Servire Gesù

Testo: 2 Corinzi 6:1-10

 

L’Apostolo Paolo in questa lettera definisce sé stesso e tutti gli altri credenti che si impegnano per la sua causa quali: “collaboratori di Dio”; una definizione questa che noi usiamo raramente, ma che invece è molto calzante al nostro ruolo, perché se noi dobbiamo al Signore ogni lode e onore in quanto Dio e Creatore, nondimeno, una volta riconosciuto questo nostro status, siamo davvero chiamati da Lui stesso ad essere suoi collaboratori.

Essere dei credenti, dei Cristiani, infatti, non si può limitare ad un mero atto di fede e sottomissione alla volontà di Dio, ma si deve sempre concretare nella responsabilità di compiere la missione per la quale il Signore ci ha chiamati, che ha chiamati ciascuno di noi singolarmente nell’ambito del Suo grande piano universale.

Pensare che la chiamata ad operare al suo servizio riguardi soltanto gli altri, o peggio ai cd “religiosi”, mentre noi ne siamo esentati, a patto che ci “comportiamo bene”, non solo è una visione limitata della fede, ma anzi il più delle volte è la negazione stessa della fede!

Così l’Apostolo Paolo in questa sua lettera mette in evidenza che se noi ci limitiamo a chiedere a Dio il perdono per i nostri peccati e l’aiuto nel momento del bisogno, ma poi ci scordiamo di compiere la missione che Lui ci affida, allora è come se “avessimo ricevuto la grazia di Dio invano”.

Davanti alla dichiarazione di Dio: “Ti ho esaudito nel tempo favorevole e ti ho soccorso nel giorno della salvezza”, Paolo ci esorta a comprendere che il tempo favorevole e adesso, che il giorno della salvezza è ora, nel senso che non si può rimandare oltre all’adempimento della missione che Dio ci ha affidato, e non ci sarà dato altro tempo, come molti sperano o suppongono, perché il Giorno del Signore, ossia il giorno in cui ci sarà richiesta la nostra vita giunge inatteso.

Quali servi o collaboratori del Signore noi dobbiamo essere a sua disposizione sempre, “full time”, e non certo “par time”, come siamo stati abituati a credere dalla pseudo religiosità del mondo. Servire il Signore viene al primo posto delle attività del credente: “Ma in ogni cosa raccomandiamo noi stessi come servitori di Dio...;

La seconda condizione è il come dobbiamo servire il Signore: noi siamo chiamati a servire il Signore come lo ha servito Gesù quando è stato come uomo in mezzo a noi, ossia significa che dobbiamo mettere da parte noi stessi per amore suo e per la sua opera. Significa adoperarsi prima di ogni altra cosa, per piacere a Dio e per fare la sua volontà così come espressa nella Sua Parola.

L'apostolo Paolo avendo ben compreso questo, lo ha anche messo in atto nella sua vita: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Galati 2:20).

Gesù Cristo ha patito una sorte atroce per rimanere fedele alla missione che il Padre gli aveva affidato; la Bibbia dice che Gesù: “in vista della gioia che avrebbe avuto, sopportò una morte vergognosa sulla croce, ed ora si è seduto alla destra del trono di Dio” (Ebrei 12:2), e ci ha parimenti predetto che anche i suoi seguaci avrebbero patito pene simili, ma nonostante questo, come Lui ha portato a termine la sua missione senza cedere, grazie alla forza delle sua fede, allo stesso modo potremo fare noi.

Anche l’Apostolo Paolo attraversò una simile sorte: venne incarcerato, frustato, lapidato, fatto naufragare e derubato, ma nonostante questo disse: “Qualcuno mi stima, altri mi disprezzano, Taluni dicono bene di me, altri male. Sono considerato un imbroglione, invece dico la verità. Sono trattato come un estraneo, e invece sono assai ben conosciuto; come un moribondo, e invece sono ben vivo. Sono castigato, ma non ucciso; tormentato ma sempre sereno; povero, eppure arricchisco molti. Non ho nulla, eppure possiedo tutto”.

Allora cari fratelli in Cristo è da questo stesso Spirito, che ci rende capaci di servire gli altri come Gesù, che trarremo la forza dalla Sua forza, necessaria per servire il Signore in ogni istante della nostra vita. AMEN