La vite e i tralci
Testi: Salmo 113; Giovanni 15: 1-8
La vite, i tralci e l’uva; questi tre simboli, che il Signore usa per indicare ai suoi discepoli la missione per l’Evangelo, sono tra i più significati che troviamo nella scrittura.
Io credo che noi possiamo usarli non solo per rappresentare l’azione di ogni credente in quanto tale, ma anche l’attività delle chiese per l’opera del Signore nel mondo.
Cristo è la vite, noi siamo i tralci, mentre il frutto della vite è la proclamazione dell’Evangelo al mondo.
Ma come possiamo intendere il frutto dell’Evangelo, ossia come possiamo noi agire per portare frutto?
Che tipo di frutto dobbiamo noi produrre? Ma soprattutto che tipo di frutto vuole da noi il Signore Gesù Cristo?
“Dimorate in me, e io dimorerò in voi… colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto… senza di me non potete far nulla” questo ci dice il Signore;
parole a prima vista ovvie, ma non scontate, anzi, di queste parole, in apparenza cosi chiare, per molti credenti è fin troppo facile distorcerne il senso.
Per chiarire cosa intendo, mi rifaccio alla Riforma, di cui proprio quest’anno celebriamo i 500 anni, e alla conseguente nascita di numerosi gruppi e comunità di fedeli che, prima nel nord Europa, e poi anche in America, hanno diffuso l’Evangelo con un rinnovato vigore e con uno Spirito nuovo, liberati dalle catene della superstizione e dell’ignoranza: da Calvino ai Padri Pellegrini del Mayflower, da John Wesley a William Penn.
Guardando a questi uomini non si può non percepire la forza dello Spirito Santo che scorreva in loro come una linfa vitale, e che li pervadeva e permetteva loro di portare frutto abbondante, anche laddove le condizioni erano tutt’altro che ottimali per il compimento della loro opera.
E noi sappiamo bene che portare il frutto dell’Evangelo non è mai stato facile; prima di stabilirvi delle solide basi, ovunque la Parola ha incontrato ostacoli e difficoltà enormi. Dove non ha trovato opposizione è perché di lì a poco arrivavano delle persecuzioni ben peggiori.
Veramente soltanto la forza della vite, cioè di Cristo, poteva sostenere gli uomini e le donne, i tralci, che in queste situazioni estreme dovevano portare l’Evangelo; eppure è proprio in queste avverse condizioni che si sono prodotti i frutti più abbondanti, perché è nella debolezza umana che si è manifestata tutta la forza della Parola di Dio.
Questa premessa è importante per capire come noi oggi dobbiamo comportarci di fronte ad una situazione, per certi versi nuova, ma che in fondo non è poi tanto dissimile dal passato.
Il mondo in cui noi, discepoli di Gesù Cristo del XXI°, siamo chiamati a portare il nostro frutto è soltanto più complesso, ma non per questo diverso da quello che, per esempio, trovò Martin Lutero quando iniziò la sua Riforma.
Formalmente viviamo in un paese dove Cristo è riconosciuto ed adorato dalla maggioranza degli uomini e delle donne; un paese dove ogni credente è libero di professare la propria fede; e dove, nonostante gli inevitabili problemi quotidiani, non possiamo troppo lamentarci delle nostre condizioni materiali, sicuramente altrove c’è chi sta peggio di noi.
Eppure, cari fratelli in Cristo, che qualcosa non va è evidente a tutti noi;
le chiese sono sempre più vuote, e non soltanto in estate, quando la gente va in vacanza, ma anche negli altri mesi dell’anno ci sono tante altre cose da fare prima di venire in chiesa, tanto che per molti fratelli e sorelle, rendere il culto al nostro Signore non è più una priorità.
Quanto poco frutto stanno dando molti dei tralci della vite!
Quanto poco frutto, perché se i tralci fossero carichi di grappoli dorati come ai tempi in cui William Bradford istituiva il giorno del ringraziamento al Signore in terra americana, certo anche oggi le chiese sarebbero piene, e fuori avremmo ancora dei fratelli e delle sorelle che operano spinte quotidianamente dalla forza dello Spirito Santo in ogni loro azione.
Altri tempi con altre situazioni direte voi!
Pensiamo dunque ai nostri di tempi.
A me sembra che oggi più che mai ci sia un gran bisogno di parlare di Cristo in Italia; un enorme bisogno di riscaldare i cuori degli uomini, soltanto “formalmente” credenti in Cristo, affinché ritornino non soltanto a ripopolare le chiese, cosa che sarebbe una naturale conseguenza di un tale risveglio, ma soprattutto ritornino a vivere una vita piena nella grazia tangibile del Signore.
Di fronte ad una precaria situazione come quella odierna, le chiese d’Italia che tipo di risposta danno?
Guardando al mondo evangelico mi sembra di notare due atteggiamenti, nessuno dei quali, purtroppo, sta dando i frutti sperati.
Il primo è quello delle chiese carismatiche e Pentecostali; queste hanno riscoperto la forza dell’Evangelo di Cristo. Esse si rendono conto che soltanto rimanendo in Cristo, la vera vite, il tralcio può ricevere il nutrimento necessario per vivere, prosperare e produrre frutto, e da buoni tralci saldamente attaccati alla vite, le chiese pentecostali crescono attirando a sé molti fratelli e sorelle che, delusi del mondo, ritrovano una nuova vita in Cristo.
Tutto perfetto allora? È questa la via ottimale da seguire?
Purtroppo non è sempre così.
Chi trova Cristo nella sua vita e diventa un suo discepolo ne riceve un’immensa gioia, e le chiese carismatiche sono senza dubbio i luoghi dove, al loro interno, la gioia è palpabile, tuttavia la gioia che noi possiamo ricevere quaggiù è soltanto un “piccolo anticipo” della ricompensa che avremo nel Regno dei Cieli;
Cristo non ci chiama semplicemente a godere egoisticamente del Regno dei Cieli cui noi abbiamo avuto accesso, bensì ci esorta a proclamare l’Evangelo sulla Terra.
Certo la tentazione di costruirci una piccola isola felice nell’oceano del malessere è molto forte;
nel corso dei secoli in tanti hanno ceduto a questa tentazione, quella di creare un “piccolo regno dei Cieli sulla terra”, isolandosi dal resto del mondo. Pensiamo soltanto alle numerose comunità monastiche nate già nei primi secoli, per esempio.
Tuttavia, senza voler sminuire l’opera di questi fratelli, dobbiamo comprendere che la via maestra non può essere quella di portare il Mondo nel Regno dei Cieli, o molto più facilmente dei piccoli pezzi del mondo, come stanno facendo anche le chiese carismatiche ed i gruppi isolazionisti;
la via maestra tracciata da Cristo è bensì quella di portare l’Evangelo al Mondo, affinché il mondo si ravveda e sia salvato per mezzo di Cristo.
Allora la risposta delle nostre chiese, le c.d. chiese storiche, è quella ottimale?!
Da sempre noi pensiamo ed agiamo nel mondo e per il mondo.
Se ci fa piacere illuderci facciamolo pure, tuttavia la verità è che, se così fosse, le nostre chiese traboccherebbero di fedeli operosi, ma mi sembra che questa non sia la nostra realtà.
Anche noi non stiamo percorrendo la via maestra;
noi abbiamo chiaro nella nostra testa che se siamo quaggiù nel mondo dobbiamo vivere ed operare in esso e non richiuderci in dorati eremi, in attesa dell’avvento del Regno dei Cieli; quello che però non abbiamo altrettanto chiaro è che per portare frutto bisogna che i tralci siano saldamente attaccati alla vite, perché ne ricevano la linfa vitale, altrimenti i tralci da soli non possano fare nulla, e se staccati, si seccano inevitabilmente, e questo è ciò che sta accadendo alle chiese evangeliche storiche in Italia che ormai da diversi anni stanno diventando come dei rami secchi!
La secolarizzazione non è che un altro modo per dire come alcuni tralci si sono staccati dalla vite illudendosi di poter operare autonomamente, ma il risultato non può che essere disastroso: proseguendo su questa strada nel giro di qualche decennio le chiese si svuoteranno inevitabilmente, o forse avranno ancora dei membri sì, ma soltanto grazie all’arrivo dei nostri fratelli provenienti da altri paesi dove l’Evangelo è ancora la linfa vitale di ogni giorno.
Soltanto tornando a proclamare la Parola come unica vera ricchezza, come forza che scaturisce dalla linfa vitale di Cristo nostro Salvatore, si potrà continuare a portare frutto ed evitare di essere tagliati via dal vignaiolo come sta accadendo ora: “…il Padre mio è il vignaiuolo. Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via… Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano”.
Operare nel mondo e per il mondo non significa, come alcuni di pensano, “farci carico dei problemi del mondo secondo gli usi del mondo”, bensì significa: annunciare al mondo che noi abbiamo una soluzione diversa ai problemi del mondo. Una soluzione semplice quanto efficace: l’Evangelo di Gesù Cristo.
Gesù Cristo non è venuto per cambiare il mondo, bensì per cambiare gli uomini e la loro condotta, poiché soltanto attraverso il loro cambiamento anche il mondo può cambiare; ancora la vite, i tralci e il frutto dunque!
Cristo, la vite, non produce direttamente frutto, non opera nel mondo con il suo potere divino, ma opera attraverso gli uomini, i tralci, gli strumenti, coloro che rafforzati dalla linfa vitale della Parola, portano il frutto nel mondo.
I tralci non sono gelosi del loro frutto, non lo tengono per sé, ma lo offrono gratuitamente al mondo, così come gratuitamente hanno ricevuto la linfa da Cristo.
Tuttavia è necessario avere sempre l’umiltà di capire ed ammettere che noi uomini da soli non possiamo fare nulla, per quanto spinti dalle migliori intenzioni, infatti, è soltanto Cristo, che opera per mezzo nostro, che può fare, questo non ce lo dobbiamo mai scordare o anche noi diventeremo dei tralci secchi ed inutili!
Allora la via da seguire non potrà che essere una, quella di rimanere saldamente attaccati alla vite di Cristo, rimanendo nel contempo aperti al mondo in cui siamo chiamati ad operare e a portare il nostro frutto!
Sarebbe davvero bello se in tutte le chiese cd. Storiche riecheggiasse gioiosa la lode al Signore come nelle chiese carismatiche, ma nello stesso tempo la stessa gioia fosse portata fuori per contagiare tutti coloro che ci stanno vicini affinché, vedendo la potenza dell’Evangelo che produce così grandi frutti, diventassero a loro volta tralci rigogliosi della vite di Cristo.
Forse è soltanto un sogno cari fratelli in Cristo, un’ingenua speranza, ma poiché anche di fronte a questo compito non siamo noi che possiamo fare la differenza ma ancora una volta è la forza del Padre del Figlio e dello Santo Spirito, preghiamo affinché il Signore nostro ci sostenga e ci guidi al compimento della sua opera, e confidiamo fermamente nel suo aiuto e nella sua benedizione, Lui che è la vera vite, perché per lui nulla è impossibile, come ci è detto: “Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto” AMEN