L'orgoglio, il grande peccato
Testi: 1 Samuele 15:10-23; Matteo 21:33-43; 23:1-12; 37-38
Tutti noi siamo stati dei figli, e molti di noi sono a loro volta dei genitori; ora sappiamo che ci sono alcuni comportamenti dei figli che irritano molto i genitori, perché tra le disubbidienze che i figli possono commettere, alcune sono più gravi di altre, al punto che difficilmente i genitori ci passano sopra senza prendere dei severi provvedimenti.
Ora dico questo, cari fratelli in Cristo, perché tutti noi siamo figli di un unico Padre Celeste, e come tali siamo anche noi sottoposti al suo giudizio.
Noi per mezzo di Gesù Cristo abbiamo conosciuto un Padre Celeste amorevole e misericordioso, sempre pronto a perdonare le nostre mancanze e a riaccoglierci nella sua comunione, ogni volta che noi ci ravvediamo dai nostri peccati e torniamo a lui pentiti;
tuttavia, di fronte ad alcuni peccati, il nostro Padre Celeste reagisce in modo più severo rispetto ad altri.
Possiamo dire che se tutti i nostri comportamenti sbagliati fanno soffrire Dio Padre, ce ne sono alcuni che lo fanno anche arrabbiare, e benché Lui perdoni tutte le nostre colpe, non di meno sa anche impartire delle severe punizioni a coloro che commettono questi “gravi peccati”.
Ma quali sono i peccati che fanno più arrabbiare il nostro Padre Celeste?
Ve lo siete mai domandato?
I tre brani su cui verte la meditazione di oggi, tra i tanti contenuti nella Scrittura sullo stesso tema, ci rivelano un peccato che fa molto arrabbiare il Signore.
Il testo di Samuele ci parla del primo re d'Israele, Saul, un uomo che era stato scelto da Dio per regnare sul suo popolo perché possedeva delle notevoli doti fisiche ed abilità, insomma un vero e proprio leader diremmo noi oggi.
Dio aveva ordinato a Saul di fare qualcosa, assicurandogli la sua benedizione sull'operazione;
Saul doveva sterminare alcuni nemici d'Israele; nello stesso tempo però, Dio gli chiedeva di non prendere nulla per sé, di non fare bottino tra i vinti, bensì di votare tutto allo sterminio, perché quella vittoria non era di Saul, bensì di Dio.
Saul però volle fare di testa sua, perché riteneva di poter fare cosa più gradita a Dio agendo in tal modo.
L'orgoglio di Saul lo rese cieco, e lo spinse a commettere un peccato, che forse ai nostri occhi non appare poi così grave, perché in fondo Saul si era limitato a risparmiare una parte del gregge dei nemici per poi farne sacrifici al Signore.
Dio però si arrabbiò moltissimo per questo suo comportamento, e la sua punizione fu estremamente severa;
a Saul venne tolto il regno, che fu dato a Davide, perché Dio non poteva tollerare che il suo Unto non fosse a lui ubbidiente e sottomesso in tutto.
“Samuele disse: «Il SIGNORE gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l'ubbidire alla sua voce? No, l'ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni; infatti la ribellione è come il peccato della divinazione, e l'ostinatezza è come l'adorazione degli idoli e degli dèi domestici. Poiché tu hai rigettato la parola del SIGNORE, anch'egli ti rigetta come re»”
Nei due brani successivi poi, l'Evangelista Matteo ci riporta un altro esempio chiarificatore su quello che non piace a Dio Padre; scribi e farisei, ossia i tutori della Legge di Mosè, come sappiamo non accettavano la predicazione di Gesù Cristo. Nei loro cuori resi duri dall'orgoglio continuavano a dire che loro avevano Mosè, e che di Gesù non sapevano che farsene, né volevano avere niente a che spartire con Lui!
Come ha reagito Dio Padre davanti alla loro ostinata supponenza ed arroganza?
“Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti ... Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Infatti vi dico che da ora in avanti non mi vedrete più, finché non direte: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!"»”
Dio Padre non ha esitato a togliere il Regno agli Israeliti per darlo ai nuovi discepoli del suo figliolo, nonostante Lui, per migliaia di anni, si fosse preso cura d'Israele, che era il suo “Popolo Eletto”! Decisamente una punizione molto severa, anche troppo severa ai nostri occhi, che lo vedono come un dio amorevole e misericordioso.
Allora fratelli, da questi passi possiamo conoscere che ci sono almeno due peccati che fanno veramente arrabbiare Dio, perché Lui li detesta in modo particolare;
il primo, citato da Samuele, e su cui non mi soffermo oggi, è l'idolatria, ossia la violazione dei primi due Comandamenti, cioè quando qualcuno mette al posto di Dio altre false divinità;
il secondo peccato, quello su cui voglio invece invitarvi a riflettere, è però molto simile al primo, perché Dio detesta parimenti quando qualcuno dei suoi figli si permette di sfidarne la sua autorità di Dio, e mette in discussione la sua figura, cercando di prenderne il suo posto!
L'orgoglio umano è uno dei peccati più gravi agli occhi di Dio, e Lui non esita a punire molto severamente tutti gli uomini che si dimostrano orgogliosi al suo cospetto.
In primo luogo la punizione tocca a quegli uomini che sono stati messi alla guida del popolo di Dio;
così è avvenuto a re Saul, che non solo è stato privato del regno lui medesimo, ma anche tutta la sua discendenza. Davide, infatti, ha preso il suo posto!
L'orgoglio e l'arroganza degli Scribi, dei Farisei, e dei Sacerdoti Leviti, che si sono rifiutati di accogliere e ascoltare il Messia di Dio è stata a loro volta fatale, perché sono stati rigettati, e a causa loro tutto Israele è stato rigettato da Dio e disperso ai quattro angoli della terra.
La Scrittura arriva fino a qui, ma non pensiamo che Dio si sia per questo fermato nel giudicare e punire il peccato d'orgoglio.
Neanche l'orgoglio dei cristiani, infatti, poteva restare impunito agli occhi di Dio.
Quando la Chiesa di Cristo, dopo i primi secoli in cui si era mantenuta fedele alla Parola, ha cominciato a venerare l'uomo, mettendolo sugli altari accanto a Dio, con il culto rivolto ai così detti “Santi e alla Madonna”; culti che hanno riportato l'idolatria tra i figli di Dio, ecco che Dio ha fatto sorgere un nuovo profeta, Muhammad, il quale nella sua predicazione affermava con forza che vi è un solo Dio;
e Dio stesso ha staccato dalla Chiesa di Cristo tutta la grande fetta dei suoi figli della sponda meridionale del Mediterraneo, per farli seguire la nuova via verso il Padre, ossia quella musulmana.
Arriviamo poi alla figura molto controversa del papa;
quando il papa di Roma si è orgogliosamente autoproclamato “capo di tutti i cristiani” e ha cominciato a farsi chiamare “padre e guida” dei suoi fratelli, in spregio all'ammonimento dell'Evangelo che abbiamo udito oggi: “Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo”,
Dio ha pensato bene di punirlo, allontanando da lui i cristiani d'oriente, ossia le Chiese Ortodosse;
e quando poi invece di pentirsi ed umiliarsi davanti a Dio, ha cominciato a ritenersi lui il “Vicario di Cristo” sulla terra, al posto dello Spirito Santo, beh ecco che Dio gli ha tolto anche i cristiani del settentrione, ossia quelli che sono poi diventate le Chiese Evangeliche...
Insomma cari fratelli in Cristo, è chiaro che a Dio non piace per niente quando i suoi testimoni danno gloria a loro stessi, piuttosto che a Dio soltanto, mossi in questo dal loro personale orgoglio, invece che dall'umiltà che ogni servitore e testimone dell'Evangelo deve avere.
E qui arriviamo a noi; non pensiamo che il peccato d'orgoglio tocchi solo i capi religiosi, perché tutti noi dobbiamo rispondere del nostro personale agire davanti al Padre Celeste.
Ma perché Dio si arrabbia tanto quando noi siamo orgogliosi e arroganti, pieni di noi e supponenti?
Il motivo è abbastanza ovvio: il perdono di Dio è per coloro che si pentono del loro peccato e si umiliano davanti a lui.
Ma può mai un orgoglioso chiedere veramente perdono a Dio?!
Guadatevi attorno, viviamo un mondo dove “l'IO” è diventato un principio assoluto. La nostra società è incentrata sull'uomo, non su Dio. L'orgoglio è il sentimento che sprizza da ogni uomo come acqua che zampilla da una fontana;
l'umiltà la troviamo ormai così di rado nei nostri contemporanei, che è diventata una specie in via d'estinzione.
Ogni volta che noi per primi pensiamo di essere al di sopra dei nostri fratelli, e quindi indirettamente anche di Dio, ci rendiamo colpevoli di uno dei più gravi peccati davanti a Dio.
L'orgoglio sta uccidendo questa nostra società, rimasta senza valori, se non l'IO supremo dell'uomo al centro e padrone assoluto del mondo.
Nelle nostre chiese non riflettiamo abbastanza su questo peccato; certo ci indigniamo di fronte alle ingiustizie che vediamo attorno a noi, e cerchiamo di operare affinché la giustizia e l'amore siano portate nel mondo, però anche noi spesso dimentichiamo che tutto questo male ha origine proprio dal peccato d'orgoglio che contamina i cuori dell'umanità.
Anche noi credenti non siamo sempre immuni da questo odioso peccato; è infatti più facile vedere la pagliuzza nell'occhio degli altri, che non la trave nel nostro occhio, ci dice ancora la scrittura.
Anche nel nostro cuore ogni tanto trova posto un po' di “insano orgoglio”, e a fatica riusciamo a liberarcene, confessando il nostro peccato al Signore;
riconoscendo davanti a Lui che noi senza di Lui non possiamo fare nulla, che noi apparteniamo soltanto e interamente a Lui;
ammettendo che non è con le nostre deboli forze che possiamo raggiungere ogni giorno la meta, ma che abbiamo sempre bisogno del suo aiuto per riuscirci, e questo anche e soprattutto dopo aver ricevuto la sua grazia che ci ha liberati.
Troppe volte noi ci ostiniamo a domandare al Signore delle cose che non ci servono. Non ci servono perché non sono utili a noi, e per questo Lui non ce le dà;
oppure non ne abbiamo bisogno perché Lui ce le ha già date, eppure noi siamo troppo orgogliosi per accettare veramente i suoi doni, proprio perché ci vengono da Lui gratuitamente, senza alcun nostro merito, soltanto in virtù del suo infinito amore, e questo ci da fastidio, perché in fondo non ci piace dover dipendere da qualcuno.
E sì fratelli, il peccato d'orgoglio c'è anche quando noi invece di chiedere a Dio, preferiamo fare da soli nella nostra vita (Confida nel Signore con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento- Pv 3:5!).
In verità così facendo spesso combiniamo dei disastri, e soffriamo per questo, ma piuttosto di dire: “Signore, io non posso fare nulla, metto tutto nelle tue mani, guida tu la mia vita d'ora in poi perché io ti appartengo!”, preferiamo continuare orgogliosamente a sbattere la testa contro il muro:
abbiamo dei problemi economici? Pensiamo di risolverli lavorando di più, o magari ricorrendo a qualche escamotage che ci faccia guadagnare più facilmente dei soldi, invece di mettere umilmente la nostra vita nelle mani del Signore;
abbiamo dei problemi di salute? Preferiamo ostinarci a girare tutti i medici che conosciamo, anche se questi ci hanno già risposto che non si può fare nulla, invece di mettere la nostra vita nelle mani di Dio, umilmente per mezzo della preghiera;
abbiamo una situazione famigliare difficile e non sappiamo come uscirne? Ci ostiniamo a fare di testa nostra, magari lamentandoci con Dio del nostro destino ingiusto, o peggio ancora, ricorriamo al consulto di qualche pseudo veggente, invece di invocare l'aiuto di Dio, lasciando che sia lui a guidarci nella risoluzione dei nostri problemi.
Potrei continuare a lungo, ma il senso del nostro peccato d'orgoglio è già chiaro così;
il nostro orgoglio è il maggior ostacolo che si frappone fra noi e il perdono di Dio, e quindi fra noi e l'azione di benedizione salvifica che Dio vuole compiere nella nostra vita.
In verità non è sempre facile uscire da una simile situazione; non lo è proprio perché richiede di fare la cosa più difficile che Gesù Cristo ci chiede: rinunciare a noi stessi, al nostro “IO”, cui siamo così maledettamente attaccati, per lasciare che sia Lui a prendersi cura di noi, a dimorare in noi e guidarci attraverso lo Spirito Santo.
Eppure quando ci proviamo scopriamo che tutto ciò che a noi sembra impossibile prima, diventa meravigliosamente possibile poi, perché è il Signore stesso che opera in noi.
Tutto quello che dobbiamo fare è abbandonarci nelle sue mani con fiducia, al resto pensa lui.
L'orgoglio è come la presa che ci impedisce di lasciare l'edificio in fiamme cui siamo disperatamente attaccati in preda al terrore più completo, per farci prendere e portare in salvo dai pompieri che sono sotto con il telo aperto, pronti a raccoglierci non appena noi ci lasciamo andare.
Riuscite a vedervi in questa immagine?!
Sotto di noi c'è Gesù con le sue braccia aperte che ci sta dicendo: “Lasciati andare, non avere paura, ti prendo io; abbandona il tuo orgoglio di uomo del mondo che ti sta uccidendo, lasciati prendere dal mio amore, io sono qui per te, per salvarti!”
Ora fratelli cosa vogliamo fare della nostra vita?
Vogliamo veramente continuare a rimanere attaccati al nostro orgoglio di “credenti evoluti”, e quindi incapaci di accogliere con animo lieto la chiamata di Cristo, oppure vogliamo provare a lasciarci andare con fanciullesca fiducia nelle amorevoli braccia del nostro Padre Celeste?
In questo caso fratelli e sorelle, l'invito che voglio rivolgervi oggi è di non lasciar sempre sgorgare la fede dalla nostra mente adulta e razionale, e provare invece a lasciarla uscire anche dal nostro cuore di fanciulli;
è quest'ultima, infatti, la fede che più facilmente arriva ad accettare il Signore con gioia e umile semplicità, perché più difficilmente essa è contaminata dell'orgoglio umano, e quindi è più disposta ad accostarsi al Signore con l'umiltà e la semplicità che il nostro Padre Celeste ci chiede.
Ricordiamoci infatti che ci è stato detto: “In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli ... perché il regno dei cieli è per chi assomiglia a loro”
AMEN