La parabola dell nozze
Testo: Matteo 22:1-14
Quando Gesù raccontò questa parabola, aveva davanti a sé la situazione dei capi del popolo d’Israele, i sacerdoti e gli scribi, in buona sostanza tutti quelli che all’epoca contavano qualcosa nella società ebraica, e che quindi con una loro decisione avrebbero potuto influenzare in modo determinante la scelta del popolo, ossia se accogliere Gesù quale Messiah mandato da Dio, o rigettarlo come avevano fatto con i tanti impostori venuti prima di lui.
Per la precisione, quando Gesù racconta la parabola, gli appare ormai chiaro che i capi del popolo avevano rifiutato di ritornare a Dio accogliendolo come Messiah, infatti, si riferisce a loro con queste parole: “Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni…”, e quindi trae le sue inevitabili conclusioni, facendo dire al re che nella parabola parlava ai suoi servi, (ossia è Gesù che parla ai suoi Apostoli): “Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete”.
Questa poi sarà la missione che Gesù Cristo assegnerà a tutti i suoi discepoli, presenti e futuri: “Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura…” (Mc 16:15)
Noi, uomini e donne di ogni tempo, siamo quelle creature di cui parla Gesù Cristo, ossia noi siamo gli invitati raccolti ai crocicchi delle strade. Siamo persone che non avevano nessun futuro, e nemmeno un presente da cui sperare un gran che dopo tutto, perché chi vive ai crocicchi delle strade, solitamente i mendicanti e i barboni, ossia gli ultimi individui delle società umane, non posseggono nulla, e possono soltanto sperare nella generosità (carità) dei benestanti che allungano loro qualche spicciolo.
In verità, “sperare nella carità altrui”, non piace a nessuno; chi di noi non vorrebbe invece possederle per proprio conto le cose? Chi non preferirebbe avere di che dare agli altri, anziché dover aspettare di ricevere dagli altri?
Se ci pensate bene cari fratelli in Cristo, sono appena passate le festività di Natale, dove tutti ci siamo sentiti più buoni, e quindi più generosi nei confronti dei meno fortunati di noi; chi di noi però ha provato a mettersi nei panni di coloro che devono invece ricevere qualcosa?
Sì, siamo andati ai culti di Natale, ringraziando Dio per aver mandato il suo figliolo Gesù Cristo a salvarci (riscattarci) dai nostri peccati, però nel profondo del nostro cuore, influenzati da un mondo che a Natale sente di doversi presentare come più buono e generoso, anche noi abbiamo ritenuto più importante, anzi prioritario, essere noi quelli che devono dare, che devono fare gesti di generosità, quasi volessimo con questo “comprare o ripagare” la generosità di Dio verso di noi, ossia ripagare in qualche modo la generosità di Colui che ci ha raccolto ai crocicchi delle strade e ci ha fatto sedere al tavolo delle nozze.
Ebbene cari fratelli in Cristo, con Dio non funziona in questo modo! Alle nozze dell’Agnello non si paga per entrare, l’invito è gratuito, perché gratuita è la salvezza offertaci da Cristo.
Cosa ci chiede però il Signore per entrare nel suo banchetto nuziale?
Ci chiede di indossare l’abito delle nozze!
A prima vista può sembrare paradossale che dei mendicanti possano possedere un abito adeguato ad andare ad un banchetto di nozze, ma è chiaro che quello della parabola non è un abito che può fornirci questo mondo, ossia non sono le opere buone e la generosità che noi possiamo praticare verso il prossimo per compiacere Dio, che possono aprirci le porte del cielo.
Noi siamo tutti stati salvati per grazia mediante la sola fede in Gesù Cristo, e questo è l’unico abito di nozze degno del banchetto di Dio.
Per partecipare al pranzo cui ci chiama il Signore, bisognava aver rivestito l'abito da nozze che ci è stato dato dal re stesso, ossia da Dio.
Per tutti gli invitati, la sola condizione posta da Dio per essere accolti nel suo regno è che abbiamo messo da parte la nostra propria giustizia, per rivestire quella di Gesù Cristo;
fintanto che noi pensiamo, o riteniamo, di poter avere noi qualcosa da offrire a Dio in cambio del suo invito (della nostra salvezza), noi non potremo indossare l’abito di nozze che Lui ci ha preparato e posto davanti affinché lo indossassimo.
Questo terribile errore (peccato) che si chiama “orgoglio umano”, “desiderio di essere come Dio”, perseguita l’uomo fin dal tempo di Adamo, ed è veramente il più difficile da togliere, proprio perché presuppone non un “nostro fare”, bensì un “lasciare che Dio faccia al posto nostro”.
Anche quando siamo mossi dalle più lodevoli intenzioni verso Dio e verso il prossimo, non ci rendiamo conto che con questo nostro “voler fare” stiamo in verità ostacolando il lavoro salvifico di Dio nei nostri confronti.
Pensate a quando una persona sta affogando e sente l’acqua scendergli già per la gola, quindi si agita e grida; in quel momento arriva il bagnino che lo afferra e gli dice di rilassarsi e di non muoversi perché ci penserà lui a portarlo in salvo. Quando la persona che stava annegando ubbidisce alle istruzioni del soccorritore, ecco che questi lo prende e lo porta in salvo senza fatica e in tutta sicurezza, ma quando la paura, o il desiderio di fare qualcosa per salvarsi, fanno agitare il naufrago, ecco che lui e il soccorritore rischiano entrambi di annegare. È allora che il salvatore da un forte pugno alla persona fino a tramortirla per poterla portare in salvo in sicurezza.
Noi siamo come una persona che sta annegando: il Signore viene in nostro soccorso e tutto quello che dobbiamo fare è abbandonarci con fiducia nelle sue braccia, senza fare nulla, ma avendo piena fiducia in lui: “confida con tutto il cuore nel Signore e non ti appoggiare sul tuo discernimento…” (Pv 3:5), ma quando noi ci agitiamo e vogliamo noi fare qualcosa, ecco che il Signore ci manda una prova (ci dà un cazzotto), e poi se non comprendiamo, una seconda, e poi anche una terza se necessario, fino a quando non ci arrendiamo completamente a Lui, in modo che Lui ci possa portare in salvo in tutta sicurezza.
Quindi cari fratelli in Cristo anche per questo nuovo anno, abbandoniamoci con fiducia nelle braccia del Signore; stiamo fermi e lasciamo che sia sempre e solo Lui a guidarci e salvarci ogni giorno della nostra vita, indossando così l’abito da nozze che ci permetterà di entrare senza problemi al banchetto nuziale dell’Agnello. AMEN