L'uomo naturale e l'uomo spirituale

 

La Chiesa Cattolica Romana (CCR) nella sua dottrina sottolinea in modo particolare l'adempimento del Secondo Grande Comandamento datoci da Gesù: “ama il tuo prossimo come te stesso” (Mc 12:31).

Gesù ci dice che è dall'osservanza di questo comandamento, insieme a quella del Primo: “Ama ... il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua.” (Mc 12.30) che tutta la Legge è adempiuta per un cristiano.

La CCR ha formalmente fatto del secondo comandamento la base della sua etica, o meglio dell'etica per i suoi fedeli, e quindi anche delle società civili che si ispirano al cattolicesimo.

Quest'opera di estrema sintesi del messaggio evangelico sarebbe veramente apprezzabile se solo fosse realisticamente realizzabile in una società civile (secolare);

questo però rimane quasi sempre soltanto una mera spirazione, una conquista utopistica che nella realtà del mondo è tanto fragile quanto lo è un calice di vetro soffiato in mezzo ad un carico di utensili di metallo.

L'amore per il nostro prossimo che Gesù ci chiede di avere è qualcosa di completamente estraneo all'uomo naturale. L'uomo naturale è guidato principalmente, se non unicamente, dal suo “istinto di autoconservazione” che lo porta a mettere al primo posto sé stesso, la sua sopravvivenza, il suo bisogno e la sua realizzazione personale, quindi subito dopo la sua vita, viene quella dei suoi cari (coniuge, figli, genitori e il ristretto gruppo familiare).

Il più delle volte a minacciare il suo interesse particolare è proprio il suo vicino di casa o di lavoro, ossia il suo prossimo, piuttosto che non una persona lontana con cui non ha ovviamente dei rapporti diretti. Le contese con i vicini di casa e le liti di condominio sono soltanto due tra i tanti possibili esempi.

In buona sostanza, amare il proprio prossimo come sé stesso è qualcosa di veramente innaturale e lontano dalle capacità dell'uomo naturale, di cui ci parla anche l'Apostolo Paolo in 1 Co 2:14 “... l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente”.

Ora noi tutti siamo uomini (e donne) naturali, nessuno escluso; nasciamo e cresciamo guidati dall'istinto di autoconservazione e questo ci porta a fermare il nostro amore entro il ristretto cerchio famigliare.

Non dobbiamo neppure confondere l'amore per il prossimo con il nostro rispetto delle leggi e delle regole di civile convivenza, poiché queste sono osservate in forza del timore di punizione che la legge reca in sé a chi non le osserva, e non in base al principio cristiano dell'amore per il prossimo.

Allora viene da domandarci: “Perché Gesù ci chiede di fare una cosa impossibile da realizzare? Come possiamo amare il nostro prossimo come noi stessi se, anche volendo, non siamo in grado di farlo?”

La risposta possibile è soltanto una: “Quello che non è possibile all'uomo naturale diventa possibile per l'uomo spirituale!”

Non è un caso che l'amore per il prossimo sia “il secondo grande comandamento”, e prima ce ne sia un altro. L'amore per Dio viene prima, e non solo perché Dio è più importante dell'uomo, cosa ovvia a qualunque credente di qualunque fede, ma anche perché è soltanto l'amore verso Dio che può trasformare l'uomo naturale in uomo spirituale!

John Wesley, il fondatore del Metodismo, raccogliendo le parole di Paolo è arrivato a questa consapevole conclusione e di conseguenza ha proposto il suo cammino di “Santificazione Interiore ed Esteriore” (di cuore e di vita), necessario ad ogni credente per giungere alla “Perfezione Cristiana”.

Ora, ogni cammino ha sempre un inizio ed una fine; l'inizio del cammino di Santificazione si ha nel momento in cui io incontro il Signore e lo accetto come mio Salvatore, la fine del mio cammino si ha quando il Signore mi richiama a sé al termine della mia vita terrena, poiché finché noi rimaniamo quaggiù sulla terra non smettiamo mai d'imparare, ossia di progredire nella conoscenza spirituale di Dio.

Questo cammino di Santificazione deve iniziare dal nostro personale incontro con Dio, non ci sono altre vie per farlo.

Wesley parla di Santificazione Interiore prima di tutto; io conosco Dio e lascio che il suo Spirito mi istruisca e mi faccia crescere nel suo amore, cominciando così il mio percorso di trasformazione da uomo naturale in uomo spirituale.

Il processo di Santificazione Interiore mi permette di entrare sempre più in comunione con Dio, ossia mi consente di amarlo con tutto me stesso; è come se il mio uomo naturale un po' per volta fosse smembrato e fatto a pezzi, e sostituito con altrettanti pezzi di uomo spirituale. Questo è un processo che di fatto dura tutta la nostra vita terrena, e la Perfezione Cristiana che Wesley riteneva possibile raggiungere già qui sulla terra, corrisponde di fatto alla “piena comunione con Dio”.

La grande scoperta di Wesley tuttavia non è stata quella di arrivare a comprendere la via della Santificazione Interiore, cosa già intuita e sperimentata da molti altri mistici del passato, che hanno abbandonato il mondo naturale per rifugiarsi in quello spirituale contemplativo. Eremiti, stiliti, anacoreti e monaci di vari ordini contemplativi e di clausura, sono altrettanti esempi di cristiani che hanno seguito la via della Santificazione Interiore già dai primi secoli dell'era cristiana.

Wesley ha compreso che la Santificazione Interiore da sola non bastava ad adempiere i grandi comandamenti dell'amore di Gesù. Amare Dio solamente non basta, non esaurisce il dovere di un credente, per quanto esso sia Santo e totalmente dedicato a Dio.

L'invito finale dell'Evangelo, infatti, è quello di portare la testimonianza di Dio al mondo, e questa testimonianza è il compito che Gesù ha affidato a tutti i suoi discepoli, passati, presenti e futuri.

Ecco allora che accanto alla Santificazione Interiore ce ne doveva essere una anche Esteriore; tutto quello che ho ricevuto da Dio, io non lo posso tenere per me solo, ma lo devo condividere con i miei fratelli e le mie sorelle, devo appunto “testimoniare” al mondo l'amore di Dio attraverso una serie di azioni, opere e comportamenti concreti nei confronti dei miei fratelli e delle mie sorelle.

Come potrei infatti testimoniare l'amore di Dio per il mondo se mi rinchiudessi in un eremo (convento o simili)? Se tenessi per me soltanto la comunione che ho ricevuto con lo Spirito Santo?

Qui nasce l'impegno cristiano verso il mondo, verso il mio prossimo, verso tutto il creato di Dio; l'amore di Dio trasforma progressivamente il mio vecchio uomo naturale in uomo spirituale, e l'uomo spirituale che è in me, mi permette di fare ciò che l'uomo naturale non mi permetteva fare perché è contro la sua stessa natura, cioè amare il mio prossimo come me stesso!

L'amore che dimostro verso il mio prossimo è la prova del mio amore verso Dio; come giustamente dice la Scrittura chi non ama il suo prossimo che vede, non può neanche amare Dio che non vede. Le due cose sono collegate, anzi sono le due facce della stessa medaglia.

Dobbiamo però riflettere su questo punto, perché diversi sono gli equivoci che sono sorti nel tempo riguardo all'amore per Dio e per il prossimo.

Il primo equivoco che dobbiamo chiarire è questo: l'uomo naturale non potrà mai amare né Dio sopra ogni altra cosa, proprio perché amare Dio significa inchiodare il proprio vecchio io sulla croce di Cristo e seppellirlo con lui nel battesimo, per poi far risorgere l'uomo spirituale con Cristo, ossia l'uomo nuovo;

né tantomeno potrà amare il suo prossimo come sé stesso, proprio perché, come ho già spiegato, tale amore è istintivamente contrario alla natura umana.

Quando io ho seppellito il mio vecchio uomo naturale con Cristo, e sottolineo il “quando”, come mi chiede Gesù, quando dice: “Chi vuole venire dietro a me (PRIMA) rinunci a sé stesso, POI prenda la sua croce e mi segua...” solo da quel momento io comincio a lasciare agire il mio uomo spirituale, non prima!

L'amore totale per Dio, che di conseguenza si trasforma in quello per il nostro prossimo, è il frutto di un cammino spirituale, ossia la Santificazione Interiore ed Esteriore, e anche su questo punto dobbiamo chiarire che:

le due Santificazioni procedono insieme, prima inizia quella Interiore senza dubbio, ma sicuramente è seguita subito dopo da quella Esteriore. Sarebbe sbagliato pensare che prima io devo diventare perfetto nell'amore di Dio, e soltanto poi comincerò ad amare il mio prossimo! Quello che Dio mi dà e mi insegna, giorno per giorno, io allo stesso modo lo devo dare e condividere con il mio prossimo, giorno per giorno. Più crescerà il mio amore per Dio, frutto della mia comunione spirituale con Lui, allo stesso modo crescerà il mio amore per il mio prossimo e la mia condivisione materiale con lui.

È la crescita del mio uomo spirituale, a scapito di quello naturale, che mi consente di amare sempre più Dio e nello stesso tempo il mio prossimo.

Da questo insegnamento però ne devo trarre l'importante consapevolezza che non sono io ad amare Dio e il mio prossimo, ma è sempre Dio che ama me, e attraverso di lui io sono anche in grado di amare il mio prossimo come me stesso; l'uomo nuovo spirituale è una totale creazione della grazia di Dio, non è con le mie forze umane che posso diventare tale.

Questo concetto è piuttosto difficile da comprendere e soprattutto da accettare da parte di quella componente di uomo naturale che ancora è rimasta in me, e che tenta con ogni mezzo di emergere e prendere nuovamente il controllo del mio io.

Spesso nasce l'equivoco che io, uomo solo parzialmente (o quasi per nulla) spirituale, posso arrivare ad amare lo stesso il mio prossimo se mi sforzo di farlo (ossia cerco di tenere un comportamento eticamente corretto), magari anche senza amare Dio, perché come uomo naturale non mi sono ancora arreso a Dio e non ho ancora rinunciato a me stesso.

Oggi la nostra società civile (italiana) di matrice cattolica romana è piena di questi uomini ancora naturali, ma che avendo ricevuto una sia pur superficiale “infarinatura spirituale”, con questo piccolo rivestimento di uomo spirituale, credono di poter amare lo stesso il loro prossimo, e talvolta cercano di dimostrarlo agli altri ad esempio tramite delle opere di volontariato laico a favore dei bisognosi, e delle carenti istituzioni civili italiane in generale, senza per questo amare Dio, e spesso proprio situandosi di proposito fuori dalla CCR (i c.d. atei devoti), o ricorrendo ad essa soltanto come una mera copertura di facciata per meglio giustificare il loro operato agli occhi di una società che, se formalmente continua a ubbidire al papa e alla CCR, di fatto ha ormai dimenticato cosa significhi osservare la Parola di Dio.

È chiaro che in questi casi siamo veramente lontani dal cammino di Santificazione Interiore ed Esteriore di Wesley; senza amare Dio non si può nemmeno amare il prossimo. L'amore per Dio è la premessa per l'amore verso il prossimo, così come l'amore per il prossimo è la prova dell'amore per Dio!

Purtroppo, se la CCR ha fatto dell'amore per il prossimo la semplice base etica della società cristiana, slegandola spesso dall'amore per Dio, che ne è l'unica vera fonte che può alimentarlo, neanche le nostre Chiese Evangeliche c.d. “storiche” hanno saputo mantenere questo fondamentale legame come punto fondamentale della loro dottrina, tanto che anche nelle nostre chiese ci sono diversi fratelli e sorelle che ritengono si possa amare il prossimo indipendentemente dall'amore per Dio.

L'uomo naturale di fatto finisce per avere ancora il sopravvento laddove manca in tutto o in parte la spinta spirituale (Santificazione Interiore) che ci porta ad agire amorevolmente verso il nostro prossimo (Santificazione Esteriore). Avviene così che anche nelle nostre Chiese fioriscano iniziative di vario genere (culturali, civili, politiche, umanitarie) che se fossero intraprese quale adempimento di un mandato spirituale ricevuto da Dio verso il mondo, sarebbero non solo utili strumenti di testimonianza, ma anche precisi obblighi etici per un credente, però se fatti soltanto quali gesti dell'uomo naturale che agisce per gratificare se stesso e il suo ego (e spesso la sua coscienza tormentata), non hanno in se alcuna forza, né ricevono un reale sostegno da parte di Dio, e per questo sono destinate a spegnersi come un fuoco che va morendo perché non più alimentato, e di cui non rimangono che delle tiepidi braci sotto la cenere.

John Wesley, e il movimento Metodista da lui iniziato, ebbero una forza senza pari proprio perché univano in sé i due principi della Santificazione Interiore ed Esteriore, e così è stato fino a quando, e laddove, i credenti del movimento hanno continuato a percorrere il sentiero della doppia Santificazione, quando e dove però, i fratelli e le sorelle hanno cominciato ad abbandonare questo sentiero, anche il movimento Metodista ha perso la sua forza, lasciando ad altri il compito di evangelizzare e testimoniare la salvezza di Dio al mondo.

Il Movimento Pentecostale, nato ormai un secolo fa, ha cercato di raccogliere l'eredità del Metodismo Wesleyano, ma c'è riuscito soltanto in parte.

È indubbio che nelle Chiese Pentecostali “arda lo Spirito Santo” come ardeva nel cuore dei primi metodisti, purtroppo queste Chiese non hanno poi seguito il cammino originario di Wesley, infatti, anche in loro manca la doppia Santificazione Interiore ed Esteriore. Se le Chiese Pentecostali sono ricche in Spirito, e per questo si sentono continuamente in comunione con Dio, i loro fedeli, al pari degli antichi mistici, si sono spesso ritirati in comunità chiuse, senza un reale e costante impegno nella società civile.

In questo modo hanno forse evitato il pericolo del raffreddamento, che sempre avviene quando si entra in contatto con il mondo e le sue gelide tenebre, ma così facendo hanno anche ridotto la portata della loro luce al resto del mondo, ovvero il loro amore si è riversato esclusivamente (o principalmente) verso i fratelli e le sorelle al loro interno, mentre l'amore che Gesù ci chiede di avere è sempre verso tutti: fratelli, amici, estranei e anche i nostri nemici!

A questo punto dovremmo essere consapevoli che se esiste una soluzione che ci possa far superare l'impasse in cui noi cristiani ci siamo venuti a trovare, questa ancora una volta è soltanto nelle mani di Dio, e soltanto lui potrà farcela scoprire e attuare;

noi da soli con le nostre forze non siamo in grado di fare nulla!

Questo è proprio ciò che il Signore vuole da noi; che riconosciamo come soltanto il suo amore eterno e la sua grazia senza fine siano l'unica risposta possibile che l'uomo può trovare in ogni tempo e in ogni situazione.