Vivere in Cristo
Testi: Filippesi 1: 15-26
Quando Paolo scrive questa lettera si trova in catene a causa dell’Evangelo, e quindi è abbastanza normale sentire nelle sue parole un po' di quello sconforto che tutti noi proviamo quando siamo nelle situazioni difficili che il mondo ci presenta, specialmente quando stiamo portando avanti la missione che Dio ci ha affidato.
Paolo non era diverso da tutti noi; sì, lui era un credente con la “C” maiuscola, che aveva ricevuto personalmente da Cristo il suo incarico durante l’incontro sulla via di Damasco, ma rimaneva pur sempre un uomo, e come tale soggetto a tutte le restrizioni, le ansie e i timori che anche noi possiamo incontrare; così, mentre era in catene, scrive ai fratelli di Filippi per incoraggiarli a proseguire sulla via tracciata da Cristo, e nello stesso tempo per trarre dalla loro fede il necessario conforto per proseguire sulla stessa strada.
Come credente Paolo sa che molto meglio sarebbe per lui andare subito con Cristo, in cielo, così liberato dalle temporanee sofferenze della carne “Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno”, ma allo stesso tempo si rende conto che la sua missione quaggiù non è ancora terminata, e che la sua presenza è necessaria ai fratelli e alle sorelle che sono nel mondo: “Ma se il vivere nella carne porta frutto all'opera mia, non saprei che cosa preferire”, e per questo sceglie consapevolmente di rimanere, di continuare la sua opera fino a quando non sarà Cristo stesso a chiamarlo: “Ho questa ferma fiducia: che rimarrò e starò con tutti voi per il vostro progresso e per la vostra gioia nella fede”.
Questa risposta è anche quella che tutti noi, discepoli del Signore, Gli diamo e ci diamo quando siamo messi alla prova dalle circostanze e, dopo aver desiderato per un attimo la gloria celeste, accettiamo il volere di Dio, di continuare la nostra missione fino al giorno in cui Lui ci chiamerà.
Ogni giorno della nostra vita di credenti è in verità un conflitto, una lotta interiore tra il desiderio di fuggire da un mondo a cui non apparteniamo (siamo nel mondo ma non siamo del mondo) e l’accettazione fiduciosa della volontà di Dio, che ci sta accanto e ci incoraggia a proseguire, ci dona la forza di continuare la nostra missione, a patto che noi rimaniamo sempre in comunione con lui e ci mettiamo totalmente nelle sue mani, soprattutto quanto attraversiamo momenti difficili come quelli in cui si trovava Paolo quando scriveva queste parole.
Nonostante la sua momentanea sofferenza, infatti, l'apostolo Paolo affermava che per lui, la cosa più importante, era vivere in Cristo Gesù.
Ma cosa voleva dire con quest'espressione? Per Paolo, così come per tutti i discepoli del Signore, la piena realizzazione di sé stesso si può avere soltanto quando si compie la volontà di Dio; vivere in Cristo significa avere un'intima comunione con Lui, così profonda da riconoscere la Sua voce nel nostro cuore e nei nostri pensieri, sempre consapevoli che è Lui che ci parla, che sussurra alla nostra anima per mezzo del suo Spirito.
Quando abbiamo appreso questo, entriamo nella sua piena comunione.
Pensiamo a Samuele: dal giorno in cui ascoltò la voce di Dio che lo chiamava al servizio, fino alla fine dei suoi giorni, seppe discernere la voce del Signore.
Quando si trovò di fronte ai sette figli di Isai, per ungere uno di questi quale re di Israele, per sette volte ascoltò la voce nitida del Signore, che lo invitava a soprassedere. Ma quando vide Davide, Dio fece muovere i passi di Samuele verso questo ragazzo.
Vivere in Cristo significa camminare con Lui e comprendere giorno dopo giorno la volontà di Dio per la nostra vita.
Vivere con Cristo significa aver realizzato che la morte non ci fa più paura, perché l'eternità la vivremo con il Signore. "Per me il vivere è Cristo e il morire guadagno" ci ha confessato Paolo di tutto cuore; e per noi? Possiamo anche noi dire altrettanto?
Se la risposta è “Sì”, allora siamo già entrati con la testa e con il cuore nel Regno dei Cieli, anche se i nostri piedi poggiano ancora su questa terra;
se ancora non possiamo dire un bel “Sì” convinto e sicuro, allora è giunto il momento di pregare il Signore con tutto il nostro cuore affinché ci afferri e ci faccia alzare in piedi, per poter udire la sua chiamata e vedere la luce celeste che Lui ha riservato a tutti i suoi Eletti, per porci fiduciosi nelle sue amorevoli mani e compiere così la missione che ci ha affidato, fino all’ultimo dei nostri giorni terreni.
Ricerchiamo con tutto il nostro essere la comunione col Signore, cari fratelli in Cristo, perché di tutte le cose che possiamo avere o sperare, quella è davvero l’unica che conta per un figlio di Dio. AMEN