La presenza di Dio

Testi: Isaia 38 :1 – 8

 

Il testo scelto per la predicazione di oggi contiene alcuni importanti punti su cui vi invito a riflettere. Uno di questi in particolare, è anche il filo conduttore di questo racconto, ed è alquanto trascurato ai nostri giorni, pur essendo un tema centrale: parlo della “presenza di Dio”, o meglio della presenza tangibile e concreta di Dio nella nostra vita quotidiana.

Ezechia era un servo devoto di Dio che obbediva con zelo alla legge del Signore e come tale viveva al suo cospetto giorno dopo giorno, felice della sua fedeltà e grato delle benedizioni che Dio gli aveva accordato.

Un giorno però Dio manda il profeta Isaia da Ezechia, che in quel momento era colpito da una grave malattia, e gli annuncia la sua morte imminente.

Sembra una decisione senza appello perché il Signore ha così stabilito e, quasi fosse un gesto di cortesia nei suoi confronti, lo avvisa per tempo di sistemare le sue cose prima che la morte sopraggiunga perché i suoi giorni volgono al termine.

Ezechia, tuttavia, non ci sta a morire in questo modo, sa che la parola di Dio sarà adempiuta ma trova tuttavia questa decisione prematura ed ingiusta, perché ritiene di aver servito bene il Signore e di non meritare di morire così presto, di conseguenza rivolge al Signore una fervente preghiera a sostegno delle sue ragioni.

Il Signore ascolta e risponde: vista la profonda fede di Ezechia nei suoi confronti, decide non solo di accogliere la sua preghiera, allungandogli la vita di altri 15 anni, ma si adopera inoltre affinché il suo regno sia liberato dagli Assiri che lo minacciano.

Dio comunica il tutto tramite il profeta Isaia, portavoce ufficiale del Signore, che era rispettato ed ascoltato da Ezechia, per cui non vi era dubbio che quanto riferito da Isaia corrispondesse a quanto detto da Dio, ma Dio per non lasciare alcuna incertezza circa il fatto che questa fosse la sua decisione, aggiunge un segno che non potrà essere in alcun modo travisato: fa retrocedere l’ombra che il sole proietta sui gradini di 10 gradini!

Questa serie di avvenimenti, come dicevo, sono tra loro legati da un filo conduttore, e questo filo è la presenza di Dio, che dialoga con Ezechia.

Nel primo punto vediamo Dio che afferma la sua potestà sul popolo d’Israele, e quindi anche su Ezechia che ne è il re, e gli comunica la sua decisione di porre termine alla vita di Ezechia stesso;

al secondo punto troviamo Ezechia che, all’udire la decisione di Dio, non si ribella a Dio ma comunque non si rassegna e prega ardentemente Dio perché cambi la sua decisione;

al terzo punto, di fronte alla reazione di Ezechia, non isterica o sprezzante, ma motivata da una serie di considerazioni, Dio rivede la sua decisione concedendo più di quanto Ezechia stesso aveva chiesto;

nel quarto punto, a conferma della sua potestà, Dio fa seguire un segno chiaro ed inequivocabile affinché nessuno possa dubitare che quello che è avvenuto non è frutto del caso ma bensì del suo intervento.

Mi sembra chiaro che Dio è ben presente ed è protagonista della vicenda di Ezechia.

Proviamo ora a trasportare questa vicenda nella nostra quotidianità, proviamo a vestire ciascuno di noi i panni di Ezechia.

Quanti di noi oggi si aspetterebbero mai di ricevere un messaggio da Dio che ci annuncia con un congruo anticipo la nostra morte al fine di prepararci per l’evento?

Certo la stragrande maggioranza degli uomini non viene avvertita da Dio quando si appressa il momento della fine, tuttavia, come Ezechia anche noi in presenza di una malattia grave ci rivolgiamo a Dio pregando per la nostra guarigione e attendiamo un qualche miglioramento come conseguenza delle nostre preghiere.

Nessuno tuttavia si aspetta di ricevere da Dio notizie del tipo di quelle ricevute da Ezechia: “va tranquillo perché ho allungato la tua vita di altri 15 anni!”

Se poi Dio ha ascoltato le nostre preghiere, ammesso che la sua originale decisione fosse veramente quella di far finire la nostra vita, e invece a seguito delle nostre suppliche noi siamo guariti da Dio, ben difficilmente Egli ci farà avere un segno chiaro della sua decisone come quello di spostare l’ombra di 10 gradini!

Perché tutto questo non accade a noi come è descritto nel passo di Isaia?

A questa domanda potremmo trovare tante risposte e fare tante congetture da passarci delle ore, ma parlare di queste cose oggi per i più significa entrare nel campo dei c.d. “miracoli” ed uscire dal campo della razionalità!

Persino molti dei moderni studi della scrittura si affidano ormai al c.d. “metodo storico – critico”, che avrà senza dubbio il vantaggio di aiutare i fedeli a capire meglio il contesto in cui la scrittura è stata rivelata, ma che ha anche il grave limite di voler spiegare Dio con gli strumenti della ragione anziché con quelli della fede!

Ezechia parlava con Dio sapendo che Dio era li ad ascoltarlo, parlava con Lui con la naturalezza che ciascuno di noi può usare quando parla con il proprio capo ufficio o con una qualunque altra persona che occupa una posizione superiore alla nostra e a cui dobbiamo un certo rispetto, cioè col riguardo che si deve usare in questi casi, ma egli parlava con la certezza di avere di fronte una persona reale che ascoltava e rispondeva.

Il timore di Ezechia era quello che Dio decidesse di non tornare sulle proprie decisioni e che quindi lo lasciasse morire, ma non certo quello che Dio non lo udisse, o peggio ancora che Dio non fosse presente!

Quando noi ci ritiriamo nella nostra stanza a pregare il Signore e, come spesso accade domandiamo qualche cosa, anche il nostro interrogativo è: mi ascolterà il Signore? Acconsentirà alla mia richiesta?

Questo almeno dovrebbe essere l’unico dubbio che un credente ha, il dubbio sul fatto che il Signore giudichi la nostra richiesta degna di essere accolta o meno;

ma purtroppo oggi il vero dubbio per molti credenti, non è questo!

Il mondo s’interroga se Dio esiste veramente, e non se Dio ci ascolta o meno!

La presenza di Dio non è percepita, perché, come già ai tempi d’Ezechia, Dio si vede solo attraverso gli occhi della fede e non quelli della ragione;

e dove non c’è fede Dio non si rivela, e dove c’è poca fede anche Dio si rivela poco.

E quanta poca fede c’è in questo mondo, me lo domando pensando alle parole di Gesù Cristo che ci dice: “Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico che chi dirà a questo monte: - togliti di la è gettati in mare-, se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto” (Mc 11: 22-23), eppure oggi neanche i terremoti riescono a scuotere le montagne, figuriamoci le preghiere!

Noi diciamo di avere fede in Dio, ma viviamo in un mondo ateo e razionale così che anche la nostra fede ne viene affievolita, e anche nelle nostre chiese si tende, se non a mettere apertamente in dubbio la potenza di Dio, almeno a relegarla in secondo piano per non apparire in contrasto con le idee del mondo.

Forse è già tanto che Dio si riveli nei nostri cuori, perché dall’intimo di ogni credente il potere del mondo non riesce ancora a scardinare la fede in Gesù Cristo, ma certo molti di quelli che si dicono credenti non riescono più ad avere il rapporto che Ezechia aveva con Dio;

così alla nostra poca e fredda fede non è dato di vedere l’ombra che retrocede di 10 gradini a conferma dell’avvenuto accoglimento della nostra richiesta.

Spesso viviamo la nostra vita come se Dio fosse solo un essere lontano, uno spirito debole che viene da un passato remoto e che ci aspetta in un lontano futuro;

consideriamo il libro della Genesi come una serie di favole non “scientificamente dimostrabili” e quello dell’Apocalisse come una serie di visioni fantastiche fuori dal mondo e dalla realtà!

Ma è questa la fede che dobbiamo avere in Dio? Siamo così ciechi da non vedere il nostro Signore che è seduto accanto a noi? Siamo così sordi da non udire la voce di Dio che ci parla attraverso il suo Santo Spirito?

Se nel nostro secolo il maggior dilemma è ancora quello di credere o non credere in Gesù Cristo, anziché quello di porre la nostra fiducia in lui piuttosto che nelle opere del mondo, allora la nostra fede ha fatto un passo indietro rispetto a quella che avevano i nostri fratelli ebrei ai tempi dei profeti, perché almeno ai tempi di Isaia non si metteva in dubbio la presenza di Dio, ma semmai la caduta d’Israele è stata determinata dal venir meno della fedeltà a Dio!

Ora cosa vogliamo fare noi, cari fratelli in Cristo?

Vogliamo conformarci al pensiero che è in voga in questo mondo per vivere in pace con esso, relegando Dio sull’ultimo scaffale della libreria del nostro cuore, giusto in caso un giorno ci possa servire?

O non vogliamo piuttosto vivere accanto a Dio giorno dopo giorno, dialogando con Lui, così come facciamo con il nostro vicino di casa o il nostro compagno di scuola o il collega di lavoro, con naturalezza; con la stessa naturalezza del re Ezechia che, anche davanti alla sua morte, annunciatagli da Dio, non rinuncia a pregarlo e supplicarlo.

A che vale la mia fede se poi non la vivo?

A che mi serve avere fiducia in Dio se poi trascuro di parlare con Lui e lo ignoro nella mia vita quotidiana?

Pensate di vivere insieme ad una persona cara sotto lo stesso tetto, ma di comportarvi come se lei non ci fosse, senza mai rivolgergli la parola, come se non fosse li presente con voi!

Vi sembrerebbe un comportamento sensato? O non apparireste piuttosto dei pazzi comportandovi in questo modo?

Allora perché diciamo di credere in Dio Padre, in Gesù Cristo suo figlio e nello Spirito Santo mentre poi ci ricordiamo della loro presenza a malapena quando andiamo al culto domenicale o quando siamo in una situazione disperata? Perché viviamo le nostre vite terrene come se in esse la presenza di Dio fosse solo un “optional”?

Il principe di questo mondo fa di tutto per farci dimenticare Dio, per allontanarci da lui, per farci sentire a disagio ogni qualvolta parliamo di Dio al mondo, per negarne la presenza, e persino la sua esistenza laddove è possibile, ma noi credenti non dobbiamo cedere a questa tentazione che è di gran lunga la più pericolosa tentazione che il maligno usa ai nostri giorni per traviare l’umanità ed allontanarla da Dio.

Chi relega Dio nel chiuso del proprio cuore, fuori dalla propria vita quotidiana e non lo testimonia giorno dopo giorno al mondo, perde giorno dopo giorno la sua fede sopraffatta dall’ateismo dilagante di cui siamo circondati, e senza la fede noi non possiamo andare da nessuna parte: “senza di me non potete fare nulla” ci dice il Signore.

L’invito che vi rivolgo è dunque quello di camminare con Dio, nel senso di vivere ogni giorno dialogando con Dio presente accanto a noi, perché Egli è vicino a noi, ci ascolta, ci parla e ci risponde, esattamente come fa un nostro fratello che ci sta accanto.

Non richiudete la vostra fede nel profondo del vostro cuore ma riversatela nel mondo tutti i giorni, vivetela intensamente, proclamatela dovunque, non abbiate né paura, né vergogna di parlare “con Dio”, e soprattutto non abbiate né paura, né vergogna di parlare “di Dio” con chi ci sta accanto, perché Lui è li che ci ascolta e ci sostiene; e se abbiamo fede in Lui, come ne aveva Ezechia, non ci sembrerà più impossibile vedere l’ombra retrocedere o le montagne spostarsi, perché per chi ha vera fede in “Dio presente in mezzo a noi” nulla è impossibile. AMEN