La Primogenitura in Cristo

Testi: Genesi 25:27-34; Col 2:8-15; Eb 12:16-17

L’episodio di Esaù e Giacobbe è molto significativo; benché ci sia presentato come una sorta di “racconto per bambini”, esso contiene almeno due aspetti che devono farci riflettere.

Il primo aspetto che colpisce, non fosse altro per il suo apparente paradosso, è la sproporzione che c'è nello scambio che i due protagonisti fanno tra loro.

La primogenitura a quel tempo era una cosa talmente importante e preziosa, che un uomo non poteva possedere nient'altro che avesse un eguale valore.

Il primogenito all'epoca, e ancora nei secoli a venire, era l'erede naturale, ovvero colui che succedeva al padre in tutti i suoi averi e titoli.

I suoi fratelli minori non contavano quasi nulla; a loro, se andava bene, sarebbero toccate soltanto le briciole.  Quindi essere il primogenito in una società patriarcale come quella descritta nella Bibbia, è un po' come essere oggi il figlio di un politico, di un industriale o di un personaggio famoso: se hai la fortuna di nascere in una di queste potenti ed agiate famiglie, hai già le porte aperte per il solo fatto di essere il figlio di..., anche se ci sono persone migliori e più capaci di te, se tu sei, come si dice uno che è nato con la camicia, nella vita sarai nettamente favorito!

Anche allora il primogenito, giusto o sbagliato che fosse, era colui che avrebbe goduto di una posizione privilegiata rispetto agli altri, in particolare rispetto ai suoi fratelli minori.

In contrapposizione alla primogenitura invece, cosa troviamo nel racconto biblico?

Un piatto di lenticchie!

Quanto può mai valere un piatto di lenticchie?!

Anche allora non aveva molto valore; e ancora oggi quest'espressione è usata proprio per indicare qualcosa che si vende ad un prezzo enormemente più basso del suo valore reale.

A questo punto viene da chiederci: ma Esaù, che certo non era uno stupido, forse era un violento, un impulsivo, un prepotente, però non uno stupido, possibile che abbia commesso una simile leggerezza, facendo quel patto così scellerato con suo fratello minore, Giacobbe?

È pur vero che la Bibbia ci dice che in quel momento era esausto e che aveva la sensazione d'essere sul punto di morire; però cedere il suo bene più prezioso in cambio di così poco non aveva comunque senso, perché come sappiamo, nessuno muore davvero per aver saltato un pasto!

Forse in cuor suo Esaù avrà pensato che, a dispetto del suo giuramento, il patto con suo fratello non avesse valore, ...magari l'avrà considerato una sorta si scherzo o di provocazione.

Certo è che in quel momento Esaù, il primogenito, sapeva bene d'essere tale, era cosciente della sua posizione di forza e non si curava più di tanto del fratello, lui che era un prode un uomo d'azione.

Il racconto ci dice infatti che: “Esaù divenne un esperto cacciatore, un uomo di campagna”, mentre di Giacobbe ci dice che era “... un uomo tranquillo che se ne stava nelle tende”, cioè uno che amava piuttosto stare vicino alla sottana della madre Rebecca, quindi un uomo che all'epoca non avrebbe mai avuto, né la forza, né la concreta possibilità, di diventare il capo della Casa di suo padre Isacco.

Sulla base di queste considerazioni allora, possiamo dire che Esaù non si cura per niente del fratello ma soprattutto non si cura del suo tesoro più prezioso, che è appunto la primogenitura, ossia il diritto di succedere a suo padre in tutto.

Visto così, Esaù ci appare un prepotente e un arrogante;

il suo ora non è più il gesto di uno sciocco, bensì quello di un presuntuoso che in virtù del suo potere non si fa scrupoli di disprezzare il fratello più debole di lui, giudicandolo così un incapace. Per questo motivo Esaù può anche permettersi di prendere in giro suo fratello, promettendogli tutto, ossia la primogenitura, in cambio di un quasi nulla, ovvero un misero piatto di lenticchie, ben sapendo che poi lui, il primogenito, avrà il potere di fare ciò che vorrà; infatti, la benedizione del padre Isacco è già stata stabilita per lui. Esaù non l'ha ancora ricevuta materialmente, tuttavia, lui si comporta come se tutto gli fosse già stato dato in maniera irreversibile.

Vista in questa prospettiva, il prode Esaù, un uomo sicuro di sé, della sua forza, del suo prestigio, della sua abilità, certo di godere del favore che suo padre Isacco gli ha già espresso rispetto al fratello Giacobbe, si rende arrogante fino a non curarsi più di suo fratello; ma soprattutto fino a non curarsi più di Dio!

E sì cari fratelli in Cristo, perché da questo momento in poi i piani di Esaù sono sconvolti dall'intervento di Dio, che non gradisce per niente che Esaù sia diventato così altezzoso nei suoi confronti, al punto d'arrivare a profanare quello che era il bene più prezioso che Dio poteva concedere ad un uomo: la primogenitura!

Dio allora interviene operando la sua giustizia, e lo fa proprio prendendo sul serio le parole che Esaù ha avventatamente pronunciato nella sua supponenza: Dio ratifica la vendita della primogenitura di Esaù al fratello Giacobbe, e lo fa apparentemente avallando l'inganno messo in atto dalla madre Rebecca, che noi oggi giudicheremmo discutibile ma che in verità appare giustificato proprio perché in questo modo è Dio stesso a farsi beffa di Esaù, il superuomo, preferendogli  il fratello mammone, l'uomo da focolare, insomma!

Dio utilizza spesso questi espedienti per punire gli uomini che osano sfidarlo, che confidano in sé stessi piuttosto che mettersi nelle potenti mani di Dio; nella Bibbia in verità ci sono altre testimonianze in questo senso.

Torniamo però al nostro racconto; c'è un secondo aspetto dello stesso che ci deve far riflettere.

Il racconto di Esaù e Giacobbe è una storia che riguarda soltanto il passato o può ancora insegnare qualcosa anche a noi oggi?

Noi sappiamo che la Bibbia, mediante lo Spirito Santo, continua a parlarci tutti i giorni, a noi, ai fratelli che ci hanno preceduto, e a quelli che ci seguiranno.

Perciò il racconto di Esaù e Giacobbe non si riferisce soltanto ad un lontano passato ma è più che mai attuale ancora oggi, per noi figli di Dio del XXI secolo, e attraverso il secondo brano che abbiamo ascoltato oggi possiamo anche arrivare a capire il perché di questa attualità del racconto di Esaù e Giacobbe.

Anche noi infatti abbiamo una preziosa primogenitura da difendere, così come l'aveva Esaù, ed è la “primogenitura in Cristo”!

Come credenti, ci dice l'apostolo Paolo “siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti”; in Cristo abbiamo quindi ereditato la posizione di “figli di Dio” e di figli primogeniti, essendo tutti noi in Cristo che è l'Uni-genito e quindi tanto più “il primogenito”.

Cristo è morto per la salvezza di tutti gli uomini e tutti gli uomini sono già stati salvati in lui, ancora prima di nascere mediante la sua grazia soltanto;

è la “grazia preveniente”, di cui tanto scrisse e predicò il nostro fratello John Wesley, grazia che appunto “ci precede” ed è quindi indipendente dalle nostre opere.

Allo stesso modo in cui Esaù acquisì la primogenitura non per meriti ma per il solo fatto di essere nato per primo, così noi abbiamo acquisito la primogenitura della grazia per il solo fatto che Cristo è morto per noi, al posto nostro, per cancellare i nostri peccati prima ancora che noi vedessimo la luce.

Che cosa doveva fare Esaù allora per mantenere la sua primogenitura?

Nulla! In verità era sufficiente che non la disprezzasse, ossia che non offendesse Dio permettendosi di profanare il valore immenso che essa aveva in sé, mosso in questo dall'arrogante presunzione che, essendo lui ormai sicuro di possederla e che nessuno avrebbe potuto portargliela via, qualunque cosa facesse gli era lecita e possibile.

Che cosa dobbiamo fare allora noi per mantenere la nostra primogenitura in Cristo?

Nulla! In verità è sufficiente che noi non la disprezziamo, ossia evitiamo di giudicarla una cosa di poco valore o peggio ancora una cosa scontata, dicendo che tanto alla fine Dio ci salverà comunque... perché noi siamo già salvati in Cristo e quindi possiamo permetterci di non curarci della nostra primogenitura...

Il nostro fratello Wesley, infatti, diceva anche un'altra cosa molto saggia quando predicava: ammoniva i suoi fratelli sul fatto che la salvezza si può anche perdere!

Così come Esaù vendette la primogenitura per qualcosa che non valeva nulla, anche noi oggi possiamo ancora commettere lo stesso errore di presunzione, disprezzando la salvezza che abbiamo avuto in Cristo.

In che modo?

Ai tempi di Esaù non c'era nulla di più prezioso della primogenitura, eppure Esaù vendette il suo bene più prezioso in cambio di un piatto di lenticchie, ossia di una cosa addirittura senza valore...

Allora vi domando: ai nostri giorni, come in qualsiasi altra epoca, c'è qualcosa di più prezioso della salvezza, ossia della vita eterna?

Certamente no! Infatti è scritto in Mt 16:26 “Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l'anima sua? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua?

Vedete quante sono le persone che oggi continuano a disprezzare la loro primogenitura in Cristo, preferendole qualcosa che vale infinitamente meno della vita eterna?!

Cosa sono infatti i pochi anni travagliati della nostra esistenza terrena in confronto alla vita eterna col Signore? In quanto a valore la nostra vita terrena non è forse paragonabile ad un piatto di lenticchie?!

Guardate quante persone, primogeniti in Cristo, perché già salvati dal suo prezioso sangue, preferiscono scambiare la loro salvezza con queste lenticchie, disprezzando così il sacrifico che Cristo ha dolorosamente compiuto anche per loro!

È veramente sconcertante come il mondo, gli uomini e le donne per cui Cristo è morto, ormai così sicuri di sé, del loro potere, del loro successo, del loro apparente benessere, del loro sapere che si fa sempre più grande e della loro scienza che si amplia giorno dopo giorno, abbiano disprezzato la Parola di Dio al pari “dell'esperto Esaù”!

Quanti Esaù ci sono attorno a noi?

In verità soltanto Dio conosce il loro numero, tuttavia, non sono pochi se Dio stesso si premura così amorevolmente attraverso la Scrittura di metterci in guardia contro il pericolo di perdere la nostra primogenitura in Cristo a causa di quelle cose che sono soltanto dei “moderni piatti di lenticchie”, per poi doversene un giorno pentire amaramente, come ci è detto in Ebrei 12.17: “Infatti sapete che anche più tardi, quando (Esaù) volle ereditare la benedizione, fu respinto, sebbene la richiedesse con lacrime, perché non ci fu ravvedimento.

Alla luce di tutto questo allora, non è sconvolgente questo antico racconto?

Esaù e Giacobbe non sono soltanto due personaggi allegorici di un lontano passato, Esaù e Giacobbe rappresentano gli individui del nostro tempo;

gli Esaù sono tutti coloro che si sentono i padroni del mondo e che nel loro delirio di onnipotenza disprezzano il sacrificio di Cristo e barattano la loro primogenitura in Cristo con un piatto di moderne lenticchie, ossia con tutte quelle cose vane con cui oggi il mondo ci tenta ma che in verità non ci giovano a niente;

i Giacobbe sono invece tutti coloro che si sentono indegni di ricevere la primogenitura in Cristo perché sanno di non aver fatto nulla per meritarsela, perché essa è un dono di Dio soltanto, però si sforzano di acquistarla umiliandosi davanti al loro Signore con tutto il loro cuore e lodandolo ogni giorno per il meraviglioso dono che ci ha fatto!

È inutile dire che i credenti che si mettono nelle amorevoli mani di Dio con tutto il cuore si sentono dei Giacobbe; non di meno anche a costoro qualche volta viene la tentazione di imitare Esaù.

Forse perché anche agli occhi di tutti gli uomini quelle lenticchie che il mondo offre con tanta lusinga, e che l'Apostolo Paolo chiama: “i vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo”, sia pure senza valore appaiono molto gustose e spesso la fame che il maligno sa suscitare anche nei credenti, fa loro desiderare di gustarle, anche a scapito della propria primogenitura in Cristo.

Riflettiamo su queste cose cari fratelli in Cristo, non lasciamoci ingannare da quell'abile “venditore di fumo” che è il Principe di questo mondo, che fa di tutto per convincerci che il suo miserabile “piatto di lenticchie” sia più desiderabile della nostra gloriosa primogenitura in Cristo!

Un tale pericolo c'è, non dobbiamo sottovalutarlo; tuttavia sappiamo che contro questo pericolo abbiamo anche una difesa molto efficace: affidarci sempre al nostro Signore Gesù Cristo, perché anche la nostra primogenitura in fondo appartiene a lui, e da lui solo ci può venire la forza per conservarla irreprensibile fino al Giorno del Signore.

Alleluya, sia lodato il suo santo nome!                   AMEN