L'albero si riconosce dai suoi frutti
Testo: Matteo 12:31-37
Questo passo del Vangelo di Matteo raccoglie insieme diverse affermazioni di Gesù, che apparentemente sembrano essere tra loro slegate, ma che invece, se le leggiamo e meditiamo con attenzione, ci riportano un chiaro messaggio con il quale Gesù ha voluto metterci in guardia contro l’inganno dell’apparenza, quando il male del peccato si cela dietro un’apparenza di bene.
L’Evangelista, infatti, vuole dirci che il peccato ha profondamente rovinato l'essere umano, che soltanto in apparenza ci appare ancora buono e votato al bene e per farlo usa la metafora di un albero, che può anche avere una bella apparenza nella sua chioma di foglie, ma se il suo frutto è cattivo, è perché l’albero in realtà è cattivo.
Il peccato è la conseguenza (il frutto) della ribellione dell’uomo al suo Creatore; ribellandosi l’uomo (l’antico Adamo) ha corrotto la sua natura di essere perfetto, e attraverso il peccato, come sappiamo, è entrata anche la morte. Tuttavia, la grazia di Dio ha vinto il peccato tramite il sacrificio di Cristo, ridonando all’uomo la sua originaria condizione di comunione con il proprio Padre Creatore, questo però a condizione che l’uomo abbandoni la sua via di ribellione, e ritornando al Padre per mezzo della fede in Gesù Cristo, riconosca a Dio l’unica autorità di Creatore e Dio. Senza questo riconoscimento non vi può essere perdono, e quindi la grazia di Dio non può avere effetto.
Così è scritto: “Perciò io vi dico: ogni peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parli contro il Figlio dell'uomo, sarà perdonato; ma a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello futuro”.
E’ fondamentale capire ed avere ben chiaro questo insegnamento, cari fratelli in Cristo, poiché anche molti credenti hanno una comprensione limitata degli insegnamenti di Dio e tendono ad attribuire al “peccato contro lo Spirito di Dio” lo stesso peso e gravità di tutti gli altri “peccati”, ossia di tutte le disubbidienza agli insegnamenti di Dio che ci vengono dati attraverso la Scrittura. Così non è invece, perché qui ci viene detto chiaramente che ogni peccato è perdonato agli uomini, ciò ogni loro mancanza, persino quelle contro il Figlio dell’uomo, ovvero tutto ciò che ha attinenza alle mancanze che l’uomo può compiere contro il suo prossimo o contro Dio stesso, ma in nessun caso sarà perdonato, né potrà esserlo mai, il peccato contro lo Spirito Santo, ovvero il peccato contro l’essenza di Dio stesso: chi nega Dio in quanto tale non potrà mai ottenere il suo perdono!
Chiarito questo “principio fondamentale” però, Matteo, quindi Gesù, ritorna a parlarci del peccato che alberga nel cuore umano, quello con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno, perché diretta conseguenza dal peccato originale di ribellione a Dio, che condiziona la vita di ogni uomo; questo peccato è sì perdonato dalla grazia di Dio, tuttavia, esso continua a condizionare la vita umana perché è continuamente alimentato dalla nostra natura umana carnale, sedotta e corrotta dal Male, attraverso il quale quest’ultimo tenta di allontanarci dalla grazia di Dio.
Qui si apre un importante capitolo che vede la continua lotta tra il bene e il male nella società umana, e gli inganni posti in essere dal Male per sedurre l’uomo. La metafora dell’albero è un utile strumento per far comprendere a tutti noi quali siano gli artifizi del male e quindi come poterli smascherare.
Il Male si ammanta spesso di “un’apparenza di bene”; così come un albero cattivo, cioè che non produce buon frutto, si mostra spesso rigoglioso e piacevole allo sguardo, allo stesso modo il Male si serve dei suoi servi umani per ingannare i figli della luce attraverso un’apparenza illusoria di bene.
Noi siamo di continuo bersagliati da tanti buoni propositi, da promesse di pace, giustizia, libertà, benessere e quant’altro il Mondo ci presenta come allettante prospettiva per l’umanità; tuttavia la realtà che vediamo attorno a noi è ben diversa, e non da oggi, bensì fin dalla ribellione di Adamo, nulla è veramente cambiato: da ogni parte imperversa l'ingiustizia, il regno del più forte o del più astuto, il denaro che domina, i desideri malsani che animano in segreto esistenze apparentemente rette, la competizione per cose vane, la lacerazione delle famiglie, i conflitti, le guerre, le battaglie.
Questa realtà del mondo è il frutto del peccato che ha corrotto il genere umano, quindi a poco servono le rigogliose foglie (la roboante propaganda del Male) per mascherarne la sua natura corrotta.
Se il frutto è cattivo è perché l’albero è cattivo; ma così come non si può cambiare l’albero, allo stesso modo non è possibile cambiare questa società corrotta, per quanti sforzi gli uomini possano provare a fare, in buona fede o ingenuamente, perché questa facoltà non rientra nel potere dell’uomo, indebolito dalla sua natura corrotta, né questa è la volontà di Dio, ossia quella di risanare questo mondo dominato dal male, come Gesù ci disse chiaramente: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui”.(Gv 18:36)
La soluzione che Gesù ci indica è chiaramente un’altra, che non passa dall’opera dell’uomo che salva sé stesso e il mondo attraverso il miglioramento della sua natura (evoluzione), bensì passa unicamente attraverso la “nuova nascita” in Cristo: “Bisogna che nasciate di nuovo” (Gv 3:7).
La nuova nascita nel battesimo è la piena accettazione della sovranità di Dio sopra le nostre vite, è il mettersi completamente nelle sue mani, è il mettere il Signore al centro della nostra vita e lasciare che sia sempre Lui a guidarci; soltanto così potremo produrre il buon frutto desiderato dal Signore perché com’è scritto: “Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla”. (Gv 15:5) AMEN