Tutto passa, cosa ci resta?
esti: Ecclesiaste 5:13-17
Ecclesiaste, il libro della saggezza, nella sua cruda semplicità ci ricorda la nostra natura di creature mortali, che per quanto ci arrabattiamo nel mondo, nulla possiamo davvero per cambiare il nostro destino.
“Uscito nudo dal grembo di sua madre, quel possessore se ne va com'era venuto; di tutta la sua fatica non può prendere nulla da portare con sé”, con queste parole il testo ci mostra la vanità della ricchezza e degli sforzi per ottenerla, ben sapendo che tra tutte le cose cui l’uomo ha rivolto il cuore, il desiderio di possesso è senza dubbio quello più difficili da gestire, benché anche le ricchezze sono destinate ad essere lasciate al momento del trapasso.
Allora cosa resta all’uomo? Godere del poco tempo che Dio (per i credenti, la natura per gli atei) ci ha destinato? Quanti anni possiamo sperare di avere 70,80,90? Ma poi li passeremo tutti in buona salute? E quando l’età avanza anche il nostro corpo, pur ancora vivente, perde progressivamente la sua forza, e allora tutto il nostro correre diventa davvero una vanità!
Per coloro che leggono con superficialità il Libro di Ecclesiaste è facile lasciarsi prendere da una sorta di sconforto, e abbandonarsi ad un inevitabile fatalismo, ma noi credenti sappiamo che dietro queste parole, attribuite a re Salomone nella sua immensa saggezza, vi è in realtà un importante insegnamento che Dio ci vuole dare, che in buona sostanza si può riassumere nella necessità di vivere la vita terrena non fine a sé stessa, ma in funzione della promessa di Dio; solo così la vita umana, breve e incerta nella durata, assume un significato e anche una motivazione per essere vissuta con fiducia.
La vita umana agli occhi di Dio è una prova, o se preferiamo, per usare un termine più attuale, una sorta di “percorso formativo” con il quale Dio, da un lato, ci forma e ci prepara per la vita futura, eterna nel Regno Celeste, e dall’altro, ci valuta, ossia verifica la nostra adeguatezza ad entrare nell’eternità, poiché ci è stato detto che soltanto i meritevoli riceveranno la corona eterna.
Tutti siamo stati a scuola; alcuni con profitto, altri controvoglia, alcuni vivendola fine a sé stessa, altri in vista della vita adulta. A seconda di come abbiamo affrontato la scuola, ci siamo poi presentati preparati o meno alla vita adulta; così sarà anche della nostra vita celeste rispetto a quella terrena: beatitudine eterna o dannazione eterna? Dio giudicherà alla fine, e tuttavia ora noi siamo impegnati a lavorare quaggiù e su questo ci dobbiamo concentrare, senza farci distrarre dalle molte, troppe tentazioni, o “mali” come li definisce Ecclesiaste. Ogni azione compiuta non in vista della gloria celeste, ci dice Ecclesiaste, è uno spreco di tempo ed energie: “…qual profitto gli viene dall'avere faticato per il vento?”
Allora cari fratelli in Cristo, una volta assodato che si nasce, si cresce, si invecchia e si muore e che per ogni periodo della vita c'è uno scopo. “Un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per piantare e un tempo per svellere ciò che è piantato” (Ecclesiaste 3:2), dobbiamo imparare ad utilizzare il nostro tempo saggiamente; non per inseguire il vento, bensì per prepararci alla vita col Signore, vivendo la vita presente secondo gli insegnamenti e i propositi che il Signore stesso ci ha rivelato, prima di tutto attraverso le testimonianze contenute nella Scrittura.
La vita che il Signore ci ha donato è importante perché è fatta di tanti attimi preziosi che scorrono via e non tornano più, ma di essi ci restano i ricordi, ovvero le nostre esperienze di vita, e sono proprio queste che noi conserviamo e conserveremo per l’eternità.
Così come le foto ci ricordano i momenti andati della nostra esistenza e segnano il tempo di eventi passati, i nostri ricordi, ossia la nostra coscienza, termine moderno per “anima”, viene conservata intatta dal Signore fino al giorno in cui ci sarà donato un nuovo corpo celeste eterno.
Che cosa rimane dunque all'uomo della sua vita? La risposta ci viene dalla Bibbia: “E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (I Giovanni 2:17). Di ciò che abbiamo avuto in questa vita non possiamo portare via nulla se non i ricordi del nostro essere, la nostra anima o essenza, che davanti al Signore ci permetterà di essere ancora noi stessi e di ricevere il premio della nostra fedeltà, o viceversa la condanna per aver sprecato la nostra vita rincorrendo vanità fonte di ogni male.
Quanto è semplice comprendere questo, poiché tutti vediamo che siamo venuti al mondo nudi e ce ne andiamo lasciandoci tutti i beni materiali alle spalle, e tuttavia quanto è faticoso staccarsi dal desiderio di possedere le ricchezze di mammona!
Quindi cari fratelli in Cristo, la vita se vissuta per sé stessa diventa vanità, ma se spesa in funzione del Signore essa è la premessa per ricevere la corona di gloria eterna; sta a noi decidere cosa vogliamo fare della nostra vita. AMEN