Le azioni confermano le parole

TestiMatteo 21:28-31a    Luca 6: 43-45

 

Cari fratelli in Cristo, oggi vi propongo due passi della scrittura che vogliono invitarvi a riflettere su un tema da sempre molto sentito per i credenti.

Penso che tutti noi ci saremo domandati almeno una volta:

Come faccio a conoscere la volontà di Dio?

Come faccio ad essere sicuro che un certo comportamento, o una certa affermazione, sia conforme alla volontà di Dio?

E di conseguenza, come faccio a distinguere coloro che fanno veramente la volontà di Dio da quelli che dicono di farla ma in realtà non la fanno!

Se guardiamo indietro, alla storia della Chiesa, ci accorgiamo che rispondere a queste domande, apparentemente così semplici, non è mai stato facile.

Se la Chiesa di Cristo ha lottato aspramente al suo interno, e si è poi divisa in tante parti, è proprio perché i cristiani non hanno saputo trovare una risposta univoca a queste due semplici domande. O meglio, ognuno di loro ha dato delle risposte proprie, credendo in buona fede di interpretare correttamente la scrittura.

Sarebbe perciò una presunzione volere dare qui ora una risposta univoca a queste domande;

la scrittura tuttavia ci rivela sempre la strada da seguire di fronte ad ogni difficoltà. Non è la risposta definitiva a queste due domande che dobbiamo cercare; però se riflettiamo con attenzione sui due passi della scrittura, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo, come sempre dobbiamo fare se vogliamo arrivare a capire la parola di Dio, possiamo trovare le risposte che cerchiamo.

Le nostre “personali risposte” a queste domande, quelle che possono aiutarci a capire come dobbiamo agire noi per adempiere alla volontà di Dio.

Quelle che vi propongo oggi sono le risposte che io ho tratto dalla Scrittura, e ovviamente non vogliono, né possono essere valide per tutti, perché ognuno deve ricercare le proprie, ma mi auguro che servano a stimolarvi nella ricerca.

Che cosa ci scolpisce nel primo brano? Ancora una volta siamo di fronte ad una parabola di Gesù. Gesù ha un repertorio di parabole che sono veramente “micidiali”, diremmo noi oggi nel linguaggio moderno;

infatti le sue parabole hanno il pregio di cogliere nel segno, di andare subito al sodo con poche e chiare parole dal significato profondo ed inequivocabile.

Ancora una volta troviamo la figura del padre che è alle prese con due figli; due figli che ricevono un ordine dal padre, e, ancora una volta, uno lo esegue e l’altro no, uno osserva i comandi del padre e l’altro li disattende.

Qui però l’aspetto importante che Gesù vuole sottolineare non è tanto quello di mostrare che c’è un figlio buono, che obbedisce, ed uno cattivo che si ribella, bensì: il modo in cui tutto questo avviene.

Il primo riceve un ordine verbale e verbalmente dice “va bene lo eseguo”;

il secondo di fronte allo stesso ordine verbale si ribella e dice “no, non mi sta bene”.

Se dovessimo giudicare queste due persone in base alle loro parole soltanto, non avremmo dubbi nel dire che il primo è positivo e rispettoso della volontà del padre, perché si è subito adeguato ai suoi ordini senza esitare, né protestare, mentre il secondo è negativo e da condannare, perché non solo ha rifiutato di seguire l’ordine del padre, ma così facendo gli si è ribellato contestandone l’autorità!

Ma basta questo per giudicare un uomo?

Bastano davvero le parole che escono dalla bocca di un uomo per stabilire se la sua natura è buona o malvagia?

Se ci guardiamo attorno, nella società in cui viviamo, vediamo che si fa un gran parlare di questo e di quell’altro; tutti i migliori oratori, siano essi politici, giornalisti, uomini dello spettacolo, intellettuali, e perché no anche predicatori e uomini di chiesa, sono tenuti in grande considerazione in questo mondo, e la società pende dalle loro labbra per le belle parole che sanno dire.

Forse vi sarà capitato di sentire frasi del tipo: “come parla bene quel politico, si capisce tutto quello che dice” oppure “che oratore quel giornalista, incanta ad ascoltarlo ed è un piacere sentirlo parlare”.

Parole, parole e ancora parole; tante belle parole che fanno salire sui piedistalli coloro che le pronunciano, come è successo al primo figlio della parabola.

Se però c’è qualcuno che nel parlare commette qualche gaffe, o dice qualcosa che va controcorrente secondo il comune modo di pensare, viene messo subito alla berlina ed è additato al pubblico disprezzo, come è avvenuto al secondo figlio della parabola.

Ma allora Dio giudica un uomo solo in base a ciò che dice?

Assolutamente no!

Il Padre nostro che è nei cieli non sa che farsene delle nostre belle parole! Non sa che farsene dei grandi oratori che incantano con la loro lingua melliflua; Dio guarda al cuore degli uomini e ci giudica dalle nostre azioni, e non dalle nostre vuote parole!

Il primo dei due figli, a parole, era un figlio rispettoso della volontà del padre, ma le sue erano solo vuote parole e il padre alla fine non l’ha giustificato, come non saranno giustificati coloro che “predicano bene, ma razzolano male”, per dirla con un vecchio adagio.

Il secondo figlio, così riprovato ai nostri occhi per tutto ciò che ha detto, ha però dimostrato con le sue successive azioni di adempiere alla volontà del padre, e di fronte ad esse il padre non ha esitato a perdonare anche le sue parole infelici, perché per il Signore sono le azioni degli uomini che saranno pesate più delle parole.

Così, la parabola ci dà un consiglio prezioso: quello di imparare a giudicare gli uomini, e noi stessi in primo luogo, non i base al nostro parlare, bensì in base al nostro agire.

Chi parla bene deve di conseguenza agire bene, cioè far seguire alle sue belle parole una condotta altrettanto coerente con le sue parole, solo così sarà sicuro di aver adempiuto alla volontà del Padre.

Gesù stesso in un’alta occasione evidenziò come le vuote parole non portano a nulla, quando ci dice che: “Non chiunque mi dice: Signore! Signore! Entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.” (Mt 7:21).

Allo stesso tempo però, non dobbiamo essere troppo pronti a condannare chi parla, solo in base alle sue parole, quando basta una mezza parola fuori posto per accusare un uomo; guardiamo piuttosto alle sue azioni prima di esprimere un giudizio positivo o negativo.

Ma come faccio io a riconoscere le buone parole seguite dalle buone azioni, rispetto alle buone parole che però rimangono lettera morta?

Come faccio a sapere se quel politico è uno che parla e basta o se è uno che promette e poi mantiene ciò che ha promesso?

Come faccio a sapere se quel giornalista scrive solo per fare audience o perché spinto da qualche interesse di parte, o se invece quello che dice lo dice per amore di verità d’informazione?

Proprio perché oggi siamo bombardati da tanti messaggi, tendiamo a lasciarci trasportare acriticamente dalla corrente ed accettare per buone le ragioni e le promesse di chi le sa esporre meglio. Così ci facciamo abbindolare da quel politico perché promette questo, o da quel giornalista perché enfatizza la tal notizia e tace su quell’altra. Per non fare che due esempi.

Alcune belle parole spesso si fermano alla superficie, ma se scavi in profondità non trovi nulla; mentre le parole seguite dai fatti concreti arrivano in profondità, mettono radici e producono frutto.

Ecco allora che Gesù ci dà un’altra “dritta” formidabile per identificare con certezza coloro che sanno solo parlare ma poi non fanno ciò che dicono: “ogni albero si riconosce dal proprio frutto”.

Ogni albero produce foglie, e alcuni sono belli da vedere a cagione delle loro fronde rigogliose; altri hanno foglie decisamente più misere e alcuni persino sgradevoli a vedersi. Ora le parole degli uomini sono come le foglie per gli alberi; se ci limitassimo a giudicare la bontà di un albero solo dalle sue foglie, saremmo degli stolti, dei superficiali, perché il Signore ci dice che è dai frutti che si riconoscono gli alberi;

l’albero buono può dare solo frutti buoni, così come l’albero cattivo può dare solo frutti cattivi. Ecco un metodo semplice ed efficace per riconoscere la bontà di un albero. Le foglie possono trarci in inganno perché alcuni alberi hanno delle belle foglie, ma poi non producono frutto o ne producono di cattivi; altri con foglie meno appariscenti, possono dare un frutto solo in tarda stagione ed essere per questo disprezzati, ma se si sa aspettare, la verità viene sempre alla luce.

Quando Gesù parla degli alberi, in realtà sappiamo che parla degli uomini: le azioni umane sono i frutti, le parole sono le foglie. Quando dobbiamo riconoscere se un uomo sta facendo o meno la volontà di Dio, se il suo parlare accattivante sia in linea con gli insegnamenti dell’Evangelo, non dobbiamo che attendere per vedere i frutti che le sue parole produrranno.

È tutto così semplice che può apparire persino banale, eppure sono pochi quelli che ai nostri giorni prestano la dovuta attenzione alle azioni degli uomini; i più preferiscono limitarsi ad ascoltare le loro belle parole, ma poi si dimenticano di andare a controllare se queste parole sono state veritiere o meno.

Però noi, cari fratelli in Cristo, dobbiamo sapere che il nostro Padre Celeste e il nostro Signore Gesù Cristo, sono ben attenti alle nostre azioni, ancor più che alle nostre parole;

possiamo ingannare un nostro fratello con belle parole vuote, possiamo anche ingannare milioni di uomini con parole mirabolanti se occupiamo posti di rilievo nella società, ma non possiamo ingannare il Signore.

Lui ci ha messo in guardia contro questo pericolo attraverso queste semplici parabole che ci dicono tutto quello che è necessario sapere, se le sappiamo ascoltare e seguire.

Non facciamo come il primo figlio che pensava di potersela cavare con delle belle parole, senza farle seguire dalle azioni necessarie;

stiamo in guardia da coloro che parlano ma poi non fanno, e ingannano gli altri con parole cui non seguono azioni che le concretizzino.

Facciamo attenzione ai frutti che producono costoro, da lì potremo capire se il loro è un parlare onesto e leale, o se è solo un discorrere vano ed inconcludente.

Queste sono le risposte che io ho tratto da questi due passi della Scrittura, e devo dire che ne ho fatto un vero e proprio “metro” con cui misurare i fatti della vita quotidiana, perché, oltre ad essere un insegnamento che Gesù ci dà in vista del Regno dei Cieli, sono anche due validi strumenti che si adattano bene anche per la vita terrena.

Due semplici strumenti, che però ci evitano di cadere nel vuoto parlare e che ci preservano dal vuoto parlare degli altri. Ringraziamo perciò il nostro Signore Gesù Cristo che ce li ha dati. AMEN