La lontananza e l'attesa di Cristo
Testi: Salmo 25; Matteo 24: 45-51- 25: 1-13
Oggi cari fratelli in Cristo vi voglio raccontare una nuova parabola, che non è tra quelle che Gesù ci ha lasciato, ma che credo possa essere un valido adattamento alle mutate condizioni dei nostri tempi proprio delle due parabole proposte nel Vangelo di Mattero.
La chiamerò la parabola dei tre emigranti.
Ai nostri giorni, in uno dei tanti paesi del sud povero del mondo c’erano tre uomini. Tutti e tre vivevano con le loro famiglie e ogni giorno cercavano in tutti i modi di portare a casa il necessario per vivere; purtroppo nel loro paese non c’era lavoro a sufficienza per tutti, e l’unica soluzione per dar da mangiare alle loro famiglie, fu quella di emigrare per andare a cercare lavoro in uno dei paesi ricchi del nord del mondo.
Dovettero fare enormi sacrifici per arrivarci, subendo anche le angherie dei traghettatori di clandestini, gente senza scrupoli, a cui dovettero pagare il viaggio a caro prezzo.
Una volta giunti nel nuovo paese, si dovettero adattare ad un umile e pesante lavoro con orari estenuanti ed una paga modesta che però accettarono loro malgrado per poter inviare i soldi necessari al mantenimento delle famiglie rimaste nel loro paese d’origine.
Vivere in questo nuovo paese, dove tutto era così diverso dal loro, non era facile; la gente del luogo li guardava con diffidenza se non addirittura con disprezzo.
La cosa che però pesava più di tutte ad ognuno di loro era la lontananza dalle loro famiglie!
La separazione forzata dai loro cari si faceva sentire ogni sera quando essi tornavano a casa dopo una lunga giornata di lavoro e si ritrovavano soli in un paese straniero, dove nessuno dava loro quel calore e quell’affetto di cui ogni essere umano ha bisogno per vivere.
Intanto il tempo passava: prima i mesi, poi gli anni, e l’impossibilità di tornare a casa dai loro cari a causa del proibitivo costo del viaggio e delle tante difficoltà burocratiche, si faceva sempre più insopportabile.
Fu così che il primo dei tre, affascinato dalla ricchezza di questo paese del nord del mondo dove tutti vivevano nel benessere, stanco di restare solo, cominciò a pensare sempre meno alla sua famiglia di origine, conobbe una donna di questo nuovo paese con cui si risposò e formò una nuova famiglia dimenticandosi alla fine di quella che aveva lasciato.
Anche il secondo dei tre si sentiva solo, ma, vedendo la ricchezza del paese dove si trovava e il livello di vita socio economico dei cittadini del ricco nord del mondo, si vergognava della povertà e dell’arretratezza del suo paese e dei suoi connazionali. Avrebbe si voluto avere accanto sua moglie e i suoi figli per vivere con loro nel relativo benessere raggiunto, ma essendosi ormai inserito nella società del nuovo paese si vergognava ora della sua famiglia di origine, rimasta povera e così lontana dalla cultura del nuovo paese, tanto che di fronte alle domande dei suoi nuovi amici, mentiva sulle reali condizioni di vita dei suoi cari per non dover dire che in realtà essi vivevano ancora miseramente in un povero villaggio.
Il terzo dei tre viveva anch’egli la lontananza dai suoi cari con grande angoscia, avrebbe ardentemente desiderato poter riabbracciare sua moglie e i suoi figli più di ogni altra cosa al mondo, la lontananza era terribile da sopportare, ma egli si sforzava di vivere ogni giorno come se all’indomani avesse riabbracciato i suoi cari.
In ogni momento difficile, il suo pensiero andava a sua moglie e ai suoi figli e si faceva forte del fatto che il suo sacrificio era giustificato proprio perché era fatto per il bene dei suoi cari che un giorno non lontano avrebbe rivisto.
Queste tre storie hanno un elemento in comune: la lontananza!
La lontananza dalle persone che più amiamo, che a volte dobbiamo sopportare non per nostra scelta ma nostro malgrado.
Sono situazioni che possono accadere, e accadono oggi a molti immigrati che vengono in Italia in cerca di lavoro, e che accadevano in passato agli italiani che andavano all’estero a cercare lavoro, lasciando le famiglie nel paese d’origine per lunghi periodi, a volte anni ed anni.
La lontananza è una cosa terribile perché provoca sempre e comunque sofferenza, ma se essa perdura per molto tempo per qualcuno può avere conseguenze ancora più devastanti perché può far vacillare e distruggere anche i legami che si credevano forti ed inattaccabili.
I tre protagonisti del racconto rappresentano tre diversi modi di reagire di fronte alla lunga attesa di una persona lontana a cui siamo legati ma che tarda a ritornare.
Chi è per noi credenti la persona amata da cui siamo lontani e di cui aspettiamo con impazienza il ritorno?
Quella persona è Gesù Cristo. Egli dopo essere resuscitato dai morti, è salito al cielo e ci ha detto che presto ritornerà per restare sempre con noi.
Da quando però è partito sono passati molti anni, almeno per il nostro modo di concepire il tempo, e questi anni cominciano a pesare perché pur avendo in lui una profonda fede, pur essendo mossi da un grande amore nei suoi confronti e pur sostenuti da una viva speranza nel suo ritorno, ciascun cristiano si trova ad essere solo su questa terra ad affrontare le tante difficoltà.
Come immigrati stranieri in un mondo che ci considera spesse volte con diffidenza se non con ostilità, arriviamo alla sera di ogni nostro giorno sentendo che in fondo siamo soli, che Cristo non ci aspetta a casa per riabbracciarci come vorremmo, e come i tre emigrati del racconto sentiamo il peso della lontananza da Cristo, colui che ci ama e con cui desidereremmo ardentemente stare.
Orbene, ciascuno di noi di fronte alla sua solitudine cerca di trovare la soluzione meno dolorosa, esattamente come hanno fatto i tre emigranti; ed ognuno trova la sua personale risposta.
Ci sono coloro che, come ha fatto il primo dei tre emigranti, non resistono oltre nell’attesa;
costoro hanno si amato Cristo un tempo, ma per loro la lontananza è troppo forte da sopportare; costoro sanno che Cristo potrebbe essere la risposta alle loro ansie, ma di fronte alla scelta tra: continuare in un’attesa senza fine in un mondo che li considera estranei perché diversi, e diventare anche loro parte di questo nuovo mondo ed essere da esso accettati subito, scelgono questa seconda alternativa.
Essi abbandonano e dimenticano i loro cari lontani, cioè smettono di pensare a Cristo e alla sua promessa di ritrovarci insieme un giorno, e si rifanno una nuova vita secondo gli usi ed i costumi del nuovo paese, cioè accettano le regole di questo mondo e con esse anche il loro nuovo signore: il principe di questo mondo.
Vi sono poi altri che, come il secondo dei tre emigranti, si rendono conto che l’amore verso la loro famiglia è troppo grande per essere spezzato, ma nello stesso tempo sentono che questo mondo pieno di lusinghe è molto desiderabile, forse troppo desiderabile perché sia possibile rinunciare a farvi parte in qualche modo.
Posti di fronte alla scelta tra questo mondo e la loro famiglia, anche se non hanno il coraggio di rinnegare apertamente la loro famiglia, di fatto scelgono di vivere “in e per” questo mondo in cui non trova posto il loro passato, un passato di cui ora hanno vergogna. Questi sono quei cristiani che pur volendo rimanere tali perché si sentono legati a Cristo, danno ormai per scontato che Cristo sia lontano e che anche se un giorno tornerà, possibilità che non escludono a priori, essendo passato tanto tempo essi devono organizzare la loro vita quaggiù come se Egli non dovesse mai più tornare.
Il Cristo in cui costoro credono non è più il Cristo presente e reale che ci annunciano le Scritture, ma è la loro idea del Cristo, cioè il Cristo che loro stessi si sono ricreati nella loro mente a proprio uso e consumo, che è poi l’unico Cristo che questo mondo è disposto ad accettare.
Infine ci sono coloro che, come il terzo dei tre emigranti, benché lontani dai propri cari, non per propria scelta, ma per necessità, vivono ogni giorno come se i loro cari fossero da li a venire il giorno seguente.
La separazione è si dolorosa, e non potrebbe essere altrimenti, ma essa è un sacrificio più che tollerabile perché è la premessa per poi poter stare di nuovo insieme. Chi lotta fermamente ogni giorno della propria vita in funzione di questo obiettivo ne riceve forza da esso e non si fa abbattere dalle difficoltà, né sedurre dalle lusinghe del mondo in cui viviamo come stranieri.
Costoro sono quei cristiani che sanno di dover vivere in questo mondo e lavorare duramente per sopravvivere, perché questo è l’unica strada per potersi ritrovare con Cristo;
per questo sopportano con pazienza le difficoltà e le discriminazioni, accettano di essere scavalcati e derisi dai figli di questo mondo, acconsentono di essere talvolta umiliati e talvolta di subire ingiustizie palesi nel nome di Cristo, fino ad arrivare al martirio, però preferiscono continuare a rimanere fedeli a Cristo.
Essi, nonostante tutto, non si lasciano sedurre dalle lusinghe di questo mondo e non voltano le spalle a Cristo, così che essi vivono con Cristo sempre presente nella loro vita, non come un’idea ma come una persona reale che sarà presto di nuovo con loro.
Ora cari fratelli in Cristo, a chi vogliamo assomigliare noi in attesa che si compia il Regno di Dio e ritorni il nostro Salvatore Gesù Cristo?
Gesù ci ha detto che tornerà presto e che questo mondo non è quello che lui ha preparato per noi “vado a prepararvi un posto…” ci ha detto, ma noi oggi possiamo scegliere il nostro destino.
Vogliamo noi compiere la scelta del primo emigrante, cioè vogliamo voltare le spalle a Cristo visto che Egli tarda troppo a ritornare ed accettare la vita in questo mondo assecondando il principe di questo mondo?
Vogliamo fare come il secondo emigrante e cominciare a costruirci un nostro Cristo personale in cui credere fatto ad uso e consumo del cristiano che pensa che la vera vita da vivere sia quaggiù e la conforma agli usi di questo mondo, perché non crede più nel ritorno di Cristo?
O non vogliamo forse aspettare vigili il ritorno del nostro Signore che ci ha promesso che tornerà presto?
Ognuno di noi faccia la sua scelta, è libero di farlo, ma non cadiamo in errore però, la Parola di Cristo così com’è contenuta nelle Scritture si adempierà fino all’ultima lettera e il Signore tornerà quando meno ce lo aspettiamo come egli ci ha preannunciato nelle parabole proposte oggi, e ci chiederà conto della scelta fatta.
Non ci distraiamo dunque dietro le cose del mondo e dietro un Cristo artificiale, che molte chiese oggi propongono per farlo/si accettare dal mondo, ma che non è quello delle Scritture.
Se amiamo veramente Cristo con tutto il cuore viviamo per lui ogni giorno della nostra vita;
la nostra vita stessa è di fatto un’attesa che si compia la promessa;
ogni nostra azione, ogni nostro pensiero, ogni nostro gesto, ogni nostra parola sarà in funzione di questo.
Come gli emigranti che devono con fatica e sudore guadagnarsi il pane, anche noi non possiamo certo permetterci di sederci inoperosi ad aspettare Cristo, non è questo che Lui si aspetta da noi, quello che Lui desidera da noi, mentre viviamo la nostra vita in questo mondo, è che la nostra mente sia rivolta a Lui, che il nostro cuore sia palpitante di desiderio nei suoi confronti, che il nostro animo sia sereno e pieno di speranza al pensiero che Lui, sia pur ancora lontano fisicamente, è comunque sempre vicino a noi col suo Spirito.
Alcune famiglie di credenti quando preparano la tavola mettono un coperto in più: quello è il posto riservato al Signore! È evidente che Lui oggi non si siederà fisicamente alla nostra tavola, perciò un tale gesto ci può lasciare un po’ perplessi, ma in realtà ha un grande significato perché vuole sottolineare il fatto che Gesù Cristo è uno di noi, uno della nostra famiglia di cui si aspetta il ritorno imminente, anche se per il momento è ancora lontano.
Gesù Cristo non è un’idea o un mito o una vaga speranza, ma bensì una persona reale.
Solo se noi sentiremo Gesù Cristo come una persona reale, che fa parte della nostra vita, della nostra famiglia, del nostro mondo quotidiano, riusciremo a vivere con Lui amandolo come una persona cara che al momento non è con noi, ma che desideriamo di riabbracciare presto.
Ma se noi cominceremo ad avere di Cristo un immagine sfocata che ci deriva da un lontano passato, se il nostro amore verso di Lui diventa un vuota forma di devozione, se le nostre preghiere diventano formule meccaniche ripetute senza più convinzione, se la nostra visione di Cristo sarà quella che ci siamo noi stessi creati nella nostra mente per appagare un nostro recondito desiderio di protezione, ecco che per noi Cristo non sarà più la persona che è a noi vicina e che amiamo con tutto il cuore, e pian piano anche la sua presenza si farà debole ed evanescente fino a quando sparirà del tutto!
Non permettiamo che questo accada!
Manteniamo viva nel nostro cuore la fiamma dell’amore di Cristo, viviamo giorno dopo giorno con Cristo, non smettiamo mai di pregare e lodare il Signore, non tralasciamo di rendergli grazia per tutto quello che Egli ci dona, in sostanza: consideriamo Cristo come una persona viva e reale a cui siamo legati e che è vicina a noi, anche se non lo è fisicamente perché momentaneamente lontano, e non come un’idea o un ricordo passato.
Cristo vive, Egli è colui che era, che è, e che viene!
Aspettiamolo dunque oggi come ognuno di noi aspetta il proprio figlio che deve tornare da scuola o il proprio marito o la propria moglie che ritornano dal lavoro;
non è il tempo che è importante, non è il “quando” questo avverrà che deve fare la differenza, ma, il fatto che ognuno di noi creda fermamente che “questo avverrà con certezza” e di conseguenza regoli la propria vita per viverla con Cristo presenza viva e reale a nostro fianco ogni giorno. AMEN