Una fede d'acciaio
Testo: Colossesi 1:3-12
Dalla caduta di Adamo, l’uomo ha perso quell’intima comunione col Signore che esisteva prima della comparsa del peccato, ossia prima che l’umanità si ribellasse al suo creatore. L’avvento del Signore Gesù Cristo ha dato a tutti gli uomini la possibilità di riconciliarsi con il Padre Creatore, e tuttavia, non tutti si avvalgono di tale possibilità; molti uomini di ogni epoca hanno continuato sulla strada della ribellione a Dio, preferendo il peccato alla grazia.
Perché questo? Perché rifiutare il dono di Dio?
Le ragioni possono essere diverse, e tuttavia, ve n’è una che spicca sulle altre: la grazia non è qualcosa che si riceve una volta, si mette nel cassetto e poi si continua la propria vita come se nulla fosse cambiato. La grazia è l’inizio di un cammino, spesse volte lungo e difficile, che benché gratuito, impegna l’uomo con tutto sé stesso (Tu amerai dunque il Signore, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze – Deut 6:5) per raggiungere, o meglio ritrovare, l’iniziale stato spirituale di perfetta comunione col Padre Creatore.
In ogni fede rivelata, nella quale Dio parla agli uomini per mezzo del suo Spirito o dei suoi Profeti, trova posto la pratica del cammino spirituale di avvicinamento a Dio (iniziazione), proprio perché vi è per l’uomo questa necessità, prima di poter affermare: “io appartengo al Signore soltanto; non sono più io che vivo, ma è il Signore che vive in me”.
Il Cristianesimo non fa eccezione, perché gli insegnamenti di Gesù, figlio di Dio, ci spingono inevitabilmente ad entrare in comunione col Padre per mezzo di Lui, e coloro che hanno accolto il Signore come loro personale Salvatore, hanno anch’essi percorso questo cammino, per poi darne testimonianza agli altri.
L’Apostolo Paolo, a buon diritto, è uno di questi testimoni, e in questo passo della sua lettera ai Colossesi ce lo fa capire: “…la speranza che vi è riservata nei cieli, della quale avete già sentito parlare mediante la predicazione della verità del vangelo. Esso è in mezzo a voi, e nel mondo intero porta frutto e cresce, come avviene anche tra di voi dal giorno che ascoltaste e conosceste la grazia di Dio…Perciò anche noi, dal giorno che abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ricolmi della profonda conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa…”.
Tuttavia, proprio in base a questa evidenza, Paolo per primo, ci fa capire che una volta ricevuta la grazia per fede in Gesù Cristo, questo è soltanto il primo passo del nostro cammino; un cammino lungo, irto di ostacoli e di difficoltà, perché la grazia non è un “tocco magico” che da un giorno all’atro cambia il cuore e la mente dell’uomo, ma solo la chiave che ci consente di aprire la porta alla strada che conduce al regno dei cieli. Se vogliamo, la grazia la possiamo paragonare al primo giorno di scuola; siamo stati ammessi alla classe, e ora abbiamo la possibilità di imparare tutto quello che ci serve per accedere al regno celeste (la vita eterna), ma sta a noi volerlo fare, ossia impegnarci “a studiare”, conformando il nostro cuore e la nostra mente alla volontà del Signore, affinché nel giorno della chiamata siamo ritenuti pronti (ossia degni) di ricevere il diploma (la corona di gloria)!
Purtroppo, molti si scoraggiano, e di fronte alle prime difficoltà rinunciano a proseguire, altri addirittura, dopo aver aperto la porta, non entrano neppure, per non parlare poi di coloro che rifiutano persino di prendere la chiave! (Ricordate a tal proposito la parabola del seminatore e dei diversi terreni sui quali cade il seme).
Chi però riceve la chiave, entra dalla porta e inizia il cammino col Signore, sa che si troverà di fronte a parecchie prove cui sarà sottoposto per temprarne lo spirito e forgiarne la fede. Così come la fabbricazione dell’acciaio richiede l'uso del fuoco e dell'acqua per renderlo duro e resistente ad ogni corrosione, parimenti la prova per il credente (che può prendere forme differenti), ha lo scopo di forgiarne la fede, affinché, dura come l’acciaio, sia resistente ad ogni tentazione del mondo.
La prova ci insegna anche il coraggio; toglie il timore di soffrire man mano che sperimentiamo la grazia di Dio che ci sostiene.
La prova ci insegna la pazienza, ci insegna a sopportare le difficoltà della vita, fidando sempre nella presenza e quindi nell’aiuto di Dio.
Soltanto quando la nostra volontà è sottomessa a quella di Dio, accettata come ciò che è buono, che Gli piace, che è perfetto (Romani 12:2) abbiamo superato la prova.
Rassicurati sempre dalle parole di Paolo che ci ricorda che per tutto il nostro cammino noi siamo: “…fortificati in ogni cosa dalla sua gloriosa potenza, per essere sempre pazienti e perseveranti…”, una volta giunti alla fine della nostra vita terrena (il nostro cammino di iniziazione o se preferiamo in termini più moderni, il nostro percorso di formazione), potremo stare in piedi, come buoni soldati di Gesù Cristo; sì con le cicatrici dei combattimenti, ma anche con la gloria delle vittorie riportate insieme a Lui, e “superata la prova”, riceveremo il premio eterno.
Oltre a questo però, cari fratelli in Cristo, noi sappiamo che non viviamo e agiamo soltanto per la nostra salvezza, ma siamo altresì strumenti nelle mani del Signore, che oltre a valutarci per noi stessi attraverso la prova cui siamo sottoposti, la stessa fa di noi degli esempi e delle lezioni viventi per gli altri fratelli e sorelle, per mostrare quello che può compiere, nonostante la nostra debolezza, una vita ripiena di Cristo.
Consapevoli quindi che possiamo essere la dimostrazione che Cristo è sufficiente per tutte le situazioni, diamo il meglio di noi lasciando che Lui ci usi in perfetta comunione per il compimento della sua opera. AMEN