La pietà
Testi: 1 Timoteo 4:1-10
L’Apostolo Paolo, ormai avanti con gli anni, scrive a Timoteo, il suo naturale successore (come Eliseo lo fu per Elia), istruendolo circa la miglior condotta da tenere con le nascenti comunità cristiane. Ovviamente le stesse raccomandazioni sono valide anche per noi oggi, in un’epoca nella quale gli avvertimenti di Paolo sono tornati molto attuali nella Chiesa e nella società odierne.
Possiamo ben comprendere che Paolo esorti Timoteo alla pietà: “... Esercitati... alla pietà, la pietà è utile ad ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella a venire”, mentre potrebbe sorprenderci che accosti la pratica della pietà con quella dell’esercizio fisico: “L'esercizio fisico è utile a poca cosa, mentre la pietà è utile a ogni cosa”.
A questo riguardo va detto che ai tempi dell’Impero Romano l’esercizio fisico, ossia la frequentazione di palestre, terme, e ovviamente campi d’addestramento alle armi, erano in gran voga; i romani curavano in particolar modo il proprio aspetto e la propria forma fisica, cosa che gli altri popoli, e in particolar modo gli Ebrei (da cui proveniva la cultura di Paolo), facevano assai meno. Non sorprende quindi che Paolo, venuto a contatto col mondo romano, accosti l’esercizio fisico a quello spirituale, privilegiando nettamente il secondo, in vista della salvezza eterna.
Dopo la caduta dell’impero romano e con il progressivo avvento della cultura cristiana, l’esercizio fisico e la cura estetica della persona hanno perso la centralità, a vantaggio dell’aspetto spirituale; questo almeno fino ad un recente passato, quando la nostra società occidentale ha “ripreso il culto della cura del corpo” di romana memoria, e ancora una volta a scapito di quella dello spirito. È ormai sotto gli occhi di tutti che l’aspetto spirituale dell’uomo stia perdendo terreno un po' ovunque: le chiese si svuotano, la società si fa sempre più laica, e l’uomo torna a mettere sé stesso al centro, con una ricerca spasmodica della forma e della bellezza fisica (tutti vogliono rimanere giovani ad ogni costo, ben oltre l’età biologica!)
In questo vediamo come, laddove viene a mancare l’amore per Dio e per il prossimo, lo spirito soffre, la pietà si eclissa, mentre ritorna l’esaltazione della carne, esattamente come all’epoca dell’impero romano pagano!
Oggi vediamo una frotta di giovani, e meno giovani, frequentare assiduamente palestre, spa e saloni di bellezza per tonificare il proprio corpo, ma al contempo vediamo le chiese (specialmente quelle storico-secolarizzate) svuotarsi.
Ben profetizzò quindi Paolo quando, mettendo in guardia Timoteo contro questo grave pericolo, scriveva: “Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza”.
Cosa possiamo fare noi per fermare questa deriva neopagana? La risposta sta nell’accogliere le esortazioni di Paolo, che ci spiegano come la pietà, sentimento contemplato nella Bibbia, sia una venerazione fatta di rispetto, di affetto e di sincera adorazione a Dio.
L’uomo che mette al centro sé stesso, vive per la carne, colui che mette al centro l’amore per il Signore invece vive guidato dallo Spirito.
Già il profeta Osea chiamava gli israeliti ad una sincera conversione a Dio: “Io amo la pietà e non i sacrifici, e la conoscenza di Dio anziché gli olocausti” (Osea 6:6), poiché il Signore reclama uno slancio del cuore, un dono dell'essere intero, invece di una religione formalista che esegue meccanicamente le prescrizioni ordinate dalla Legge.
Quindi Paolo raccomanda a Timoteo, e quindi a ciascuno di noi: “... Esercitati... alla pietà, la pietà è utile ad ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella a venire”, e ci mette nello stesso tempo in guardia contro la falsa pietà, diffusa ovunque, ma specialmente in quelle società, come la nostra attuale, dove l’amore di Dio è stato sostituito con l’amore per se stessi, per il proprio io; un amore non per il prossimo, bensì per l’uomo come essere “dio di sé stesso”.
Il falso amore che oggi si propone nel mondo, infatti, non è a favore del prossimo in quanto fratello e figlio di Dio, ma dell’uomo in quanto essere che esalta sé stesso e diventa padrone del mondo.
Ecco dunque che il segno distintivo dell'apostasia consiste allora “nell'avere le forme della pietà avendo rinnegata la potenza”.
Dobbiamo quindi tornare a rendere a Dio un culto accettevole, con riverenza e timore, ed esercitare la pietà verso ogni creatura di Dio, a cominciare dalla famiglia e verso il prossimo.
La pietà esercitata nei confronti della nostra famiglia, dei nostri genitori e dei nostri figli è estremamente gradita a Dio perché essi sono il primo nucleo della creazione. Quindi la pietà verso il creato di Dio nella sua meravigliosa completezza e perfezione, ci mettono in comunione con Lui e ci permettono di vivere una vita piena e gioiosa. “Esercitiamoci” anche noi quindi alla pietà! AMEN