Ubbidire a Dio
Testi: Atti 4:8-20
Il testo di oggi ci parla del comportamento di Pietro e Giovanni venutisi a trovare in una situazione piuttosto scomoda, per non dire difficile. Per mezzo loro, Dio aveva guarito un infermo “nel nome di Gesù” e molti vedendo e ascoltando il messaggio degli Apostoli avevano creduto. Questo però non era piaciuto ai capi del popolo e agli anziani, perché non avendo questi riconosciuto Gesù come Messiah, ma anzi avendolo giudicato un impostore e fatto condannare a morte, ora si trovavano davanti ai suoi discepoli, che come il loro Maestro, compivano opere e segni miracolosi, che soltanto con la benedizione di Dio potevano essere compiuti. A questo punto, dopo aver sperato di essersi liberati di Gesù, si trovavano ad avere ancora lo stesso problema con i suoi seguaci, che per di più erano soltanto dei popolani senza istruzione, e quindi ben difficilmente avrebbero potuto di loro fare anche lontanamente qualcosa di così straordinario come guarire un infermo: che fare dunque con loro?
Era evidente come anche gli Apostoli rappresentano un pericolo per la classe sacerdotale dominante, perché così com’era andato dietro a Gesù, ora il popolino andava dietro a Pietro, Giovanni e gli altri discepoli del Signore.
Allo stesso tempo però non potevano negare che una guarigione fosse avvenuta per opera loro, e che Pietro e Giovanni non si attribuissero alcun merito in questo, poiché dichiaravano di averlo fatto nel nome di Gesù!
Ai capi del popolo e gli anziani non rimaneva che ricorrere alla più scontata e ignobile delle soluzioni: la minaccia usata dal più forte (proprio perché più forte) verso il più debole, che per questo si deve sottomettere, pena subire delle dure conseguenze.
Quante volte anche noi abbiamo dovuto “subire” delle ingiustizie nella nostra vita, per il solo fatto che eravamo la parte debole in un confronto, e per questo, pur avendo noi ragione, la nostra parte avversa, più forte, si sentiva autorizzata a far prevalere il suo volere sotto minaccia di un male?
Cosa fare allora? Siamo deboli e dobbiamo subire, ossia far buon viso a cattivo gioco, nel timore che una nostra reazione ci procuri mali assai maggiori?
Credo che anche noi, in più di un’occasione della nostra vita, abbiamo reagito in questo modo.
Cosa fanno invece Pietro e Giovanni? Loro sì, sono la parte debole rispetto ai capi e agli anziani del popolo, ma sono davvero loro che devono confrontarsi contro questo potere terreno e umano, o non c’è qualcun altro assai più potente di loro che sta dietro di loro?
Non disse forse Gesù: “…Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo” Gv 16:3.
Gesù Cristo Risorto non è la parte debole, bensì quella forte, a condizione però che noi abbiamo fede in lui e riponiamo in lui la nostra più completa fiducia.
Pietro e Giovanni, infatti, deboli in quanto uomini del popolo, sanno però di potere contare sulla promessa del Signore, e anche davanti ad un’evidente minaccia da parte di capi e anziani del popolo che, dopo aver tenuto consiglio decidono di: “ordiniamo loro con minacce di non parlare più a nessuno nel nome di costui”, non si lasciano intimorire, ma anzi replicano con coraggio, dicendo: “Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio. Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite”.
La fede sincera e forte di Pietro e Giovanni li sostiene nella prova che devono affrontare, di testimoniare Gesù in un contesto molto difficile, dove potrebbero mettere in gioco anche la loro vita.
Tirarsi indietro sarebbe la naturale reazione umana, ma tirarsi indietro equivale anche a disubbidire a Dio in questo caso, e quindi posti di fronte a questa scelta, loro due non esitano; il loro amore per il Signore impedisce loro di tacere, e rendono una chiara e coraggiosa testimonianza al Signore, come Lui ha chiesto loro e chiede ancora oggi a tutti noi suoi discepoli.
Il Signore ci chiede ubbidienza alla sua volontà; ubbidienza anche quando ciò comporta sacrificio o anche solo di fare qualcosa che va contro il nostro naturale istinto.
Sappiamo bene che non è sempre facile ubbidire agli ordini che ci vengono dal Signore perché la nostra natura umana è incline alla disubbidienza; lo è stata fin dall’inizio, quando i nostri progenitori Adamo ed Eva furono i primi a disubbidire a Dio. Però ubbidire a Dio dovrebbe comportare gioia per un credente! Gli insegnamenti e i comandamenti che ci vengono indicati nella Bibbia sono protesi soltanto alla ricerca del nostro bene e al raggiungimento della salvezza eterna. Sono, dunque, interamente a nostro vantaggio, anche se in talune circostanze comportano dei sacrifici, ma è proprio l’amore del Signore che ci dà forza per affrontarli e rimanere a lui fedeli, piuttosto di tradirlo seguendo gli istinti mondani. Ubbidiamo dunque a Dio in ogni circostanza, anche in quelle avverse perché contrarie ai dettami del mondo, e fidiamo nel Signore soltanto, perché lui ha “vinto il mondo” e noi con lui vinceremo e condivideremo la sua gloria celeste nel giorno del giudizio! AMEN