Preoccuparsi dell'eternità

Testo: Marco 8:34-38

 

I versetti di oggi contengono molta sostanza, e non solo perché è Gesù stesso che parla del presente e soprattutto del dopo, ma perché in essi è davvero sintetizzato tutto il senso della nostra vita quaggiù! Credo che, almeno una volta, molti di noi si siano domandati per quale motivo siamo stati creati? Cosa ci facciamo qui sulla terra per un tempo più o meno breve (massimo per i più fortunati 120 anni)?

Per quale motivo dovremmo “comportarci bene”, al di là dal creare, così facendo, un clima accettabile di coesistenza con i nostri simili?

Lungi dall’essere perfetta questa nostra vita, sempre costellata da imprevisti, malattie, piccole e grandi ingiustizie, e soprattutto dall’incertezza sulla sua effettiva durata, essendo il limite massimo ben stabilito ma ben difficilmente raggiungibile dalla pressoché totalità dei viventi; cosa ci resta allora?

Ecco che la promessa di Dio, mediante Gesù Cristo, di una vita dopo la morte, una vita eterna che potrà essere goduta a pieno nel paradiso oppure subita nel tormento dell’inferno;

due prospettive assai diverse, che però dipendono da noi, dalle scelte che noi faremo oggi, durante la vita presente.

Gesù ci mette in guardia contro il grande pericolo che incombe su ogni essere umano, ossia quello di vedere soltanto il presente e dimenticarci del futuro, perché troppo spesso il presente (certo) sembra offrire molto di più di quanto non offra il futuro (ipotetico) col Signore.

Così accade che molti uomini e donne si prodighino oltremodo per questa vita, dimenticando o ignorando la possibilità della vita futura; allora Gesù ci mette in guardia dicendoci: “…che giova all’uomo se ha guadagna tutto il mondo e poi perde l’anima sua?

Sì, che giova avere tutto (o quasi) quaggiù, se poi entro i fatidici 120 anni (ma quasi sempre molto prima) devi lasciare tutto per andare in un posto che per l’eternità potrebbe rappresentare una sofferenza anziché una pace beata?

Pensate a quelle persone che passano la loro vita ad accumulare beni ben oltre le loro reale necessità e quelle della loro famiglia; quando arriva il loro turno di andare oltre si trovano immancabilmente di fronte alla frase di Gesù. Tutti i loro beni non solo saranno inutili perché dovranno lasciarli di qua, “Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla;” (1Timoteo 6:7), ma si accorgeranno che saranno proprio quei beni a costituire il motivo della loro condanna, perché rappresenteranno un doppio peso, o impedimento, ad avanzare verso l’eternità col Signore.

In primis con il loro egoistico accumulo avranno privato altri uomini e donne del necessario per vivere una vita dignitosa, giacché il Signore ha predisposto affinché nel suo creato ci fossero beni sufficienti per ognuno, secondo le loro necessità; ricordate infatti il racconto della manna nel deserto: “Ecco quello che il Signore ha comandato: "Ognuno ne raccolga quanto gli basta per il suo nutrimento: un omer a testa, secondo il numero delle persone che vivono con voi; ognuno ne prenda per quelli che sono nella sua tenda"»” (Esodo 16:16), esso ben rappresenta il giusto comportamento da tenere nella vita per ogni uomo e donna rispetto ai beni di cui necessita per vivere.

Cosa assai più grave però è che questo affannarsi dietro le necessità del mondo impedisce spesso di vedere (e provvedere) per le vere necessità, quelle spirituali appunto, così come ci è invece caldamente consigliato dal Signore: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio e tutte queste cose vi saranno date in più” (Matteo 6:33).

Ogni vita umana agli occhi del Signore è preziosissima, infatti, Egli è venuto per salvare tutti noi, per dare la possibilità ad ogni uomo e donna nato e vissuto su questa terra di redimersi dal peccato di ribellione in Adamo, che conduce a morte certa, per accedere alla grazia salvifica che porta alla vita eterna col Signore. Questo dovrebbe essere lo scopo primario di ogni vivente durane tutto il corso della sua vita terrena.

Sottovalutare il valore della nostra vita eterna ed ignorare l’amorevole richiamo di Dio al ravvedimento è il più grave errore che possiamo compiere.

Dinanzi ai Suoi occhi la nostra vita è tanto preziosa da valere il sacrificio del Suo Unigenito Figlio, Cristo Gesù, morto per ogni peccatore.

Questa è la realtà spirituale di cui tutti noi dobbiamo prendere atto, prima che sia tardi: Dio ci ama, ma tutti noi siamo nel peccato; per questo Cristo, soltanto Lui, può pagare l’inestimabile prezzo del nostro riscatto.

La più grande ricchezza con cui ogni uomo e donna possono comparire davanti a Dio è la fede personale in Cristo come nostro Salvatore. AMEN