Noi e Dio
Testi: Salmo 127
Qual è il nostro rapporto con Dio? Questa domanda, cari fratelli in Cristo, non è mai scontata, né banale!
Non è mai scontata perché, per un credente, il rapporto con Dio è qualcosa di vivo, di costante, di quotidiano, come lo è quello con i propri famigliari più stretti e con le persone con cui condividiamo la nostra vita;
non è mai banale perché se Dio occupa un posto importante nella nostra vita, anzi: “il primo posto”, è naturale che di Lui abbiamo la massima cura e considerazione, prima e più di ogni altra questione o impegno.
È veramente così, però?
Ora, il nostro personale rapporto con Dio, proprio perché è “personale” e quindi intimo ed esclusivo, e che per inciso, non si misura con quante volte noi andiamo in chiesa o mostriamo agli altri il nostro apparire uomini e donne religiosi, è conosciuto (e quindi giudicato) soltanto da Dio, oltre che da noi; tuttavia, così come la Scrittura ci insegna che l’albero si riconosce dai suoi frutti e la fede si manifesta nelle nostre opere, o azioni, compiute nel mondo e verso il prossimo, non possiamo fare a meno di “notare” come oggi nel mondo la sommatoria dei singoli rapporti individuali degli uomini con Dio, non stiano producendo molto frutto. Per sommatoria intendo il comportamento della società nel suo insieme, ossia credenti + non credenti.
A titolo di mero esempio, se dico di amare le attività sportive perché mi piace mantenermi in forma, ma poi resto in poltrona davanti alla televisione ogni momento libero della mia giornata, è ovvio che il mio fare contraddice il mio dire;
allo stesso modo non posso affermare di essere in perfetta comunione con Dio, quando poi il mio agire nella vita rispecchia tutt’altro!
Ma cosa implica il nostro rapporto con Dio?
Tutti noi potremmo dare una nostra risposta, in base alla diversa chiamata che abbiamo ricevuto dal Signore!
La nostra personale missione ci può portare ad agire e operare in modi, tempi e luoghi diversi, ma ciò che accomuna tutte le nostre chiamate, o missioni, se fatte in accordo con la volontà di Dio, e proprio lo stretto rapporto, la comunione, il legame che noi abbiamo con Lui.
Il Salmo 127 sottolinea proprio questo tipo di legame che il credente ha, che deve necessariamente avere col Signore; un legame che ci pone in una sorta di “dipendenza assoluta” da Lui!
Uno dei segni che per molte persone questo legame non esiste, è proprio il modo in cui esse affrontano la vita di ogni giorno; oggi è diventata quasi una costante incontrare persone che credono soltanto in loro stessi, nelle proprie forze, nella loro intelligenza, nella loro preparazione e conoscenza, e con questi “doni” pensano di poter affrontare la vita con successo, senza aver bisogno di Dio, “di un dio” a cui rendere conto o a cui chiedere aiuto, e che ovviamente non riflettono sul fatto che è proprio Dio che ha messo a loro disposizione tutti questi doni necessari per operare in questa vita.
Certo i cd “non credenti o atei” hanno scelto deliberatamente di “non credere” di “ignorare” la presenza e quindi la volontà di Dio in questa vita, e della loro scelta dovranno rendere conto un giorno, ma il Salmo 127 non si rivolge tanto a loro, bensì a noi, e a tutti quelli che si considerano credenti.
Chi crede nell’esistenza di Dio e crede in Gesù Cristo, accetta di conseguenza la sua Parola, e di servirlo come Lui ci chiama a farlo.
In questo caso è giusto, anzi indispensabile porci la domanda: “Qual è il nostro rapporto con Dio”?
Come si evince dal salmo 127 il nostro rapporto con il Signore oltre che un rapporto di condivisione e sudditanza, è soprattutto un vero e proprio “legame simbiotico”, che ci unisce a Lui in una comunione indissolubile che deve necessariamente comprendere ogni aspetto della nostra vita.
Vediamo che da un lato c’è un’oggettiva situazione naturale che ci “impone” di sottostare a certe condizioni sottratte alla nostra volontà o possibilità; pensiamo ad esempio ai contadini, che per quanto si affatichino, non potranno sapere se il raccolto sarà buono o meno, e che non hanno facoltà di intervenire sulle condizioni meteorologiche, e se il raccolto sarà abbondante è perché Dio ha provveduto pioggia al tempo giusto e Sole nella giusta stagione.
Dall’altro vediamo che c’è la potenza e la sapienza di Dio con le quali Lui interviene sul creato per modificarne le condizioni, quando le nostre preghiere, accolte perché in accordo alla sua volontà, lo spingono ad agire in nostro favore in ragione del suo amore infinito verso di noi, suoi amati figlioli.
Il Salmo 127 allora ci evidenzia che noi e il Signore dobbiamo sempre lavorare in perfetto accordo e in piena comunione, affinché la nostra opera abbia successo e possa prevalere sulle forze della natura (ossia sul potere del mondo).
Coloro che si ostinano ad agire con le proprie forze soltanto, atei e non credenti, vanno spesso incontro a sconfitte e delusioni;
cosa che però può capitare anche a noi, quando pensiamo di poter fare da soli, senza ricorrere all’aiuto di Dio, lasciandolo fuori dalla nostra vita, o anche solo dalle nostre decisioni quotidiane, ritenendo che noi possiamo avere una “vita privata” fuori dal controllo di Dio, e giudicando che con il Signore ci basta avere quell’oretta di culto domenicale, o quei pochi minuti di preghiera frettolosa la mattina e alla sera, mentre per tutto il resto del nostro tempo, della nostra giornata o della settimana, noi possiamo agire da soli, curando i nostri affari da “laici”, per vestire l’abito del credente soltanto in speciali occasioni.
Il Signore invece ci dice che non è così, che ogni nostro sforzo nella vita, se non fatto in accordo e comunione con Lui, non avrà il successo sperato, e il più delle volte si tramuterà in una delusione, o che comunque ci costerà molta più fatica e sacrifici rispetto a quello che avremmo potuto fare se avessimo agito in comunione col Signore.
Anche Gesù ci ricorda che Lui è la vite e noi siamo i tralci e che senza di Lui noi non possiamo fare nulla; nulla di ciò che adempia alla sua volontà ovviamente, mentre ciò che va nella direzione della volontà del mondo, quello sicuramente lo possiamo fare benissimo anche senza l’aiuto del Signore!
Questo però è un altro discorso.
Allora cari fratelli in Cristo, che rapporto vogliamo avere con Dio? Vogliamo davvero considerarlo come un “parente scomodo” o un “vicino impiccione” che nostro malgrado dobbiamo sopportare, sempre il meno possibile ovviamente, e che quando ce ne siamo liberati, tiriamo un sospiro di sollievo del tipo: “anche per questa volta è andata”, (anche questa domenica sono andato al culto, sono a posto; anche oggi ho detto la mia preghiera, ho fatto il mio dovere…)?
La nostra pretesa “libertà e autonomia”, nessuno sopra di me, vale davvero la fatica, le preoccupazioni, lo stress, gli insuccessi e quant’altro la vita del mondo ci pone davanti?
Non credere in Dio è una scelta, drastica ma sensata, e quindi comprensibile, ma se siamo credenti, perché non esserlo a tempo pieno?
Che senso ha “credere a metà”?
Un tale agire non è un po' come andare al ristorante, mangiare poco e male, per poi dover pagare comunque il conto pieno?
Perché allora ci dovremmo affaticare a costruire la casa, se al posto nostro lo può fare il Signore?
“Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, e mangiate pane tribolato; egli dà altrettanto a quelli che ama, mentre essi dormono”, ci dice ancora il Salmo 127;
ma è mai possibile che noi non riusciamo capire, o forse meglio, “non vogliamo capire” questo semplice promessa di Dio?
Allora cari fratelli in Cristo vi chiedo ancora una volta: “Qual è il nostro rapporto con Dio?”, perché fino a quando non arriviamo ad avere questo rapporto pieno con Lui, significa che non abbiamo ancora compreso a pieno la sua grandezza e il suo amore senza fine per noi.
Il Signore ci vuole con Lui, in piena e perfetta comunione, fino ad arrivare ad una vera e propria “simbiosi” affinché da Padre amorevole si possa prendere interamente cura di noi, in ogni cosa e circostanza, e ogni nostra opera sia da Lui benedetta dal successo. AMEN
