La grandezza di Dio e la pochezza umana
Testi: Salmo 139:1-14 Marco 9:14-27
Il salmo proposto oggi è un magnifico inno di lode al Signore, e il più delle volte, quando lo recitiamo, intendiamo proprio lodare il suo nome e ringraziarlo per tutto quello che Lui ha fatto per noi, tuttavia, le sue parole in questo caso, vanno oltre la semplice preghiera di lode.
Il salmista, infatti, rimane estasiato davanti alla grandezza e alla potenza di Dio.
Di fronte alle opere dell’Eterno, che sono troppo grandi perché l’uomo le possa comprendere, lui si sente piccolo, inerme, incapace di qualsiasi cosa che non sia il rimanere fermo, immobile davanti al Signore a contemplare la sua meravigliosa opera.
Allora si stupisce di come Dio abbia fatto l’uomo in modo così stupendo in mezzo alle sue opere, e non riesce quasi a crederci.
Questo passo della scrittura descrive molto bene l’atteggiamento che ha l’uomo fedele di fronte al suo Signore; ma prima ancora ci fa riflettere sul nostro rapporto con Dio.
Un rapporto spesso molto difficile, e a volte decisamente conflittuale;
un rapporto che può andare da un amore viscerale, fino ad un odio implacabile, ma che non può mai lasciarci indifferenti, contrariamente a coloro che pensano e dichiarano, quasi con orgoglio e senso di superiorità, di non credere in nessun dio.
La storia umana ci ha dimostrato che fin dall’antichità tutte le popolazioni in ogni parte del globo, hanno da sempre ricercato un rapporto con la divinità.
Ogni ricerca storica e/o antropologica, ogni scavo archeologico fatto, ha testimoniano che anche la tribù più antica ed isolata dal resto del mondo, dedicava una parte cospicua del suo tempo ad una qualche forma di culto per una divinità.
È quanto mai evidente che un tale comportamento generalizzato non può essere frutto del caso.
L’uomo, infatti, sente l’irrefrenabile bisogno di confrontarsi con Dio, e questo lo possiamo già considerare una prova della nostra creazione divina.
Certamente alcuni la pensano diversamente e propongono spiegazioni contrastanti, ma non è questa la cosa importante, perché la fede dei credenti non si basa certo su fatti dimostrabili, bensì su qualcosa d’intangibile che ci lega al nostro creatore.
Qualcosa che a volte possiamo ignorare di proposito, se e quando ci torna comodo, ma che tuttavia non possiamo eliminare, perché non è nelle nostre facoltà di recidere questo legame.
Che ci piaccia o no, noi siamo delle piccole meravigliose creature di Dio.
Lui ci ha fatti liberi di muoverci nell’ambito dei confini da Lui fissati; siamo liberi di fare la sua volontà o di trasgredirla, di amarlo ed adoralo con tutto il nostro cuore, o di odiarlo e farci beffa del suo volere.
Possiamo persino fingere che Lui non esista proprio e dichiararci apertamente atei; tuttavia, siamo pur sempre legati a Lui da un filo, invisibile ma pur sempre presente, che soltanto con l’approssimarsi della morte scopriamo essere ben più reale e tangibile di quanto abbiamo avuto il coraggio d’ammettere durante la nostra vita.
Allora cari fratelli in Cristo, se noi accettiamo pienamente il nostro essere creature di Dio, e decidiamo di abbandonarci a Lui con tutto il cuore, come fa il salmista, da una parte rimaniamo meravigliati dalla forza della sua presenza, ma dall’altra ne siamo intimoriti e frastornati, perché ci rendiamo conto di quale differenza di grandezza ci sia tra Dio, il nostro Padre creatore, e noi; che pur essendo suoi figli, siamo pur sempre delle deboli e fragili creature.
Diciamocelo francamente fratelli: la verità di Dio ci sconcerta, ci stordisce, ci lascia senza parole. Di fronte al suo mistero, che è e rimane tale, perché se non è Lui a rivelarcelo, noi da soli non potremo mai arrivare a comprenderlo; davanti a questo mistero siamo così timorosi che spesso preferiamo tirarci indietro, fare finta che Dio non esista, o per lo meno che Lui non entri nella nostra vita quotidiana, a meno che non siamo noi a chiamarlo. Ma anche in questo caso preferiamo ricorrere a Lui il meno possibile, giusto nei casi d’emergenza, quando proprio siamo disperati e non sappiamo dove altro sbattere la testa.
In questi casi una preghiera accalorata a Dio la facciamo volentieri. Altrimenti nella nostra quotidianità ci limitiamo a qualche preghiera frettolosa e spesso formale, perché in fondo fin da bambini ci hanno insegnato che è sempre meglio non contrariare la divinità. Ma anche in questi casi preferiamo chiedere che Dio si limiti ad allontanare da noi il Male, senza interferire troppo nella nostra vita, per timore che lui si aspetti qualcosa in cambio da noi.
La verità è che noi abbiamo paura di Dio! Paura nel senso che, come gli antichi temevano che dopo aver visto il volto di Dio sarebbero morti, noi temiamo che Lui sia troppo grande per noi da gestire.
Ci rendiamo conto che non riusciamo a comprenderlo veramente, e come tutte le cose che non comprendiamo, ne abbiamo paura, e quindi, più o meno inconsciamente, le evitiamo.
Così facendo però perdiamo una cosa molto importante, una cosa che è alla base di ogni convivenza pacifica e fraterna: la conoscenza che ci viene dall’intima condivisione quotidiana!
Cosa accadrebbe oggi se la potenza di Dio si manifestasse apertamente con un segno miracoloso proprio qui davanti ai nostri occhi? Saremmo increduli? Avremmo paura?
Probabilmente si, perché conosciamo troppo poco Dio Padre e la sua potenza, anche se essa è legata al suo immenso amore per noi, come ci ha dimostrato suo figlio Gesù Cristo.
Ed è proprio il secondo passo della scrittura proposta oggi che dovrebbe farci riflettere, perché quell’uomo, quel padre di famiglia che incontra Gesù, rappresenta meglio di chiunque altro l’umanità, che pur credendo in Dio, non lo conosce a sufficienza, ne ha paura, e quindi vacilla anche nella fede.
“...ma tu, se puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”
Con queste parole l’uomo del racconto, disperato per aver provato inutilmente tutte le umane soluzioni al problema di suo figlio malato, si rivolge a Gesù, l’uomo di Dio, che aveva la potenza di Dio.
Eppure quel padre era un credente, un israelita che conosceva la Parola dell’Eterno, data al Popolo Eletto mediante la Legge di Mosè.
Gesù quando ode questa richiesta rimane sconcertato.
Già deluso per la poca fede che ha trovato in mezzo al suo popolo, Gesù di fronte a questo padre disperato, che rappresenta in realtà la condizione in cui versa tutto il Popolo Eletto, risponde: “Dici: "Se puoi!" Ogni cosa è possibile per chi crede”
Questo è un momento d’una grandissima intensità emotiva; il momento in cui Dio e l’uomo si incontrano.
E badate bene qui non è l’uomo che sale in cielo ad incontrare Dio, rapito in un’estasi mistica, ma è Dio che scende sulla Terra, e si abbassa al livello dell’uomo, come ha fatto Gesù Cristo, per farsi conoscere e comprendere da lui, proprio con lo scopo di non farsi più temere, ma amare!
Riuscite fratelli a percepire l’intensa emozione che c’è in questo momento?!
Provate ad immaginare lo sguardo impaurito e sfiduciato di quell’uomo che incontra lo sguardo, sì deluso, ma anche amorevole e comprensivo, di Dio, che conosce tutta la debolezza umana!
Ecco, è in quel momento che negli occhi di quest’uomo si riaccende una luce di speranza, quella speranza che gli fa dire:
“Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità”!
Questa è la nuova speranza portata da Cristo, e questo è l’atteggiamento dell’umanità di fronte al nuovo annuncio dell’Evangelo.
“Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità”!
Nella frase di quest’uomo è riassunta tutta la nostra fede e il nostro rapporto con Dio.
“Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità”!
Noi siamo si credenti in Cristo Salvatore del mondo, tuttavia, sappiamo bene di non essere in grado di fare nulla da soli, di non avere la forza per fare nulla. Di fronte a Dio, non possiamo che gridare: “vieni in aiuto alla mia incredulità!”
E allora ecco che ritornano le parole del salmista: “La conoscenza che hai di me è meravigliosa, troppo alta perché io possa arrivarci. Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito…”, che sono anche le parole di noi credenti che riponiamo in Cristo ogni speranza e, riconoscendo la nostra pochezza, ci abbandoniamo a Lui con tutto il cuore perché ci dia anche la forza di continuare a credere ed operare nel suo nome. AMEN