Il nome di Dio
Testi: Esodo 3:13-15; Salmo 29; Efesini 1: 3-12
Quanti di noi conoscono il significato del proprio nome?
Credo in pochi; magari andando a rivangare nella memoria a qualcuno verrà in mente, ma sicuramente non è una delle nostre priorità sapere cosa significava in origine il nome che portiamo.
Ho notato che se chiediamo ad un fratello o una sorella coreana il significato del proprio nome, loro ce lo sanno dire subito, invece nella nostra società occidentale abbiamo perso il significato dei nomi;
diamo ai nostri figli dei nomi che ci piacciono, che vanno di moda al momento della loro nascita o che ci ricordano qualcuno, magari una persona scomparsa a noi cara, però senza chiederci cosa significavano in origine, e questo purtroppo è un errore perché, come ci insegna la Scrittura, il nome è molto importante, così come il suo significato.
Nella Bibbia abbiamo centinaia di esempi che ci indicano il valore del nome di un uomo, al punto che quando una persona è scelta da Dio per un compito nuovo, Dio stesso gli cambia il nome e gliene da una più adeguato al suo nuovo stato;
così nei riguardi di Abramo viene detto: "Quanto a me, ecco il patto che faccio con te; tu diventerai padre di una moltitudine di nazioni; non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abraamo, poiché io ti costituisco padre di una moltitudine di nazioni" (Ge 17:4-5);
nei riguardi di Giacobbe viene detto: "l'angelo disse: «Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto" (Ge 32:28);
lo stesso Gesù, l'Emmanuele, riguardo a Simone, il suo principale discepolo, nel (Gv 1:41-42) è detto: "Andrea ... trovò suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» (che, tradotto, vuol dire Cristo); e lo condusse da Gesù. Gesù lo guardò e disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa» (che si traduce «Pietro»)".
Oggi vorrei però invitarvi a riflettere sul nome più importante di tutti: il nome di Dio!
Quanto è importante il nome di Dio?
E' così importante che nella Scrittura Dio viene definito con una pluralità di nomi, ognuno dei quali esprime una delle sue infinite qualità.
Eppure anche Dio ha un nome proprio ed è quello con cui Lui stesso si rivela a Mosè per la prima volta, dopo essersi identificato come il Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe.
In particolare oggi vorrei che rifletteste su due dei nomi di Dio usati nella Scrittura.
Il primo lo troviamo nel brano di Esodo 3:13-15, ed è: "IO SONO", scritto con caratteri maiuscoli, che in buona sostanza significa "Colui che è".
Questo nome, che gli Ebrei scrivevano con il cd tetragramma, ossia le quattro lettere YHWH, era usato raramente e per rispetto verso Dio stesso gli ebrei non osavano mai pronunciarlo, preferendogli il nome "Elohim", forse perché temevano così facendo di violare il terzo comandamento: "Non usare il nome dell'Eterno, dell'Iddio tuo, in vano, poiché l'Eterno non terrà per innocente chi avrà usato il suo nome in vano" (Deut 5:11).
Noi stessi non usiamo questo nome, eppure il nome di Dio è importante perché l'IO SONO identifica la qualità essenziale di Dio, ci dice che Lui è l'esistente, colui che é, che sussiste in proprio, prima e al di fuori di tutto il resto.
Da esso deriva la nostra fede nell'Unico Dio e tutto il nostro modo di onorarlo e servirlo, cosa per noi forse ormai assodata, ma che invece la storia del popolo d'Israele ci ha dimostrato essere tutt'altro che scontata e che purtroppo anche oggi, col mutare del modo di vivere e intendere la fede, siamo tornati anche noi a mettere in discussione, seguendo un sincretismo religioso strisciante che ci porta a considerare, e quindi accettare, divinità diverse adorate da altri popoli in nome di una malintesa fratellanza religiosa universale.
Il secondo nome usato per definire Dio, invece è molto utilizzato nella Scrittura, infatti appare per ben 4.137 volte ed è: "l'Eterno", (o Eterno degli Eserciti).
Oggi alcune traduzioni bibliche hanno sostituito il nome "Eterno" con semplicemente un generico: "Signore";
anche in questo caso si è trattato di un grave errore, forse anche questo commesso per assecondare il gusto della nostra società che ha dimenticato il significato dei nomi, invece l'Eterno è essenziale per comprendere un'altra delle qualità più importanti di Dio, e quindi anche per meglio comprendere il messaggio Biblico.
Che cosa significa l'Eterno?
Per esempio, quando noi parliamo della cd "vita eterna", quella promessa da Gesù Cristo ai suoi fedeli, l'intendiamo come la vita senza più morte, o una vita senza fine;
un concetto che ci risulta piuttosto difficile da concepire, se pensiamo che l'intero universo secondo gli scienziati è vecchio di 14 miliardi di anni.
Che cosa significa allora vivere in eterno, cioè per miliardi di miliardi di anni e oltre?
E' davvero difficile concepirlo, non è vero?
Eppure cari fratelli in Cristo, Dio è l'Eterno, cioè colui che vive in eterno!
Ciò è verissimo, ma è questo l'unico significato possibile di questo termine biblico?
Leggiamo cosa è scritto nella Bibbia in proposito, dove in (Ge 1:1) è detto: "Nel principio Dio creò i cieli e la terra";
questo breve versetto con cui si apre la Bibbia ci rivela che Dio creò dal nulla tutto l'universo, il che a sua volta significa che prima d'allora non c'era nulla, ma soprattutto significa che Dio esisteva prima dell'universo e che quindi tutto l'universo è una sua creazione.
Questo nonostante quanto ne possa dire la scienza umana che propone altre teorie.
La scienza moderna però, paradossalmente, ci viene invece in aiuto per comprendere dei concetti che ai tempi in cui la Bibbia è stata scritta non erano, né accessibili, né tanto meno comprensibili all'uomo di allora.
Fin dall'antichità l'uomo era consapevole che c'erano tre dimensioni della materia; lunghezza, larghezza e profondità; insomma che viveva in un mondo tridimensionale perché lo poteva vedere con i proprio occhi e toccare con la mano.
Accanto a queste tre dimensioni però, l'uomo antico percepiva che c'era un altro elemento, ossia lo scorrere del tempo, perché da Adamo in poi l'uomo aveva un inizio, una vita e una morte; e tuttavia leggendo la Bibbia si ha l'impressione che anche Dio in qualche modo viva lui stesso nel tempo, anche se in eterno.
Oggi però noi sappiamo che il tempo è soltanto la quarta dimensione dell'universo, cioè del creato e che esiste soltanto da quando esiste l'universo stesso e non da prima;
ecco che allora, in base a questa conoscenza, comprendiamo che l'Eterno non è tale soltanto perché vive in eterno, bensì perché Lui stesso ha creato il tempo e anche il tempo gli è sottomesso così come il resto della creazione.
Non so se molti teologi o studiosi biblici hanno mai fatto questa riflessione, però ritengo che essa sia estremamente importante per comprendere Dio e ovviamente la Scrittura, perché getta nuova luce su alcuni passi che altrimenti potrebbero essere, come lo sono stati in passato, fonte di discussione, incomprensione e contrapposizione tra i fedeli.
Mi riferisco ad esempio, e in particolar modo, al brano di Efesini 1: 3-12, da cui Calvino ha fatto discendere la sua dottrina della predestinazione, in contrapposizione a quella della libertà del cristiano di Lutero.
Se noi consideriamo Dio come colui che semplicemente vive per sempre nel tempo, contrariamente all'uomo che vi rimane per un breve intervallo soltanto, allora ci risulta difficile conciliare le due visioni della predestinazione e della libertà individuale, se non ricorrendo ad artifici filosofici;
se però noi consideriamo Dio come il creatore di tutto, tempo compreso, e quindi come colui che è Eterno perché "al di fuori dal tempo che ha creato", allora la libertà del cristiano è chiaramente rispettata in quanto la predestinazione di Dio, o preconoscenza, la giustifica, perché Dio è testimone di tutto il creato in ognuno dei suoi diversi momenti e aspetti, perché essendo Dio fuori dallo scorrere del (nostro) tempo, per Lui il tempo non ha il significato che ha per noi;
è come dire che per Dio il tempo non scorre ma è un eterno presente. Questo ci può anche spiegare il verso 4 del Salmo 90: "Perché mille anni sono ai tuoi occhi come il giorno di ieri che è passato"; per Dio mille anni umani sono metaforicamente come un giorno, cioè un'inezia e soprattutto "sono già passati" perché egli li ha già osservati ancor prima che noi abbiamo iniziato a viverli.
Provate a prendete un libro, e invece di cominciare a leggerlo dall'inizio, percorrendo pagina dopo pagina la storia dei protagonisti come si stesse svolgendo in quel momento, andate a leggere una qualunque pagina, compresa l'ultima. Questo voi lo potete fare benissimo perché nel momento in cui voi leggete il libro in realtà lo stesso è già stato stampato molto tempo prima!
Può sembrare un paradosso, difficile da comprendere, ma quando Dio ha creato l'universo vi ha creato il tempo al suo interno e ha creato contemporaneamente il suo inizio e la sua fine, come confermata nella Scrittura da più parti;
perciò il tempo scorre soltanto per noi che viviamo all'interno del creato, ma non per Dio che è esterno ad esso.
Ecco cosa significa il nome l'Eterno, ed ecco perché è importante continuare ad usare questo nome nella Scrittura e non sostituirlo con il generico "Signore", altrimenti perderemo per strada un importante insegnamento della Scrittura, come ci siamo persi il significato del nostro nome e così facendo lo usiamo senza sapere come ci chiamiamo veramente.
Ci sono cose che non dobbiamo mai dimenticare perché ci vengono da Dio fin dalla creazione del mondo e sono preziose perché ci ricordano da dove veniamo e dove siamo diretti;
tra queste il nostro rapporto con Dio, l'IO SONO, il Creatore, l'Eterno, oltre che al Padre Misericordioso, è la cosa fondamentale perché senza di Lui noi non siamo che materia, polvere insignificante che ha visto la luce dell'esistenza per un breve istante per essere poi destinata a scomparire, mentre con Lui, per mezzo di suo figlio Gesù Cristo, l'Emmanuele, che vi ricordo significa appunto "Dio con noi", anche noi diventiamo parte vivente dell'Eterna esistenza di Dio. AMEN