Il peccato e il perdono
Testi: Giovanni 8: 1-11
Nella Bibbia sono contenute alcune frasi che spesso vengono citate ed utilizzate ben oltre il contesto in cui erano state pronunciate. Il brano proposto oggi contiene una di queste massime: “chi è senza peccato scagli la prima pietra”!
Questo frase di Gesù occupa senz’altro un posto di rilievo tra gli insegnamenti cristiani, anche se temo, non sia questo il motivo per cui è entrata nel linguaggio popolare; ad un comune ed efficace “modo di dire” in effetti non corrisponde affatto un altrettanto diffuso “modo di fare”, anzi dobbiamo constatare proprio il contrario.
Oggi vorrei riflettere non solo sul significato di questa frase, ma anche sul resto del contenuto di questo brano, che proprio a causa della potenza che ha la frase citata, viene spesso messo in ombra.
Innanzitutto consideriamo il contesto in cui Gesù si trova: una disputa con gli Scribi e i Farisei che ancora una volta si scontrano con Gesù perché non capiscono, e di conseguenza non approvano, il nuovo messaggio dell’Evangelo.
Scribi e Farisei si confrontano con Gesù sulla base della legge di Mosè; o meglio, lo scontro non è tanto sulla legge in sé, che è riconosciuta e condivisa sia da Scribi e Farisei, sia da Gesù, ma sul modo d’interpretarla.
Gli Scribi e i Farisei sono chiaramente attaccati ad un’interpretazione letterale e formale della legge, priva di qualsiasi “umanità” diremo noi oggi;
Gesù, pur essendo il figlio di Dio e non rinnegando la legge data da Dio a Mosè, come Egli stesso dice in altra occasione (Mt 5-17): “…io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento la legge”, rivela una visione della legge ben diversa, permeata di amore e misericordia.
Ovviamente per gli Scribi e i Farisei questo modo di applicare la Legge è totalmente estraneo al loro modo di ragionare.
Sicuramente anche tra di loro troviamo delle persone che sanno amare e il cui cuore si può aprire alla misericordia, ma in quel momento i sentimenti che li muovono sono ben altri: in Gesù vedono un nemico, o per lo meno un avversario pericoloso, che sta minacciando la loro autorità e nel loro cuore non c’è certo posto per la misericordia, tanto più che lo strumento da essi usato contro Gesù è una donna adultera, cioè una persona che ha commesso uno dei crimini più infamanti e detestabili per la società di quel tempo.
Vediamo un po’ se questo Gesù che parla tanto di misericordia ed amore riesce ancora a sostenere di essere in linea con la legge di Mosè di fronte ad un caso così concreto e così palesemente grave di violazione della legge!?
Questo è ciò che pensano Scribi e Farisei!
Siamo in presenza di due modi di approcciare il problema completamente agli antipodi.
L’obbiettivo degli Scribi e dei Farisei è chiaramente quello di dimostrare che Gesù non è in linea con la legge Mosaica, per poi poterlo accusare e condannare.
La sorte della donna adultera a loro in fondo non interessa; per loro è solo un pretesto. Se non ci fosse stato Gesù, quella donna sarebbe già stata lapidata senza troppi complimenti e senza alcun senso di colpa da parte loro, anzi, sicuri così facendo di applicare a pieno la legge di Mosè.
L’obiettivo di Gesù è molto più complesso e senza dubbio più impegnativo perché, sia in questa circostanza, sia in tanti altri suoi interventi, Gesù deve far comprendere ad Israele che è giunto il tempo in cui Dio annuncia la riconciliazione con il suo popolo, ma lo fa attraverso il suo amore e la sua misericordia, e non la sua forza!
Cosa può fare Gesù per superare con successo la prova a cui è sottoposto, che è tutt’altro che facile?
Qualsiasi risposta sensata che Gesù possa dare finirebbe in un modo o nell’altro per farlo cadere in contraddizione:
se Gesù avvallasse la condanna dell’adultera secondo quanto prescritto dalla legge mosaica, riconoscerebbe sì la validità della legge, ma così facendo finirebbe per contraddire tutta la sua predicazione basata sull’amore e sul perdono;
se viceversa, assolvesse l’adultera, annunciando il perdono di Dio di cui Egli è portatore, si porrebbe inevitabilmente contro la legge mosaica dimostrando così la sua ribellione alla stessa.
Proprio un bel dilemma non è vero?
Gesù però non cade nella trappola di Scribi e Farisei ma, al contrario, dimostra che la contraddizione non sta nella legge di Mosè, né nella predicazione dell’Evangelo, bensì nell’interpretazione formalistica che essi fanno della Legge, ovvero nella durezza dei loro cuori che, credendo di seguire la Legge, si sono invece allontanati dall’amore di Dio.
La frase: “chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei” racchiude il senso del pensiero di Gesù in modo molto chiaro e preciso; ma lo stesso pensiero (cioè insegnamento) lo ritroviamo ben presente in altre frasi di Gesù anche loro altrettanto note quali:
“voglio misericordia non sacrificio” (Mt 9-13);
“non giudicate e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato” (Lc 6-37)
Tutti questi sono altrettanti inviti fatti da Gesù a tutti noi a guardare alla legge di Mosè non con gli occhi miopi e il cuore indurito che hanno Scribi e Farisei, ma attraverso l’amore che ogni uomo deve avere verso Dio e verso il suo prossimo.
Troppo spesso invece la Bibbia è stata usata come uno strumento accusatorio nei confronti degli altri, e questo non solo prima della venuta di Gesù, dove la legge mosaica aveva un valore vincolante anche dal punto di vista giuridico e temporale, ma anche e soprattutto dopo, anche nella Chiesa di Cristo dove in base ad una lettura formale (fondamentalista) della scrittura si sono condannati uomini e donne, a morte o ad altre pene non meno severe, per peccati, veri o presunti che fossero, contro Dio e la Chiesa.
Peccatori per cui Gesù Cristo aveva invece chiesto misericordia; nostri fratelli peccatori per cui Gesù Cristo “ci” aveva chiesto misericordia, ma che noi abbiamo preferito condannare puntando il dito così come facevano scribi e farisei, forti del sostegno della Legge!
Dopo che Gesù ha espresso il suo pensiero, il racconto ci dice che tutti gli accusatori lasciano cadere la pietra che erano così sicuri di dover lanciare contro l’adultera, e se ne vanno uno dopo l’altro.
Gesù con loro ha raggiunto il suo obiettivo, ha aperto nel loro cuore una breccia in cui è entrato l’annuncio della riconciliazione di Dio.
Cosa accadrà in seguito a questi uomini la Bibbia non ce lo dice, possiamo immaginare che alcuni di loro avranno aperto il loro cuore al messaggio dell’Evangelo, mentre altri saranno tornati ad avere un cuore duro, pronti per cogliere in fallo Gesù la volta successiva.
La scena comunque continua con Gesù che rimane solo con l’adultera.
È molto importante capire esattamente cosa accade ora perché il racconto non è terminato con le pietre lasciate cadere a terra e la donna che si è salvata, come molti pensano.
Gesù ha sì regolato i conti con Scribi e Farisei, ma resta il fatto che la donna è una peccatrice ed ha violato la legge di Mosè e questo Gesù non può certo passarlo sotto silenzio perché se lo facesse allora le accuse rivoltegli dagli Scribi e dai Farisei di istigare a non rispettare la legge sarebbero fondate.
Gesù invece dopo aver rigettato l’interpretazione farisaica della legge che condannava il peccatore senza appello, salva si il peccatore dalla condanna contenuta nella Legge, ma nello stesso tempo salva la Legge, o se preferiamo “perdona il peccatore ma non abolisce il peccato”: “Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?”
La donna non può fare altro che riconoscere che più nessuno di quelli che stavano per condannarla è più presente per eseguire la condanna: “Nessuno Signore”.
Le rispose allora Gesù: “Neppure io ti condanno; va e non peccare più!”
Riflettiamo bene su cosa significhi: “va e non peccare più”.
Gesù parla chiaro con l’adultera, ma quando parla a lei in realtà parla a tutti noi in modo inequivocabile; il nostro peccato è perdonato ma la Legge resta, non è il peccato ad essere stato abolito, ma è la grazia che abbiamo ricevuto da Dio tramite la nostra fede in Cristo che ha tolto da noi la condanna contenuta nella Legge.
Non si tratta di una sottigliezza teologica, o se preferiamo giuridica, di poco conto.
Nel caso in esame Gesù aveva di fronte una persona accusata di adulterio, o meglio colpevole di adulterio senza ombra di dubbio “..questa donna è stata colta in flagrante adulterio”;
ora per la legge di Mosè prima, ma, visto che la Bibbia è tuttora il testo su cui si basa la nostra fede, anche per noi oggi, si tratta di un comportamento condannato da Dio e quindi peccaminoso ai suoi occhi e quindi sanzionabile.
Gesù di fronte a questa donna, evidentemente conscia di aver tenuto un comportamento scorretto, e per questo pentita, toglie la condanna a morte e la sostituisce con la grazia (il perdono).
Gesù ci invita a fare altrettanto, ad avere misericordia con il nostro fratello che sbaglia, a perdonare com’egli per primo ci perdona (rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi a i nostri debitori), e questo è perfettamente in linea con tutto il messaggio evangelico: al peccatore che si ravvede sarà perdonato, colui che avrà fede riceverà per grazia la salvezza!
Quello che però Gesù non ha detto all’adultera, che non intendeva dire, e che soprattutto non dice a noi è: “da oggi in avanti la legge di Mosè non vale più quindi commettete tranquillamente adulterio perché l’adulterio non è più peccato agli occhi di Dio!”
Lo stesso discorso, ovviamente, non vale solo per l’adulterio: provate a sostituire alla parola “adulterio” parole come: furto, omicidio, spergiuro, falsa testimonianza, sodomia (omosessualità), lussuria, bestemmia, idolatria e simili, e capirete perché tali comportamenti rimangono tuttora contrari alla legge del Signore.
Tutti i comandi della legge mosaica non espressamente aboliti da Gesù stesso, rimangono in vigore nella Legge di Dio, e a noi uomini non è concesso di “abolirli” autonomamente, né alle chiese è concesso di insegnare a disattenderli, anche solo tacitamente, né tanto meno le chiese cristiane possono insegnare dottrine diverse da quella contenuta nella Bibbia, a chi si converte alla Parola di Cristo.
Questo ovviamente non deve significare “escludere dalla chiesa coloro che si macchiano di tali peccati”, e men che meno “puntare il dito contro costoro per giudicare il loro comportamento”, come purtroppo avviene ancora in talune realtà.
A noi Gesù Cristo ha richiesto di amarci gli uni e gli altri e di perdonare il nostro fratello che ha sbagliato e ritorna pentito al Signore, così come ha fatto Gesù con l’adultera.
Il giudizio di condanna o assoluzione su ciascun essere umano spetta a Dio solo e non agli uomini, né singolarmente, né come comunità di fedeli.
Situazioni simili purtroppo sono avvenute in passato e avvengono tuttora dove dei fratelli in Cristo sono allontanati dalle loro comunità perché giudicati indegni di farne parte; questi atti sono chiari segni di una lettura farisaica ed integralista della scrittura che si allontana e ci allontana dal messaggio di amore, perdono e riconciliazione che Cristo ci ha portato.
Allo stesso modo però non spetta a noi di modificare, integrare o abolire le parti della Scrittura che non ci piacciono più perché ritenute superate in quanto limitano il nostro agire, o ci fanno apparire impopolari agli occhi del mondo, che, beninteso, può anche avere valori diversi da quelli contenuti nella Bibbia; né le chiese devono prestarsi ad avallare e diffondere tali interpretazioni della Scrittura che non sono in linea con quanto rivelatoci da Dio Padre tramite i profeti prima, e per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo poi.
Impariamo dunque a giudicare col cuore e leggere la Parola del Signore attraverso l’amore, ma allo stesso tempo non pretendiamo di essere più saggi, più giusti, se non addirittura più “buoni” del nostro Signore Gesù Cristo;
Egli conosce ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, meglio di noi; abbiamo dunque l’umiltà di accettare integralmente la sua Parola e di lasciarci guidare dallo Spirito Santo ogni volta ci apprestiamo a leggerla e metterla in pratica. AMEN