Evangelizzazione: il pane che dura
Testo: Giovanni 6: 22-28
In passo della scrittura proposto oggi segue quello più noto della moltiplicazione dei pani che Gesù ha fatto per sfamare le 5.000 persone che si erano radunate attorno a lui per ascoltarlo.
Si tratta di uno dei segni miracolosi più grandi che il Signore ha compiuto, a cui sono stati testimoni non poche persone, come spesse volte è avvenuto per i miracoli che il Signore ha operato, ma bensì una moltitudine di persone è presente a quest’evento eccezionale.
Il Signore si rivolge ad una folla smarrita che non è certo costituita dai benestanti del popolo d’Israele, ma da persone indigenti che vivono presumibilmente ai margini della società e la cui principale preoccupazione è quella di sopravvivere, o come si suol dire, mettere insieme il pranzo con la cena.
Il Signore ha pietà per questa folla, che vede come un gregge senza il pastore alla mercé dei lupi, e si rivolge a loro per annunciare il Regno dei Cieli; così facendo però non si limita alla pura e semplice predicazione della parola, ma compie un gesto concreto verso costoro, dando loro anche di che saziarsi.
Questa azione ha perciò una doppia valenza:
da una parte rappresenta un segno chiaro della potenza di Gesù a sostegno della veridicità della sua parola, perché, come gli è riconosciuto in altre occasioni, nessuno può compiere i segni che egli compie se non ha la mano di Dio sopra di lui;
dall’altra mostra come l’amore di Dio per gli uomini non si deve limitare ad un concetto astratto, ma si deve concretizzare in azioni che hanno una diretta influenza non solo sulla vita futura, ma anche in quella presente.
In questo passo della predicazione di Cristo si delineano quelli che saranno poi i due pilastri alla base dell’etica Evangelica, e di conseguenza dell’azione di tutte le chiese che si rifanno agli insegnamenti di Gesù Cristo:
l’annuncio della parola di salvezza che viene da Dio, e l’azione amorevole e concreta verso l’umanità, che saranno poi riassunti dal Signore Gesù Cristo nei due comandamenti dell’amore sopra ogni cosa verso il Padre, e nell’amore verso il prossimo!
Le due cose sono intimamente legate, non si possono separare amore verso Dio e amore verso il prossimo; io non posso dire di amare veramente Dio se non amo colui che mi sta accanto, così come l’amore verso il prossimo da solo non basta per raggiungere la salvezza, se non ripongo la mia fede più piena e totale nel Padre e nel figlio che Lui ha mandato.
La Chiesa Metodista è sorta proprio sulla necessità di coniugare queste due esigenze. Ai tempi di Wesley la chiesa Anglicana era sicuramente devota al Signore, di questo non ne possiamo dubitare, ma certo non era altrettanto impegnata sul versante dell’amore concreto verso gli uomini e le donne del suo tempo che vivevano ai margini di una società, che li sfruttava nelle miniere e nelle nascenti industrie, privati spesso della dignità che ogni uomo dovrebbe avere.
Così per tradurre in pratica l’amore verso il prossimo, non solo a parole, ma con un’azione più concreta, è sorto il Movimento Metodista all’interno della Chiesa Anglicana, che fin da allora ha sempre posto un forte accento sugli aspetti sociali della predicazione. Accanto alle chiese sorgevano scuole, ospedali, case protette ed iniziative simili. Accanto alla predicazione della parola di Cristo, ci sono i gesti concreti che Cristo stesso ci ha insegnato a fare annunciando l’Evangelo e operando nel concreto per sfamare e guarire coloro che ne avevano bisogno.
In questo possiamo perciò dire che la tradizione Metodista ha delle solide radici nell’opera che Cristo ha fatto.
Cosa c’è da dire oggi di nuovo su quest’argomento?
Io credo ci sia molto da dire in effetti!
Oggi la Chiesa Metodista (in Italia) sta vivendo un momento critico perché si trova ad affrontare un dilemma serio; le ingenti difficoltà economiche che la costringono anno dopo anno a chiudere strutture, smantellare scuole, cedere ospedali per non venire travolti dai debiti che una cattiva gestione ha accumulato negli anni passati.
Il dibattito è acceso, e, non senza rimpianti, si discute se non sia meglio abbandonare il modello della c.d. diaconia pesante, per quello meno oneroso della c.d. diaconia leggera, che in pratica significa chiudere le opere perché non sono più sostenibili.
Su questo si potrebbe discutere a lungo, ma forse la soluzione del problema la potremo trovare non nei bilanci delle opere, ma nelle parole dell’Evangelo, e per la precisione nelle parole che abbiamo ascoltato all’inizio.
Vediamo cosa è accaduto dopo che Gesù ha compiuto il segno miracoloso dei pani e si è ritirato in disparte come era solito fare.
Il testo ci dice che la folla andò a Capernaum in cerca di Gesù. La cosa non ci dovrebbe sorprendere più di tanto; in fondo Gesù aveva appena compiuto un grande prodigio, per chi vi aveva assistito è abbastanza naturale che ne sia rimasto molto colpito e che quindi avesse creduto in Lui; in fondo era proprio questo il motivo per cui Gesù l’aveva fatto.
La cosa sorprendente invece è la reazione che ha Gesù di fronte alla folla che lo va a cercare; Lui risponde loro dicendo: “In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati”.
Una risposta che ci fa pensare; è evidente che se Gesù fa questa affermazione è perché molti dei cinquemila che hanno mangiato del pane e si sono saziati non hanno colto il messaggio vero che Gesù ha dato loro, ma effettivamente sono stati attratti solo dal fatto che li hanno avuto cibo gratuitamente, e ora stanno cercando Gesù nella speranza di ottenerne dell’altro senza dover pagare.
In sostanza siamo di fronte ai classici opportunisti. Pensate ad esempio quando un gestore inaugura un nuovo locale e per farsi pubblicità offre da bere a tutti i presenti; solitamente c’è la fila fuori dal locale, anche se molti degli intervenuti sono persone che probabilmente non diventeranno mai clienti di quel locale, una volta che le consumazioni saranno a pagamento.
Quindi anche Gesù sa che così facendo corre il rischio di attirare molte persone non per la sua parola di salvezza, ma solo per i segni materiali che l’accompagnano.
Allora si rivolge nuovamente alla folla con un chiaro ammonimento: “Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà”.
In sostanza Gesù dice alla folla: “Voi mi seguite perché volete altro pane gratuitamente, per non dovervi preoccupare per il vostro nutrimento, ma così facendo non capite che non è questo il pane che conta veramente. Con il pane che non dura domani avrete di nuovo fame, ma se ascolterete le mie parole avrete un pane che dura, ossia la vita eterna”.
Il concetto che Gesù vuole esprimere è molto chiaro dunque, il pane che non dura senza il pane che dà la vita non serve a nulla, il che tradotto, per ricollegarci con il problema che attanaglia la Chiesa Metodista (e non solo lei), si può dire così: tutte le opere materiali della Chiesa sono come il pane che non dura, esse sono utili fino a quando servono per veicolare il pane che dura, cioè l’Evangelo, ma da sole servono a ben poco perché non servono da sole a raggiungere lo scopo della diffusione dell’Evangelo.
Queste parole del Signore contengono un’indicazione che alla Chiesa Metodista oggi è quanto mai utile per uscire dalla difficile situazione in cui si è venuta a trovare.
Le nostre comunità si fanno sempre più piccole, i membri non frequentano i culti e non si impegnano nelle attività della chiesa, ovviamente anche le contribuzioni diminuiscono e poi non ce n’è abbastanza per pagare i pastori e allora si preferisce tagliare i pastori!
Magari venti o trenta anni fa coloro che guidavano la chiesa avessero avuto il coraggio di tagliare le opere, ospedali, scuole, case di accoglienza, visto che erano ormai vuote e fonte di ulteriori indebitamenti, e con il ricavato promuovere le vocazioni pastorali!
Ma purtroppo così non è stato, ci siamo preoccupati del pane che non dura e ci siamo scordati del pane che dura, e il pane che dura è l’Evangelo di Cristo, è l’Evangelizzazione che è e deve rimanere il compito principale delle chiese, senza ovviamente dimenticarsi del resto.
Le chiese crescono solo se la Parola è proclamata e giunge nei cuori degli uomini che si uniscono insieme nel nome di Cristo e le fanno crescere.
La Chiesa Metodista in Italia non possiede molte risorse, e le poche che ha le ha usate male, e purtroppo solo ora che sono diventate insufficienti ce ne rendiamo conto. Abbiamo pensato che le opere da sole potessero bastare per adempiere al nostro compito e ci siamo dimenticati che senza l’Evangelizzazione la chiesa è destinata a morire.
Fare un centro di accoglienza per immigrati è una bella cosa certo, è come dare il pane ad un affamato, ma se poi in quel centro vi entra un indù o un pagano animista ed io per rispetto delle sue idee o per dimostrare che la nostra chiesa non fa “proselitismo”, non gli parlo di Cristo, a cosa gli ho veramente giovato?
Gli ho dato il pane che non dura e non gli ho fatto conoscere quello che dura! Ho veramente adempiuto agli insegnamenti di Cristo? NO!
Questo è solo un esempio, ma è evidente che la Chiesa Metodista in Italia si è avvizzita, perdendo di vista l’Evangelizzazione.
Ci lamentiamo che poche persone vengono allo studio biblico e pensiamo di migliorare le cose chiamandolo “incontro culturale”, oppure ci lamentiamo che poche persone si ritrovano a pregare insieme per la chiesa e pensiamo di migliorare le cose invitando la gente a “pregare per la pace” in qualche incontro multireligioso!
Possibile che ci siamo scordati che sopra di noi sta Cristo Risorto e in mezzo a noi c’è lo Spirito Santo? Di cosa altro abbiamo bisogno per andare ad annunciare la salvezza a coloro che ne sono ancora lontani!
Fratelli, adoperiamoci veramente per ricercare il cibo che dura in vita eterna prima di tutto, il resto verrà da solo; le chiese piene significano maggiori contribuzioni, che a loro volta significano maggiori disponibilità per le opere verso il nostro prossimo e quindi per la diffusione dell’Evangelo.
Partiamo con quello che abbiamo, questo è l’invito che faccio; il Signore moltiplicherà le nostre risorse se dimostriamo di avere fede in Lui e di voler seriamente lavorare per la diffusione del suo Evangelo!
Ciascuno di noi può fare bene la sua parte al servizio dell’Evangelo; anche se non siamo molto bravi ad andare per le strade a predicare, questo non significa che non ci dobbiamo provare.
Mi permetto di darvi un piccolo suggerimento che io stesso ho provato a mettere in pratica, non costa molta fatica, e può produrre dei buoni frutti.
Vi sarà capitato più di una volta di essere fermati per strada da qualcuno che vi chiede un’elemosina; ebbene la nostra prima reazione è quella di dire di no, perché sappiamo che ci sono molti opportunisti in giro, esattamente come per quelli che seguivano Gesù per mangiare il pane gratuitamente, ma come Gesù ha dato il pane a tutti i presenti senza distinzione, così fate anche voi a quelli che vi chiedono, anche pochi centesimi, l’importante è però come lo date.
Non dovete dare con la fretta di chi vuole liberarsi di un fastidio, ma prendete quello che avete deciso di dare e guardando negli occhi chi vi chiede dite: “questo denaro non te lo do io, ma te lo dà il Signore Gesù Cristo! Tu credi in Gesù Cristo il nostro Salvatore?”
Aspettate dunque la sua risposta e qualunque essa sia rispondete “Questo denaro è poca cosa e so bene che non risolverà i tuoi problemi, ma se accoglierai la Parola di Cristo nel tuo cuore, allora anche i tuoi problemi si risolveranno”. Quindi invitatelo alla vostra chiesa a partecipare al culto la domenica.
Come vedete basta poco per fare evangelizzazione, e credetemi che anche se quella persona non verrà mai nella vostra chiesa, si ricorderà delle vostre parole, molto più del poco denaro che gli avete dato! AMEN.