed ex Pagani, non potevano essere più diversi in quanto a radici e cultura religiosa.
Questo brano, tuttavia, per noi oggi è importante perché ci fornisce una concreta testimonianza di quella che era la reale situazione dei cristiani delle origini. Infatti, la presenza degli Apostoli, potrebbe indurci a pensare che bastasse da sola a rendere quella prima comunità un gruppo idilliaco, dove lo Spirito Santo regnava incontrastato e dove l’amore fraterno, insieme alla comunione dei beni (Atti 2:45) aveva creato la “comunità ideale”, sognata da tutti i credenti delle successive generazioni.
Le cose invece non stavano così; infatti, neanche i Dodici Apostoli da soli erano in grado di creare il clima della perfetta comunità ecclesiastica che noi oggi ci potremmo aspettare pensando a quei primi tempi dopo la predicazione di Gesù.
Luca (l’autore degli Atti) nella sua spiegazione esordisce con il: “moltiplicandosi il numero dei discepoli”, e da questo potremmo pensare che a causare i problemi nella comunità fosse soltanto l’arrivo di nuovi adepti, che forse non conoscevano ancora gli usi e non si erano ancora integrati nel tessuto della comunità; cosa comprensibilissima quando pensiamo che, anche nelle nostre chiese odierne, l’arrivo di fratelli e sorelle, pur credenti cristiani evangelici, da altri paesi, crea comunque delle difficoltà di inserimento nelle comunità, stante il loro diverso modo di fare il culto o anche solo le diverse tradizioni ed abitudini dei loro paesi, che spesse volte sono assai differenti da quelle del paese che li accoglie.
Questo però non era la vera ragione del sorgere di questo conflitto, o per lo meno non era l’unica, perché Luca poi precisa: “…sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell'assistenza quotidiana”.
Da questo si capisce che non è tanto la differente cultura degli ex ebrei rispetto agli ex pagani che crea il conflitto, quanto un problema molto più materiale e quotidiano, ossia il fatto che una parte della comunità, quella di origine ebraica, non stava dedicando la giusta attenzione alle vedove di origine ellenista, quando si trattava di distribuire il cibo e quant’altro necessario al vivere in comune.
Ora è naturale supporre che essendo la prima comunità cristiana guidata dagli Apostoli, tutti ebrei, gli stessi, durante la predicazione di Gesù, abbiano avuto attorno a loro principalmente dei proseliti ebraici, che poi abbiano costituito il fulcro organizzativo della nuova comunità cristiana, non fosse altro perché è del tutto normale che quando noi dobbiamo affidare un incarico a qualcuno, lo proponiamo ad una persona che conosciamo, o che nel tempo lo ha già svolto.
Prendersi cura degli orfani e delle vedove è un preciso dovere prescritto dalla Legge di Mosè, quindi, possiamo pensare che istintivamente chi proveniva dalla cultura ebraica lo sentisse come un dovere morale, dedicando però quell’attenzione soltanto alle vedove ebraiche, e non altrettanto a quelle di provenienza ellenista, anche se certamente questo non poteva essere un comportamento accettabile in una comunità cristiana dove “non esiste più né Giudeo, né Greco”, per usare le parole di Paolo, ma soltanto fratelli e sorelle nel Signore.
Questo però cosa insegna a noi oggi? Se nemmeno la presenza degli Apostoli poté allora impedire che sorgessero dei conflitti tra i credenti di una stessa chiesa, tanto più oggi nelle nostre comunità, a duemila anni di distanza e in presenza di fratelli e sorelle provenienti da paesi e culture diverse, dobbiamo aspettarci che possano sorgere conflitti, discriminazioni e incomprensioni tra i membri, e questo, se da un lato lo possiamo affrontare richiamando ognuno all’obbedienza alla Parola di Cristo, che ci invita all’amore verso i fratelli e al perdono reciproco, nondimeno se vogliamo davvero trovare un rimedio efficace, non possiamo limitarci al solo richiamo all’amore fraterno, non possiamo cioè ignorare, sia le cause, sia le conseguenze materiali di questi conflitti.
Gli Apostoli, che pure avevano un’indiscussa autorità spirituale che proveniva loro dal Signore, infatti non si limitano a questo, ma davanti ad un problema reale, come quello della discriminazione sull’assistenza materiale, decidono di affidarne la soluzione all’opera di un gruppo di fratelli che si dovevano occupare della questione e sistemarla, avendo cura di trovare persone adatte alla missione, ossia: “…dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico”, e questa soluzione è d’aiuto anche a noi oggi, laddove si presentano problemi nelle nostre chiese e comunità, perché ci viene spiegato come anche noi possiamo risolverli attraverso l’opera di persone che, avendo ricevuto tali doni dal Signore, riescano a trovare le giuste soluzioni. Nel caso specifico si trattava di sette persone esterne ai Dodici, proprio perché è detto dagli Apostoli che: “Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense”.
Da questo comprendiamo bene che se l’insegnamento da solo non basta per risolvere un problema, allo stesso tempo non è opportuno che si trascuri l’insegnamento per risolvere i problemi pratici, ma entrambi i servizi, o ruoli, sono necessari all’interno delle comunità, e ognuno deve adoperarsi a svolgere il servizio per il quale è stato chiamato.
Potrebbe sembrare soltanto una questione di “buon senso”, ma oltre a questo Luca ci testimonia un altro importante insegnamento che gli Apostoli (e quindi per mezzo loro il Signore) ci danno, il che spesso, proprio nelle nostre comunità, è messo in secondo piano. Gli Apostoli, infatti, non scelgono loro i sette uomini per sovrintendere alle mense (oggi diciamo servizio diaconale), ossia non si avvalgono della loro “autorità spirituale” per indicare chi deve fare e cosa, bensì, rivolgendosi alla comunità dei fedeli, li invitano a: “… fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza …”, ovvero ci dicono che in una vera comunità cristiana, dove tutto è condiviso, anche la gestione materiale della comunità deve essere decisa dai suoi membri e non calata o imposta dall’alto da chi pur avendo un’autorità spirituale (per esempio il Pastore) è invece chiamato ad annunciare la Parola; questo è anche il motivo perché nelle chiese evangeliche esiste un Consiglio di Chiesa o Consiglio degli Anziani, che ancora oggi si occupa delle questioni organizzative e materiali, e che avendo un’autorità che gli deriva dall’Assemblea dei fedeli, è anche chiamato a risolvere le controverse che vi possono sorgere, affidandosi, quando lo ritiene utile, a degli anziani della comunità che per esperienza e sapienza spirituale, sempre sotto la guida dello Spirito Santo, siano in grado di aiutare i fratelli e le sorelle a superare i piccoli e grandi conflitti umani.
Sapendo perciò che è inevitabile che sorgano conflitti anche in una comunità di fedeli, poiché il maligno agisce sempre per dividere e istillare lo scontro anche tra fratelli, facciamo per questo tesoro degli insegnamenti che ci vengono dalla Scrittura anche in questi casi, affidandoci alla saggia guida del Signore, che ci aiuterà sempre a superare ogni difficoltà e eliminare ogni conflitto. AMEN