"Qui ed ora" o "Dopo e sempre"?

 

Quando osserviamo lo stesso oggetto da due diverse angolazioni, spesso ci apparve diverso; è una semplice costatazione, che però ci può anche spiegare il perché quando abbiamo a che fare con le “cose celesti”, il nostro punto di vista risulta molto diverso da quello di Dio.

Noi, uomini e donne, credenti e non, ragioniamo secondo una logica molto semplice, quella che possiamo definire del “qui ed ora”, che nel gergo popolare è tradotto anche in “tanti, maledetti e subito”. Se per i non credenti questa è anche l’unica logica possibile, per i credenti, che sperano in una vita dopo la morte, non dovrebbe essere così, tuttavia, la realtà ci mostra che anche i credenti spesso faticano ad accettare pienamente che la loro vera vita è quella col Signore dopo la loro morte e risurrezione.

Il “qui ed ora” è molto popolare anche tra i credenti dunque, al punto che, per esempio, di fronte ad una persona giudicata “pia e timorata di Dio” che subisce una pesante prova (grave malattia incurabile, morte improvvisa di una persona a lui molto cara, sopraggiungere di una situazione di grande avversità economica senza colpa, etc.) molti credenti rimangono sgomenti, quasi increduli che ciò sia potuto accadere proprio a quella persona ritenuta (almeno dagli uomini) giusta e pia, e faticano molto ad accettare questo fatto. “Perché Dio ha permesso che questo accadesse”? Questa è la domanda più benevola che si pongono di fronte ad un simile evento. La prospettiva del “qui ed ora”, infatti, è valida anche per i credenti, che avendo sperato in Dio, si aspettano da Lui una sorta di “protezione contro il Male” (se non addirittura una benedizione dovuta, come sostiene per esempio la teologia della prosperità).

Ora però, osserviamo la cosa dalla prospettiva di Dio, che nella Bibbia è spiegata con sufficiente chiarezza ed è quella del “dopo e sempre”, mentre per Dio il “qui ed ora” (che non è escluso ci possa essere in talune circostanze), rimane tuttavia del tutto strumentale; ossia è il mezzo per raggiungere il fine del “dopo e sempre”. Se l’uomo vive il “qui ed ora” come la parte fondamentale della sua vita terrena, e non come la fase preparatoria a quella celeste, cioè come lo studente che vive il periodo scolastico come il necessario percorso formativo a quello che sarà la vita lavorativa, o l’atleta vive gli allenamenti come gli indispensabili momenti preparatori alla gara che dovrà affrontare, allo stesso modo il credente (pur avendo fede nella promessa di risurrezione fattagli dal suo Signore), finisce per essere maggiormente coinvolto con la vita presente, che spesso diventa il principale, se non l’unico riferimento, della sua esistenza.

La prospettiva di Dio, l’Eterno, ovviamente è molto diversa; Dio valuta le singole vite degli uomini sulla terra in funzione della loro vita eterna. Quando è il caso, Dio interviene per rispondere alle richieste (preghiere), per indirizzare i sui Eletti verso il percorso che Lui ha loro designato, o per controbilanciare le mosse del suo avversario, quando queste vanno contro la sua volontà permissiva. Non sempre questi “interventi divini” vanno però nella direzione auspicata dagli uomini, e questo proprio perché la prospettiva che Dio e gli uomini hanno dello stesso problema, non sempre coincidono. Se vivere bene, a lungo, in salute e con mezzi adeguati è sicuramente l’aspirazione di tutti gli uomini (credenti e non), e questo non contrasta con la volontà di Dio, che è sempre diretta alla realizzazione del bene, nondimeno l’azione del Male è diretta nella direzione opposta, e spesso i suoi interventi mettono in discussione le azioni positive di Dio e spingono gli uomini ad agire male.

Dio allora permette le azioni del Maligno al solo fine di testare la fedeltà degli uomini verso di Lui. La domanda: “Perché Dio permette il male?” che molti non credenti e pseudo-credenti si pongono allibiti, trova risposta proprio nella necessità che Dio ha di “testare” la fedeltà dei suoi Eletti, anche e soprattutto di fronte a situazioni di stress che il Male provoca con l’obiettivo opposto.

Ecco che qui le due prospettive divergono radicalmente; l’uomo che ragiona in base al “qui ed ora” non comprende il perché la fonte del bene assoluto (Dio) possa permettere il male, perché la preoccupazione umana è rivolta soprattutto al presente;

Dio, che ragiona in base al “dopo e sempre”, non si preoccupa oltre del male che domina e danneggia la vita umana e il mondo presente, proprio perché la vera vita è quella eterna che inizierà soltanto dopo la risurrezione (per gli Eletti).

Così possono aversi delle situazioni che agli occhi degli uomini appaiono paradossali, quelle del giusto che subisce delle prove diremmo quasi disumane (la storia di Giobbe insegna); “perché Dio permette che ai giusti siano inflitte così gravi persecuzioni”? Se osserviamo la cosa dalla prospettiva di Dio lo possiamo comprendere e spiegare con la necessità che Lui ha di sottoporre a prove diremmo noi “estreme”, quelle persone che Lui ha destinato ad incarichi e posizioni speciali, della cui fedeltà deve essere assolutamente sicuro, e così avviene che i giusti e pii subiscano persecuzioni più dure dei presunti peccatori. Per fare un esempio pensiamo ai campioni olimpici e a quante ore di allenamento devono fare ogni giorno. Potremmo pensare che essendo loro già dei campioni non necessitino di allenarsi così tanto, ma è proprio perché sono dei campioni con delle enormi potenzialità da esprimere, che hanno la necessità di poterlo fare al meglio e per questo si allenano dieci, cento, mille volte più di un dilettante che pratica lo stesso sport.

Dio chiede il massimo proprio a coloro che Lui ha scelto per dare il massimo; e prove più dure e ingiuste, secondo la nostra prospettiva umana di “qui ed ora” sono loro richieste, però secondo la prospettiva di Dio del “dopo e sempre” sono in realtà le giuste premesse affinché i suoi Eletti ricevano la corona eterna nel Regno dei Cieli.