Onora Dio

Testi: Daniele 3:8-18; Atti 7:17-32

 

I due testi proposti oggi, sia pur riguardanti avvenimenti molti distanti nel tempo, hanno in comune alcuni importanti punti;

i protagonisti del primo sono tre israeliti, Sadrac, Mesac e Abed-Nego, deportati in Babilonia insieme al loro popolo, ma che essendo stati scelti per servire nell’amministrazione babilonese di re Nabucodonosor, si trovano in una posizione importante, ma proprio per questo molto critica;

i protagonisti del secondo racconto sono Pietro e gli altri Apostoli scelti dal Signore per predicare l’Evangelo, ma proprio per questo, anche loro si vengono a trovare in una situazione altrettanto critica.

I tre israeliti si rifiutano di adorare un Dio diverso dal Dio d’Israele e per questo vengono in aperto contrasto con il re babilonese, che vuole essere adorato lui stesso come un dio, mentre gli Apostoli in virtù dell’incarico ricevuto dal Signore, predicano l’Evangelo, in contrasto con i Sacerdoti e il Sinedrio che vietano loro di predicare apertamente gli insegnamenti di Gesù.

Stante il rifiuto di sottomettersi alla volontà di chi in quel momento detiene il potere, sia i primi, sia i secondi, subiscono dure reprimende, ossia vengono imprigionati e poi, persistendo il loro rifiuto di conformarsi alle ingiuste direttive dei loro governanti, anche minacciati di morte.

 

Di fronte a situazioni come queste che cosa si può fare?

 

Umanamente parlando, ossia ragionando secondo i parametri del mondo, di fronte ad una tale minaccia, ad un pericolo per la propria persona e la propria stessa vita che viene da un potere più forte di noi, sia esso un re tirannico, un’organizzazione religiosa che detiene il potere sui suoi membri o un governo autoritario che prevarica ogni diritto e garanzia democratica, la cosa più ovvia e scontata è quella di “conformarsi” ai loro diktat.

In buona sostanza Sadrac, Mesac e Abed-Nego avrebbero dovuto inchinarsi davanti alla statua di Nabucodonosor e “fare finta di adorarlo”, tanto in cuor loro potevano sempre dire che il loro culto era solo per il vero Dio e che il loro atteggiamento remissivo era giustificato allo scopo di salvarsi la vita.

Allo stesso modo Pietro e gli altri Apostoli avrebbero potuto dire al Sinedrio che non avrebbero più predicato in nome di Gesù, che si sarebbero limitati a tenere per loro i suoi insegnamenti in modo da non sobillare il popolo con le loro parole, cioè tenere Gesù nel loro cuore senza fare proseliti, giustificando il loro silenzio con la necessità di salvarsi la vita.

Invece i tre israeliti e gli Apostoli non mettono la loro sicurezza e la loro stessa vita prima della testimonianza del loro Signore, ma anzi dicono apertamente ai loro persecutori che: “…comunque noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai fatto erigere!”, e che “Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini”.

Parole forti, parole coraggiose, ma soprattutto parole di persone di fede!

Persone che sanno di dover riporre la propria fiducia nel Signore e non nel mondo, qualunque sia la minaccia che quest’ultimo usa per farli tradire la propria fede, per allontanarli dalla volontà di Dio.

 

Quanti sono però i credenti che hanno una fede così profonda da fare questo?

 

Quando non ci sono minacce di prove difficili all’orizzonte, tutti ci diciamo credenti e quindi coraggiosi nell’affermare la nostra fede nel Signore, ma non appena il mondo alza la voce e ci minaccia con reprimende di vario genere, fino ad arrivare a insidiare la nostra stesa vita?

In questi casi mostriamo anche noi la stessa determinazione, coraggio e fede, oppure preferiamo “conformarci” alle direttive del mondo, che ci impongono di tacere, di non predicare la Parola, di edulcorarla per renderla accettevole al potere di turno?

Finire in una fornace ardente o essere crocifissi non sono certo prospettive che allettano nessuno sano di mente, eppure questi testimoni della fede, forti delle promesse del Signore non esitano ad affrontare la prova, fidando non nelle loro forze per superare queste impossibili prove, ma avendo fiducia unicamente nell’intervento del Signore.

Questa loro fede granitica vale loro gli interventi degli angeli di Dio che li preservano dal fuoco della fornace e li liberano dalla prigione.

Un miracolo? Si un miracolo, ma un miracolo reso unicamente possibile dalla fede, dall’aver riposto la loro vita nelle mani di Dio, piuttosto di trasgredire un suo comando.

 

E la nostra fede cari fratelli in Cristo a che punto è?

 

Nessuno ci minaccia, almeno per ora, con fornaci ardenti o prigioni, ma temo basti assai meno per farci piegare la testa al potere del mondo, che sa minacciarci con mezzi meno cruenti forse, ma sicuro che ciò basti per farci stare zitti, chiudere le chiese e rintanarci confinati in casa per mesi, se non per anni.

E’ meglio ubbidire a Dio anziché agli uomini, ma ciò significa anche non temere nulla di ciò che il mondo ci può fare, sapendo che sarà Dio stesso che ci salverà nel tempo e nel modo che Lui stabilirà, a condizione però che noi avremo ubbidito veramente a lui e non agli uomini!

 

Ora cari fratelli in Cristo, l’unico modo per ubbidire a Dio e fare la scelta giusta ai suoi occhi, è lasciare a Lui il controllo delle conseguenze, senza preoccuparcene noi in anticipo.

È la prova del fuoco cui ogni credente può essere sottoposto, al pari della fornace di Nabucodonosor, ma si tratta di una fiamma che ci raffina, perciò, ne usciremo più forti di prima.

Ogni qual volta che ci troveremo a decidere, scegliamo di non scappare ma di percorrere il sentiero che onora Dio.

Questo è ciò che fecero e scoprirono i tre israeliti fedeli e gli Apostoli del Signore, messi di fronte all’alternativa se salvare le loro vite o onorare la volontà di Dio.

Se anche noi avremo il coraggio di fare la sua volontà fino in fondo, invece di cedere alla paura che vorrebbe incuterci il mondo, accadrà anche a noi come a loro: Dio interverrà e ci aiuterà.

E così potremo davvero servire il nostro Re Onnipotente e negarci agli altri pretendenti che non avranno più alcun potere su di noi.

In momenti come questi siamo destinati a vincere perché non conta solo "chi siamo noi", ma piuttosto "a Chi" noi apparteniamo; al nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha dichiarato: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”. AMEN