La corsa del cristiano
Testo: Filippesi 3:1-14
Questo capitolo della lettera di Paolo ai Filippesi inizia con una vera e propria “confessione” dell’Apostolo, che descrive qual è l’obiettivo della sua missione, quali sono i passi compiuti e gli ostacoli incontrati per raggiungerlo.
La sua confessione ha un grande valore per ogni credente, perché, se da un lato ci fornisce un ottimo esempio da seguire sulla via di Cristo, dall’altro ci mostra come anche Paolo abbia dovuto affrontare una serie di prove, di ostacoli e di difficoltà, che il mondo mette di fronte a tutti coloro che vogliono seguire la via di Cristo.
Paolo, confessa, non senza una punta di giustificato orgoglio, che lui agli occhi del mondo non era certo l’ultimo arrivato, o un “reietto della società”, come si potrebbe pensare di coloro che, non avendo nulla da perdere, si avvicinano alla fede soltanto per sfuggire ad una situazione peggiore. No Paolo dichiara: “Se qualcun altro pensa di aver motivo di confidarsi nella carne, io posso farlo molto di più; io, circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d'Ebrei; quanto alla legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile…”.
Sappiamo inoltre che Paolo era anche cittadino romano (At 22:28), quindi per i suoi tempi aveva tutte le carte in regola per vivere comodamente negli agi che la società civile e religiosa gli destinavano.
Ma Paolo ha incontrato Gesù sulla via di Damasco, e dopo averlo conosciuto, dichiara con altrettanta franchezza: “…a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo”.
La sua, come sappiamo, non è soltanto una dichiarazione di principio, che tutti possono fare a parole, ma che poi nei fatti si guardano dal mettere in pratica; no, Paolo fa ciò che dichiara, e paga tutte le conseguenze dell’aver accettato di seguire e servire Cristo nella sua nuova vita di credente: “Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte, per giungere in qualche modo alla risurrezione dei morti”.
Chi come Paolo accetta di mettersi totalmente al servizio di Cristo, sa di dover affrontare tutto questo: incomprensione da parte del mondo, a cominciare da coloro che ti stanno vicino, tanto più se sanno che tu sei una persona di valore e non comprendono il tuo diverso modo di agire, che giudicano assurdo;
poi viene l’ostilità, che ti rilega in un angolo, che ti impedisce di affermarti nella vita come avresti potuto se fossi rimasto fedele al mondo, agli schemi sociali tradizionali;
poi quando il tuo atteggiamento è ormai rivolto al Signore con tutto te stesso, seguono le persecuzioni nei tuoi confronti, prima velate, poi aperte, e quindi sei giudicato un nemico, persino da quelle persone che fino a ieri erano tuoi amici e ti stimavano, ma che adesso ti guardano con disprezzo.
Tutto questo Paolo lo ha provato sulla sua pelle, però non si è mai arreso; non ha mai desistito, né si è voltato indietro, rimpiangendo le scelte fatte, chiaramente sbagliate agli occhi del mondo, ma benedette e sostenute agli occhi di Dio, che ha eletto Paolo al suo servizio, e non (solo) per le sue indubbie qualità umane, ma per la sua disponibilità a mettere le stesse al pieno servizio di Dio.
Sì, Paolo era un grande uomo in quanto ad umane qualità, ma la sua vera grandezza è stata la sua umile decisione di mettersi totalmente nelle mani di Dio, al suo servizio, rinunciando a tutto ciò che lo avrebbe potuto fare grande agli occhi degli uomini, per essere piuttosto fatto grande agli occhi di Dio: “e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede”.
A questo punto Paolo ha fatto la sua scelta e non la cambierà, non la tradirà mai; quando verga questa confessione ai Filippesi, Paolo non è ancora giunto alla fine della sua corsa, e per questo scrive: “Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù…”.
Ancora nel pieno della sua corsa, Paolo va avanti nella missione che il Signore gli ha affidato; lotta ogni giorno contro gli ostacoli del mondo, li supera, affronta le difficoltà, in questo fidando sempre sul Signore e sull’aiuto dei fratelli che gli sono vicini (il tifo sano), non molla, non si volta indietro, non si distrae, non cede, sa che la sua corsa non sarà mai una passeggiata, sa che gli costerà ancora sacrifici e delusioni, amarezze e persecuzioni, ma tutto questo non lo ferma, ma anzi lo spinge a correre più forte e dichiara senza esitazione: “…una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù”.
Quale prezioso esempio di fedeltà che dovrebbe ispirare ciascuno di noi! Sì, cari fratelli in Cristo, non importa quale sia la missione che il Signore ha affidato a ciascuno di noi, non importa quale corsa ci abbia chiesto di correre, lunga o breve, difficile o più facile, in salita o sul piano… quello che veramente importa è che noi, prendendo spunto da Paolo, corriamo verso la meta con lo stesso spirito e la stessa determinazione sua, incuranti del giudizio del mondo, che fa di tutto per fermarci e farci desistere, fidando soltanto sull’aiuto del Signore. Posiamo anche noi il nostro sguardo sul traguardo cui Lui ci ha destinati e alla fine della nostra corsa, troveremo il Signore che ci consegnerà la corona di gloria. AMEN
