Il premio finale

Testo: Apocalisse 22:1-5

 

Per sapere come finisce una storia, bisogna leggere l'ultimo capitolo, tuttavia, sia che si tratti di un giallo o di un racconto, saltare subito al finale non avrebbe senso, anzi vorrebbe dire “rovinare” il racconto stesso, perché qualsiasi storia per essere apprezzata, va narrata e letta per intero, cioè vissuta dall’inizio alla fine!

E’ per questo motivo che anche la nostra storia (umana) col Signore assume un senso soltanto se noi la viviamo giorno per giorno fino all’ultimo giorno, ossia quando potremo “leggere il finale” e ricevere la giusta ricompensa.

Il libro di Apocalisse ci “anticipa” comunque il finale, non perché noi dobbiamo saltare subito alle conclusioni, ossia vivere come se già oggi fosse l’ultimo giorno, ma affinché noi viviamo ogni giorno della nostra vita di credenti, sicuri che il finale sarà proprio “un lieto fine”, o meglio ancora “un finale glorioso”, giacché, come ci spiega l’Apostolo Giovanni nella sua visione, noi “vedremo il Signore faccia a faccia” e “regneremo insieme a Lui nei secoli dei secoli”, ossia per sempre; quale meravigliosa prospettiva!!

Noi sappiamo che gli Apostoli vissero per almeno tre anni fianco a fianco col Signore sulla terra, ma allora non compresero fino in fondo chi avevano vicino, perché i loro occhi erano velati; poi gli stessi Apostoli furono testimoni del Cristo Risorto ma ancora faticarono a riconoscerlo, perché ormai aveva assunto la sua “veste divina” di risorto, e i loro occhi non erano ancora pronti a questa grande meraviglia, anche se, vedendo il risorto, nei loro cuori la gioia prese il posto del dolore causato della sua morte; tuttavia, questa gioia non fu ancora completa perché il Signore fu assunto in cielo, mentre loro dovettero rimanere ancora sulla terra per un tempo, per espletare la loro missione di diffusione dell’Evangelo.

La stessa missione cui siamo chiamati noi in questa vita, nelle diverse forme cui il Signore ci ha destinati, ma in questo passo della Scrittura Giovanni ci anticipa proprio il finale della storia, affinché ogni credente sia ben consapevole della gioia eterna che lo aspetta una volta completata la sua missione, e fortificato da questa visione, non ceda neanche durante le dure prove, che pure dovrà incontrare durante la sua vita.

Siamo consapevoli che non è sempre facile immaginarci già al cospetto del Signore a rimirare la sua faccia, specialmente quando davanti ai nostri sguardi stanno tutte le brutture del mondo, dominato dal suo principe portatore di ingiustizie, dolore e morte, eppure il Signore ci invita ad “alzare lo sguardo verso la meta”, perché è là che siamo destinati. Così l’Apostolo Giovanni scrive ancora: “Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quando egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (I Giovanni 3:2).

Ora cari fratelli in Cristo, la nostra vita terrena ha una doppia valenza, ovvero, se da un lato noi serviamo il Signore nella missione che ci ha destinati, poiché noi siamo gli operai della sua vigna, dall’altro è anche un vero e proprio “percorso formativo” che, come un esame, ci rende idonei ad entrare nel Regno dei Cieli.

Proprio come l'esame che abbiamo sostenuto a scuola ci ha permesso di diplomarci e cercare un'occupazione, così le prove di questa vita ci permettono di testimoniare la nostra fedeltà a Dio e ci “abilitano” a regnare con Cristo in gloria nei secoli dei secoli.

Sta quindi a ciascuno di noi di scegliere se “marinare la scuola dell’Evangelo”, ossia dedicare la nostra vita quaggiù alle meno importanti cose del mondo, vivendo per esso, oppure se focalizzare il nostro sguardo sulla Persona e l'opera di Cristo Gesù, facendoci strumenti per il compimento della sua opera.

Come credenti noi abbiamo però una grande speranza, che in verità la fede rende una “certezza”, ovvero la promessa di Dio che ogni uomo e donna fedeli al Signore un giorno potranno vederlo faccia a faccia e regnare con Lui per sempre. AMEN