La giustizia e il perdono

Testi: Matteo 18:15-22; Michea 6:6-8

 

Giustizia e perdono sono due sostantivi che nel mondo non sempre vanno insieme; la giustizia impone che colui che ha sbagliato paghi per il suo sbaglio, mentre il perdono molto spesso viene visto come la “grazia” data a colui che ha sbagliato, il che gli fa evitare la pena che gli sarebbe dovuta per il suo errore.

Nella visione di Dio invece giustizia e perdono sono sinonimi, proprio perché nessuno è giusto davanti al Signore, e solo Lui può perdonare gli errori (i peccati) che ogni uomo commette e di cui poi si pente.

Nella preghiera che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli ci è detto anche: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, ossia il perdono che Dio dà a noi deve essere l’esempio che noi dobbiamo seguire nei confronti dei nostri fratelli.

Nel brano di Mattero proposto oggi poi, Gesù Cristo, interrogato da Pietro, che gli chiede quante volte si debba perdonare un fratello che pecca contro di noi (nella Legge di Mosè era scritto che il fratello che pecca e si pente dovesse essere perdonato fino a sette volte), Gesù gli risponde: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”, ovvero con questo intendeva dire che va perdonato sempre, senza limiti!

Dio, infatti, perdona il peccatore che si pente un’infinità di volte; non c’è limite al perdono di Dio, o meglio un limite c’è, però non è nel perdono di Dio, bensì nella vita del peccatore.

Un peccatore si può pentire un’infinità di volte, chiedendo perdono a Dio, ma questo soltanto finché la sua vita terrena non giunge al termine, perché dopo sarà troppo tardi.

Alcune chiese, per evidenti motivi di “interesse terreno”, hanno ipotizzato l’esistenza di un’ulteriore possibilità di perdono e quindi salvezza, che hanno chiamato “Purgatorio”, ma questo ipotetico luogo non esiste, e questo per una serie di motivi. Primo fra tutti, che esso non è menzionato nella Bibbia, ma è un’invenzione umana successiva, e poi esso trova giustificazione soltanto nella teologia delle buone opere salvifiche, ovvero delle indulgenze in voga nella chiesa medievale, dove si affermava che la salvezza si potesse anche comprare (con buone opere o anche con denaro). E’ però evidente che una tale affermazione è falsa e ingannevole, perché la salvezza è soltanto per grazia di Dio mediante la fede nel Signore Gesù Cristo. Se esistesse davvero questo purgatorio le anime, o i risorti in esso contenuto per scontare le loro pene, non avrebbero alcuna salvezza per grazia, poiché sarebbero chiamati a scontare una pena (e quindi per loro non varrebbe il perdono divino) e non avrebbe effetto su di loro nemmeno la fede, poiché tutti i defunti una volta risorti vedranno Dio e il Signore e non sarà più per fede che avranno creduto, proprio perché allora noi tutti vedremo la gloria di Dio con i nostri occhi.

Rimane dunque il fatto che solo il perdono di Dio ci rende giusti davanti a Lui e che Lui chiede che noi ci perdoniamo a vicenda, anche coloro che ancora non sono credenti, proprio perché sia loro di esempio vedendo il nostro agire misericordioso, e si convertano anche loro al Signore.

Tuttavia, nelle parole di Gesù del testo di oggi, se da un lato è ribadito il perdono di Dio al peccatore che si pente un’infinità di volte, è altresì spiegato che a colui che non si pente non è concesso alcun perdono, e quindi nessuna salvezza.

Il regno dei cieli, infatti, è riservato soltanto a coloro che accettano il Signore Gesù Cristo come loro personale salvatore per fede, ma per accettarlo occorre conformarsi alla sua parola.

Che cosa ci chiede il Signore per conformarci alla sua parola ce lo spiega anche il Profeta Michea: “O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?”

Torna quindi il concetto di giustizia, quella giustizia voluta dal Signore poiché Egli è un dio giusto e il suo obiettivo per l’umanità è che sia stabilita la giustizia per sempre; questo avverrà nel regno dei cieli, dove soltanto i giusti, poiché giustificati (perdonati) da Dio potranno risiedere in eterna beatitudine.

Non c’è dunque contraddizione tra il perdono infinito di Dio verso il peccatore che si pente e la realizzazione della sua eterna giustizia, poiché se il Signore è giusto da sempre, perché scevro da qualsiasi peccato, come ha dimostrato la sua morte sulla croce a riscatto dell’umanità ribelle, per contro l’umanità in Adamo è stata ribelle e peccatrice fin dall’inizio. Il genere umano si è corrotto e quindi non poteva più stare al cospetto di Dio, da qui la cacciata dal Paradiso terrestre, con la promessa però di esservi riaccolta un giorno, quando si fosse pentita del suo peccato.

Il pentimento però, presupposto indispensabile per il perdono, non è più un atto che viene da Dio, ma deve necessariamente venire da OGNI SINGOLO UOMO, Gesù Cristo, infatti, è il nostro PERSONALE SALVATORE, perché la sua salvezza, universalmente valida, purtroppo, sarà stata accolta soltanto da una parte di uomini e donne che sono vissuti, vivono e vivranno su questa terra, pertanto una parte dell’umanità vedrà la condanna eterna, perché coloro che non avranno accolto il Signore (con tutte le sue conseguenze) non saranno ritenuti adatti per entrare nel regno celeste, dove nessun ribelle potrà entrare, proprio perché con il suo comportamento contrario alla giustizia di Dio non finisca per corrompere ancora il nuovo Eden.

Questo concetto è ben presene e spiegato nella Bibbia, anche se purtroppo nel corso dei secoli la Chiesa l’ha spesso distorto o ignorato in un senso o nell’altro, a volte rendendolo molto restrittivo altre volte allargandolo a dismisura, ma entrambe queste interpretazioni non sono quelle volute dal Signore, che ha ben definito quale sia la sua volontà.

Ora cari fratelli in Cristo, a noi basta sapere che il Signore ci ama, che è disposto a perdonarci ogni nostra caduta ogni volta che gli chiediamo perdono e se noi ci atteniamo a quanto Lui ci ha insegnato nella Scrittura, non saremo passibili di giudizio ma riceveremo la corona della salvezza: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv 5:24), quindi mettiamoci nelle amorevoli mani del Signore, senza timore perché il suo amore per noi insieme all’autorevolezza della sua parola, sono le migliori garanzie per noi, ora e sempre. AMEN